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"Se non partiamo dal rinnovo dei contratti, non possiamo fare passi avanti: è un elemento discriminante". È netta la posizione del Segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, al tavolo del confronto tra i Sindacati e Confindustria che, proprio oggi, ha preso il via nelle sede dell'Associazione degli imprenditori. "Nessuno disconosce il Patto per la Fabbrica - ha proseguito Bombardieri - che resta un punto di riferimento, ma è bene ricordare che i contratti li sottoscrivono le categorie. Che cosa intendeva il Presidente Bonomi quando ha proposto una rivoluzione nei contratti? La storia insegna che quando la rivoluzione la fanno i potenti, si chiama dittatura. La rivoluzione in questo Paese la si fa ridando potere d'acquisto ai lavoratori e rinnovando i contratti. Se questo non avvenisse, la rivoluzione la faremo andando in tutti i luoghi di lavoro a spiegare quello che succede.

Così come vorremmo parlare di innovazione, ricerca, produttività, ma fino a quando non si sottoscrivono i contratti, è difficile procedere su questi temi. Peraltro, quando facciamo le assemblee nelle fabbriche - ha sottolineato, poi, Bombardieri - sento che i lavoratori parlano della "mia azienda": le aziende, dunque, non sono dei "padroni" ma dei lavoratori, che per farle vivere ci mettono sudore, sangue e, drammaticamente, a volte, anche la loro stessa vita. Ecco perché i contratti devono essere rinnovati.

C'è una notizia positiva - ha precisato il leader della Uil - la mobilitazione dei lavoratori e la determinazione del Sindacato ha prodotto un primo risultato: il Presidente Bonomi ha dichiarato che si impegnerà per far chiudere il contratto della sanità privata. Resta, però, quello del settore alimentare, firmato solo da alcune Associazioni datoriali, e tutti gli altri scaduti o in scadenza. Speriamo che questi ostacoli vengano superati - ha concluso Bombardieri - per proseguire il complessivo confronto interconfederale e per sottoscrivere tutti i contratti".

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Presidio il 5 febbraio, in Piazza Castello a Torino alle 15, contemporaneamente ai presidi in tutte le regioni "per sollecitare il rinnovo dei contratti nazionali delle Funzioni locali e della Sanità". A darne notizia sono i segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli e Michelangelo Librandi, i quali, in una lettera alla ministra Marianna Madia, chiedono in concomitanza con la giornata di mobilitazione di lunedì prossimo un incontro sul tema rinnovi contrattuali.

Il confronto, infatti, scrivono i tre segretari generali, "con il quale vanno avanti le trattative, dopo aver acquisito una disponibilità delle autonomie locali a procedere celermente e avendo già predisposto l'atto integrativo con la quantificazione delle risorse per ciò che attiene le Funzioni locali e per la Sanità ad avere registrato la volontà di trovare soluzioni normative ed economiche compatibili con l'accordo del 30 novembre, sta subendo uno stallo a nostro avviso ingiustificato". Per queste ragioni, in concomitanza con il presidio, i segretari generali Sorrentino, Petriccioli e Librandi chiedono alla ministra Madia un incontro.

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Il giorno 8 settembre 2017 a Roma si è tenuto l'incontro con le associazioni cooperative per il rinnovo del CCNL della distribuzione cooperativa.

Dal confronto è emersa l'impossibilità di far evolvere positivamente il negoziato verso il rinnovo del CCNL, soprattutto a causa della irragionevole posizione di parte datoriale di avere, prima di raggiungere un'intesa complessiva, una proposta unitaria delle OO.SS. relativa alla rivisitazione del trattamento economico dei giorni di assenza per malattia ricompresi nel periodo di carenza.

Nonostante Filcams, Fisascat e Uiltucs abbiano invitato le controparti a proseguire il confronto sulla totalità dei temi, nella piena autonomia contrattuale, ricercando una mediazione equilibrata comprensiva dell'aumento salariale, le associazioni cooperative hanno negato la possibilità di procedere in tale direzione riservandosi di riferire alle imprese l'esito del confronto.

Filcams, Fisacat e Uiltucs ritengono inaccettabile che a quasi quattro anni dalla scadenza del CCNL le Associazione Cooperative si rifiutino di negoziare il rinnovo del CCNL assumendo una posizione precostituita su un tema come quello della malattia, certamente non solo simbolico, e che si somma alle gravose richieste di intervenire su divisore orario, maggiorazioni, orario di lavoro, derogabilità e classificazione.

L'indisponibilità a mantenere aperto il negoziato da parte delle cooperative è un atto grave che danneggia pesantemente dal punto di vista retributivo le lavoratrici e i lavoratori delle Cooperative di consumo che da anni non ricevono alcun aumento contrattuale.

Filcams, Fisascat e Uiltucs ritengono fondamentale il rinnovo del CCNL, anche in ragione del necessario governo condiviso delle difficili vertenze aziendali aperte. Il venire meno di un tavolo di trattativa inerente il CCNL, apre la strada ad un inasprimento delle relazioni sindacali a tutti i livelli e all'avvio di una necessaria riflessione sul valore e il ruolo della contrattazione aziendale; pertanto ritengono imprescindibile che si riprenda un vero confronto a breve, evitando rigidità e posizioni volte a mortificare il lavoro.

p.la FILCAMS/CGIL p.la FISASCAT/CISL p.la UILTuCS

A. Di Labio A. Dell'Orefice P. Andreani

Roma, 11 settembre 2017

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Prosegue l'onda lunga dei rinnovi contrattuali: alla sigla, questa mattina, del contratto degli elettrici si è aggiunta, questa sera, anche quella per il contratto dei lavoratori del settore energia e petrolio. In una sola giornata, insomma, un doppio colpo davvero positivo.Crescerà, così, il potere d'acquisto di molte altre migliaia di lavoratori, una delle condizioni necessarie per far riprendere l'economia del Paese. Con il nostro impegno sui contratti, già dallo scorso anno abbiamo imboccato la strada giusta: bisogna, ora, rinnovare tutti quelli che, sia nel pubblico sia nel privato, sono ancora a un passo dal traguardo.

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La stagione dei rinnovi contrattuali prosegue a grandi passi: Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil e Federlegno hanno sottoscritto quello per il settore Legno e Arredo. Il 2016 sarà davvero ricordato come l´anno dei contratti: si sta realizzando l'obiettivo che avevamo indicato.Quest´ultima intesa, peraltro, è davvero innovativa e si pone nel solco di quanto il Sindacato confederale, unitariamente, punta a ottenere al tavolo della trattativa per la riforma del modello contrattuale. Sin dalla sua iniziale proposta, la Uil ha ritenuto che fosse necessario modificare l´attuale sistema prendendo a riferimento parametri di sviluppo, sia a livello nazionale sia nella contrattazione di secondo livello. Per quel che riguarda, poi, la produttività, la Uil considera che essa possa crescere se si punta sul cosiddetto benessere lavorativo. Ebbene, anticipando i tempi, il rinnovo del contratto per il settore Legno e Arredo prende in considerazione anche queste due novità.

L´intesa, insomma, è di buon auspicio per un esito positivo della trattativa tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.

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Il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, è intervenuto al Consiglio confederale della Uil Lombardia. Alla riunione hanno partecipato anche i segretari generali dei pensionati, Romano Bellissima, degli edili, Vito Panzarella, e altri segretari nazionali di categoria. All'ordine del giorno, il recente accordo sulle pensioni e la partita dei rinnovi contrattuali.

«Sulla previdenza siamo riusciti a ottenere un risultato soddisfacente - ha detto Barbagallo ai dirigenti e attivisti lombardi della sua Organizzazione - avevamo chiesto 2,5 miliardi l'anno, ne abbiamo ottenuti 2,333 miliardi. Dal punto di vista sindacale, possiamo dire di aver portato a casa il 90% della nostra piattaforma. Anche i nostri detrattori devono farsene una ragione: i sindacati, con le loro idee e le loro proposte, hanno svolto e svolgono un ruolo importante. Certo, ora bisogna proseguire lungo questa strada per completare il percorso sulla previdenza».

Resta ancora aperta, invece, la partita dei contratti pubblici e privati. "D'accordo con Confindustria - ha proseguito Barbagallo - è stata lanciata l'idea di un Patto per la crescita del Paese. Abbiamo anche ricordato, però, che sono stati rinnovati 20 contratti e ne mancano all'appello altri 25, oltre a quello per il pubblico impiego. Complessivamente, sono oltre 11 milioni i lavoratori che, da meno o più tempo, attendono il rinnovo del proprio contratto: bisogna procedere rapidamente. Se non ci fossero risposte adeguate - ha sottolineato il leader della Uil - non ci resterebbe che la lotta per ridimensionare le impostazioni delle nostre controparti. Il Paese, però, non ha bisogno di ciò, ecco perché chiediamo che ci si metta intorno ai tavoli e si trovino le soluzioni per questi contratti scaduti o in scadenza. Peraltro, se in questo Paese non c'è la ripresa del potere d'acquisto di lavoratori e pensionati, il 75% delle imprese che lavora per il mercato interno rischia di chiudere: è anche loro interesse rilanciare il potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati e rimettere in moto il Paese per dare lavoro ai giovani". Barbagallo ha concluso il suo intervento con un richiamo al Governo e all'Europa in merito alle legge di bilancio: "Ci vuole più coraggio - ha detto - per realizzare investimenti pubblici: ecco perché quando il nostro Premier dice che vuole fare come Obama, io applaudo. Bisogna contrastare la politica di austerità imposta da questa Europa che sta generando più muri che crescita e, così facendo, rischia di distruggersi".

Al termine del Consiglio confederale, il leader della Uil si è recato alla Bindi per un'assemblea unitaria con tutti i lavoratori di questa azienda del settore agroalimentare. Anche nel confronto diretto con operai e impiegati sono stati affrontati gli stessi argomenti della mattinata, oltre a quelli più specifici sul futuro dell'industria italiana.

Roma, 24 ottobre 2016 (dal sito www.uil.it)

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"Noi siamo disponibili a entrare nel vivo del confronto con il Governo sul pubblico impiego e a discutere di tutto. Bisogna vedere quante risorse saranno postate nella legge di stabilità, quelle attuali non sono sufficienti". È quanto ha detto il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo partecipando questa mattina alla trasmissione "Agorà"."Ho già dichiarato di essere d'accordo con quanto annunciato dal Presidente del Consiglio - ha sottolineato Barbagallo - ora bisogna avviare seriamente la trattativa.

Siamo pronti ad affrontare anche il tema della riforma della Pubblica Amministrazione. Bisogna avere consapevolezza però che, in questi sette anni, in questo settore, i posti di lavoro sono diminuiti di 300 mila unità. Nonostante tanti stipendi in meno e nonostante il mancato rinnovo dei contratti, la spesa pubblica è aumentata: dove sta il trucco? Per quel che riguarda, in particolare, i contratti - ha proseguito il leader della Uil - ribadiamo la necessità sia di un livello nazionale sia di un secondo livello al quale può essere demandata la questione del merito.

E deve essere chiaro, a proposito della continua polemica sui cosiddetti "furbetti", che la stragrande maggioranza dei lavoratori del pubblico impiego lavora bene e fa funzionare il nostro Paese. Poi ci sono i disonesti i quali, più che "furbetti", sono "cretinetti" che denigrano un'intera classe di lavoratori : questi bisogna colpirli, sapendo che ci sono anche le responsabilità di chi dirige".

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Contratti: la rigidità di Federalimentare mette a rischio un rinnovo utile a tutti
di Stefano Mantegazza

Sulla stagione dei rinnovi contrattuali è sceso il buio del "blocco delle trattative", imposto da CONFINDUSTRIA, infittito dallo smantellamento di fondamentali garanzie del lavoro decretato dal Jobs Act e inquinato dalla minaccia del governo di manomettere d'imperio l'autonomia negoziale delle parti, fissando per legge un salario minimo e regolando, sempre per legge, persino sedi, modi ed effetti della contrattazione collettiva.

Ciò malgrado, tra ottobre e dicembre 2015, sono stati rinnovati i contratti dei settori chimica farmaceutica, gomma-plastica, cementiero e dei lavoratori portuali, sia pure alla fioca luce di uno "schema" se non identico, almeno assai simile e di sicuro piuttosto discutibile: nessun aumento salariale per il primo anno di vigenza, aumenti molto contenuti sul triennio, eliminazione di alcune voci retributive, il tutto solo in piccola parte corretto da qualche contribuzione in più delle aziende al welfare contrattuale, maggiore flessibilità del lavoro, timida attuazione dei già avari rinvii del Jobs Act alla contrattazione e nessuna modifica dei suoi contenuti più controversi, valorizzazione più teorica, che pratica dei contratti di secondo livello.

Dubito che questi lumicini possano rischiarare il cammino dei tanti rinnovi ancora al palo e delle trattative incagliate sugli irrigidimenti confindustriali, ma sono certo che, poco prima di Natale, FEDERMECCANICA ha "messo sul tavolo" del CCNL dei metalmeccanici un "marchingegno" in grado di spegnere qualsiasi luce. Perché non solo esclude qualsiasi aumento salariale nel 2016 e, praticamente, qualsiasi effettivo miglioramento economico anche negli anni seguenti, ma organizza quasi scientificamente la riduzione strutturale del valore reale delle retribuzioni.

Quel "marchingegno", infatti, stringe il futuro trattamento economico nazionale dei lavoratori tra le ganasce del "salario di garanzia" (formato dai minimi tabellari vigenti al 31 dicembre 2015, nei quali verrebbe conglobato l'attuale "elemento perequativo" di 485 euro annui, contestualmente abolito, per un controvalore di 37,31 euro mensili) e della "retribuzione individuale", costituita da tutte le voci fisse e ricorrenti della busta-paga, dai minimi tabellari ai premi di produzione, dagli scatti di anzianità alle mensilità aggiuntive e ad ogni altro istituto salariale non direttamente collegato all'effettiva  prestazione di lavoro.

Una morsa capace di stritolare, una volta per tutte, qualsiasi effettivo aumento dei minimi retributivi nazionali, in quanto le retribuzioni individuali inferiori al salario di garanzia verrebbero adeguate fino a concorrenza del suo ammontare a decorrere dal 1° gennaio 2017 e aumentate al 31 dicembre di ogni anno in ragione dall'andamento medio dell'IPCA nell'anno precedente, rivalutazione che, in prima applicazione del "marchingegno", verrebbe generosamente anticipata al 1° luglio 2017, sulla base della probabilmente più che modesta inflazione media del 2016.

Perciò, fermo restando che nel 2016 le retribuzioni individuali inferiori ai minimi contrattuali resterebbero quelle che sono, nell'arco del triennio verrebbero "adeguate" soltanto le retribuzioni illegittimamente inferiori a quegli stessi minimi, affidando ogni concreto aumento del salario reale alla contrattazione di secondo livello, ovviamente nelle sole poche aziende che la praticano.

Mi fermo qui, perché non ho titolo per dare consigli ai colleghi di Fim-Fiom-Uilm e tanto meno ho intenzione di rinnovare i contratti altrui; quelli di competenza della UILA mi bastano e mi avanzano.

Innanzitutto il rinnovo dell'industria alimentare, per il quale abbiamo presentato una piattaforma consapevole di quanto duramente la crisi abbia colpito la manifattura italiana e che chiede alle imprese pari consapevolezza su come la stessa crisi abbia ancor più duramente colpito retribuzioni e condizioni di lavoro dei loro dipendenti.

Abbiamo avanzato richieste salariali ragionevoli, sufficienti a tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni, assolutamente compatibili con le condizioni e con le prospettive del settore dell'alimentazione, obiettivamente migliori di quelle di altri comparti industriali.

Non abbiamo mai preteso dalle imprese quel che esse non potessero dare, ma non accettiamo neppure che, proprio quando l'economia e la produzione rialzano la testa, si chieda ai lavoratori non solo di rinunciare a qualsiasi miglioramento economico, ma addirittura di "dare indietro" qualcosa.

Non abbiamo mai rifiutato di distribuire con saggezza gli aumenti contrattuali nell'arco di vigenza del contratto, ma distribuire non vuol dire escludere ogni aumento per buona parte della vigenza contrattuale e accettare "anni vuoti", in cui il salario dei lavoratori sia lasciato solo con sé stesso.

Non abbiamo mai rifiutato la sfida della produttività, anzi, il nostro Ccnl disciplina una delle più flessibili organizzazioni del lavoro industriale, così come moltissimi accordi aziendali e di gruppo prevedono forme di duttilità della prestazione altrove sconosciute.

Tanto più incomprensibili, perciò, ci sembrano gli irrigidimenti di FEDERALIMENTARE, che rischiano di far deragliare un negoziato che, invece, sarebbe comune interesse concludere presto e bene, per aumentare assieme il salario dei lavoratori e la produttività delle aziende.

Quegli irrigidimenti, soprattutto, mettono a rischio il nostro sistema di relazioni industriali e della contrattazione, un sistema che ha finora contenuto la conflittualità in limiti assolutamente fisiologici, che ha consentito alle aziende il più rapido ed efficiente adattamento della produzione ai mutamenti del mercato, che ha garantito ai lavoratori più che soddisfacenti prestazioni sanitarie integrative, assieme a forme di previdenza complementare e di assicurazione per i superstiti di tutto rispetto.

Un sistema che può e dovrebbe dare ancora di più, per costruire sul rinnovo del CCNL una contrattazione di secondo livello più ricca e diffusa, che regoli l'uso e le tutele del lavoro nelle aziende e sul territorio, lungo le filiere agroalimentari e nei distretti industriali, che ricomponga le asimmetrie organizzative e professionali dell'impresa nella omogenea disciplina contrattuale della "comunità di sito", che estenda gli attuali confini della bilateralità e del welfare contrattuale a nuove misure di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e a nuovi strumenti di integrazione dei meno efficaci ammortizzatori sociali "riformati" dal Jobs Act.

L'Italia, notizia di questi giorni, torna a pencolare sull'orlo della deflazione e, a seguire le sirene che in CONFINDUSTRIA e dal Governo pongono veti e pregiudiziali al rinnovo dei contratti, si rischia di finire sugli scogli dell'ancor più mesto ristagno dei consumi e dell'ulteriore declino dell'occupazione e della produzione.

Si può e si deve fare altro. Mettendo a frutto l'Accordo Interconfederale sulla rappresentanza sindacale, che assicura la certezza delle parti, delle procedure e degli esiti negoziali, e il progetto unitario di CGIL, CISL e UIL per la riorganizzazione del sistema contrattuale, per la migliore gestione del mercato del lavoro e per la partecipazione dei lavoratori alle scelte e alle responsabilità dell'impresa.

Quell'Accordo e quel progetto, infatti, indicano alle parti contrattuali e al Paese la via da percorrere per non affondare nelle sabbie mobili delle contrapposizioni ideologiche e degli irrigidimenti contrattuali e per impedire alla cattiva politica di corrodere la società con l'acido dell'ostilità verso i corpi intermedi e dello sfaldamento di ogni mediazione sociale.

La UILA, la FAI e la FLAI hanno imboccato questa via fin dalla preparazione della piattaforma contrattuale, da ormai più di tre mesi chiedono a FEDERALIMENTARE di percorrerla assieme, finora hanno avuto solo più e meno espliciti rifiuti. Non siamo disposti a subirne altri.

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Il consigliere economico del Presidente del consiglio dei ministri ha dichiarato che nel 2016 si può avviare la discussione sul rinnovo dei contratti nel pubblico impiego. Lo Stato è il peggior datore di lavoro: finalmente c'è qualcuno che intende mettere fine a questa storia. C'è un problema, però: bisogna iniziare subito e non aspettare l'anno venturo. La discussione si deve aprire adesso: il 2015 deve essere l'anno dei contratti. Peraltro, il debito pubblico continua a salire e a macinare nuovi record negativi. Eppure, sono diminuiti i lavoratori del settore e si è ridotta la spesa perché da sei anni, per l'appunto, non si rinnovano i contratti, mentre i consulenti sono ancora tutti lì: evidentemente, qualcosa non funziona.

La Uilha anche proposto un nuovo modello contrattuale. Vorremmo capire chi è d'accordo con le nostre indicazioni e se gli imprenditori si rendono conto che senza ripresa del potere d'acquisto dei lavoratori non c'è ripresa neanche per loro. Io non voglio essere pessimista e credo che, proprio grazie alla politica contrattuale, si possa dare un forte contributo alla ripresa del Paese.

La proposta della Cgil sulla patrimoniale? Non credo che nel nostro Paese ci sia bisogno di aumentare le tasse: la pressione fiscale è salita al 43%. E sono altrettanto preoccupato quando parlano di riduzione delle tasse ai più poveri, perché in questo Paese, stando alle dichiarazioni dei redditi, i più ricchi sarebbero i lavoratori dipendenti e i pensionati e i più poveri gli imprenditori. C'è il rischio, così, che il Governo dia le risorse ancora una volta a questi ultimi. In realtà, serve una riforma  che ci consenta di affrontare i due capitoli dell'evasione fiscale (130 miliardi) e della corruzione (60 miliardi): è lì che bisogna intervenire se vogliamo risolvere i problemi economici del Paese.

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VERSIONE INTEGRALE DELLA LETTERA A REPUBBLICA

BARBAGALLO: RIDUZIONE DELLE TASSE E RINNOVO CONTRATTI, UNA VITTORIA DEL SINDACATO

L'articolo di Mania, pubblicato lo scorso 4 aprile, suggerisce alcune riflessioni. Il giornalista sostiene che nella cosiddetta sfida degli 80 euro tra Sindacati e Governo, quest'ultimo sarebbe uscito vincente. Egli dice: il risultato ottenuto con le trattative del commercio e dei bancari è da considerare "a regime", la concessione del governo è avvenuta in un'unica soluzione.Aritmeticamente, nulla da eccepire. Interpretare tutto ciò come una sconfitta del Sindacato, però, è un errore di analisi prospettico. Sono 15 anni che rivendichiamo una riduzione delle tasse per lavoratori dipendenti e pensionati e se finalmente un Governo, seppur parzialmente, ha realizzato questa richiesta, non importa il perché l'abbia fatto, conta solo che l'abbia fatto.

C'è davvero una sfida su questo terreno? Magnifico, è proprio ciò che vogliamo: l'Esecutivo, allora, ci superi e riduca le tasse anche quest'anno, e anche per i pensionati, di 90 euro. Saremmo, così, felicissimi di essere stati nuovamente sconfitti! In realtà, se ciò accadesse, vinceremmo tutti, altrimenti sarebbe solo lui il perdente.

Ai più sfugge un particolare: nella sua eccezionale capacità adattiva, il Sindacato ha mutato tattica e, seppur mediaticamente relegato in un angolo dall'arroganza dell'uomo solo al comando, prosegue il suo impegno a difesa dei propri rappresentati. Lo fa - mi si passi la metafora - giocando più a scacchi che lottando sul ring.

Tuttavia, le due arti sportive non si escludono a vicenda e lo dimostreremo presto. Ci sono imprenditori o associazioni imprenditoriali che non vogliono rinnovare i contratti? Scherzano col fuoco: gli faremo sciopero nelle realtà in cui realizzano profitti. E questo ragionamento, fatte le debite proporzioni, vale anche per il Governo, il peggior datore di lavoro, che da sei anni tiene bloccati gli stipendi dei dipendenti pubblici.

Un'ultima notazione. Ho detto che il 2015 deve essere l'anno dei contratti: ci stiamo riuscendo e anche unitariamente. Basterebbe già questo a cantar vittoria per i lavoratori, per l'economia del Paese, per i Sindacati. Ma abbiamo appena iniziato.

Carmelo Barbagallo
Segretario generale Uil

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