La pandemia ci consegna un Paese che è più "povero" di ieri, dove la povertà lavorativa è maggiore rispetto al resto d'Europa.
Il lavoro, elemento indispensabile per la crescita di un Paese, è sempre più povero e di scarsa qualità. Assistiamo ad una crescita incessante di occupazione a termine e di part time, prevalentemente involontari, in cui l'occupazione femminile ha il primato negativo europeo con una percentuale del 46% e dove il gap occupazionale, retributivo e di carriera rispetto agli uomini, presenta una forbice ampia.
Tutti elementi questi a cui si abbinano basse retribuzioni oggi e basse pensioni domani, ed un acuirsi delle diseguaglianze sociali.
Continuiamo da decenni a parlare di favorire un'occupazione di qualità per i giovani e le donne, ma sembra che per loro il tempo di una seria inclusione di qualità nel mercato del lavoro non ci sia mai. Sono stati i più colpiti dagli effetti occupazionali della pandemia a causa di lavori discontinui, vulnerabili, temporanei e spesso senza ammortizzatori sociali di sostegno.
E anche se il 2022 sembra vedere un recupero dell'occupazione, sapere che ciò è dovuto principalmente all'occupazione a tempo determinato è un segnale molto negativo.
Non è accettabile che le risorse di Next Generation, producano solo lavoro povero e precario.
Non è questo l'investimento che l'Europa ci ha chiesto.
Non è questa la finalità delle tante risorse che ci vengono messe a disposizione dalla Comunità Europea. Le risorse vanno orientate in primis in un investimento nelle persone, per un lavoro di qualità, che veda protagonisti soprattutto giovani, donne e chi vive nel mezzogiorno.
Il Patto che va fatto è proprio quello di contrastare le forme di lavoro precarie a favore del lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno. Solo così rispetteremo uno dei fondamentali obiettivi che ci ha consegnato l'Europa.
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Roma, 11 luglio 2022