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Martedì, 14 Gennaio 2020 09:33

Commento sul rapporto Bes 2019: come va il lavoro alle donne?

Come sempre ogni inizio d'anno si caratterizza per una serie di verifiche sul precedente.
Un appuntamento da non mancare è la lettura del Rapporto BES 2019, prodotto puntualmente dall'ISTAT a dicembre 2019, e che potrete agevolmente scaricare integralmente qui: https://www.istat.it/it/archivio/236714.


Come penso condividerete, una puntuale informazione è propedeutica per impostare più efficacemente iniziative ed azioni. Per questo la lettura di ognuno dei 12 indicatori del rapporto può essere assai stimolante, se letto in ottica di genere.
Sollecito in particolare di scorrere il capitolo 03, inerente lavoro e conciliazione dei tempi di vita (si apre cliccando qua https://www.istat.it/it/files//2019/12/3.pdf ), per capire cosa succede nel nostro Paese e come stiamo andando in confronto agli Paesi dell'Europa.
Già da qui purtroppo diventa evidente che aumenta la distanza tra l'Italia e l'Europa sia a causa della bassa occupazione femminile che a causa della minore ripresa dell'occupazione maschile, in Italia cresciuta meno.
Se migliora il tasso di crescita dell'occupazione, specialmente giovanile, aumenta il part time involontario soprattutto tra le donne; inoltre, i valori relativi all'occupazione restano comunque lontani dai livelli pre-crisi.
Continua la sotto-occupazione (rispetto alle competenze possedute) per chi ha un titolo di studio superiore a quello più richiesto per svolgere quella professione; tuttavia si conferma che il titolo di studio più alto protegge maggiormente, in quanto il mercato occupazionale privilegia gli occupati con alti livelli di istruzione.
Le donne con figli piccoli continuano ad essere svantaggiate in quanto, come si dice testualmente "la qualità dell'occupazione si misura anche attraverso la possibilità che le donne, e in particolare quelle con figli piccoli, hanno di conciliare il lavoro con le attività di cura".
L'Italia non è omogenea, emergono importanti differenze tra Nord e Sud; un dato su cui bisogna riflettere è che il Nord ha performance mediamente più alte, ma è anche il luogo di attrazione per professionalità provenienti da un Sud in cui si investe maggiormente sull'istruzione, in assenza di occupabilità. Il trend – crescente - di trasferimento dei "cervelli in fuga" in nazioni differenti dall'Italia, però, rischia di mettere in crisi anche il Nord nel prossimo futuro [v. cap. 11 qua https://www.istat.it/it/files//2019/12/11.pdf ): "L'Emilia Romagna è la prima regione per accoglienza di giovani laureati provenienti da altri paesi o regioni (+16,2 per mille), mentre la Calabria detiene il primato per la fuoriuscita netta di laureati tra i 25 e i 39 anni (-31,1 per mille)].
Importante verificare il trend che vede le donne in crescita nei settori dell'innovazione: superano percentualmente gli uomini nelle professioni scientifiche e tecnologiche con
formazione universitaria. E con ciò si sfata un altro pregiudizio, che le donne non siano "portate" per le attività diverse da quelle con connotazione assistenziale!
Il livello di istruzione continua a mostrare la sua importanza. Come è ben chiarito nel capitolo 02 ( https://www.istat.it/it/files//2019/12/2.pdf ) un alto livello di istruzione garantisce alti livelli di partecipazione e competenze. "lI livello di istruzione, insieme alla condizione occupazionale ed economica, è direttamente legato alla possibilità di rimanere attivi e di essere inseriti pienamente nella vita culturale e sociale di una comunità. Tra coloro che hanno conseguito un titolo di studio elevato, infatti, si rileva una percentuale doppia rispetto alla media italiana di partecipazione alla formazione continua a tutte le età. Questo accade sia per gli uomini sia per le donne."
Il concetto è ripreso nel capitolo 04 relativo al benessere economico (https://www.istat.it/it/files//2019/12/4.pdf ) in cui si legge che "Livelli elevati di Istruzione riducono il rischio povertà": un livello di istruzione più elevato costituisce infatti un elemento di protezione rispetto alla povertà, al disagio o alla deprivazione. Tutti gli indicatori di povertà e deprivazione sono peggiori per le persone con titolo di studio più basso.
Permane e in alcuni casi si amplia lo svantaggio del Mezzogiorno, in cui notoriamente le donne hanno il più basso tasso di occupazione.
Insomma, un Rapporto tutto da leggere, che dà anche speranze per un futuro migliore grazie alle generazioni più giovani, a cui sta molto più a cuore in nostro Paese. Il paragrafo 10 sull'ambiente (https://www.istat.it/it/files//2019/12/10.pdf ) termina infatti così: "La preoccupazione per la biodiversità appare significativamente legata al titolo di studio (le percentuali sono più elevate fra le persone con livello di istruzione medio-alto) e alla ripartizione di residenza (i valori decrescono da Nord a Sud), ma soprattutto all'età degli intervistati (si dichiarano preoccupati per la perdita di biodiversità il 26,5% delle persone da 14 a 34 anni, contro il 16,7% delle persone di 55 anni e più). In sintesi, un atteggiamento più consapevole verso il tema della protezione della natura appare, comprensibilmente, più diffuso tra i più giovani e tra le persone più istruite, anche se proprio in questi gruppi si registrano, nell'ultimo anno, segnali di un calo di attenzione."

Coordinamento Pari Opportunità
Sonia Ostrica

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