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Vi informiamo che, il Protocollo d’intesa sottoscritto tra UIL, CGIL e CISL, Regione  Piemonte, Banca Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca Sella per la concessione di anticipi a favore di lavoratrici e lavoratori residenti nella Regione Piemonte,  dipendenti di aziende posti in cassa integrazione guadagni salariale (CIGS) e di  quelle/quelli destinatari delle prestazioni erogate dal Fondo di Integrazione  Salariale (FIS), sospesi dal lavoro sia a zero ore che a rotazione, opererà sino al  31.12.2021. 

La Convenzione potrà essere rinnovata, come da impegno assunto dagli istituti  bancari e dalla Regione, solo dopo l’approvazione del Disegno di Legge di  Bilancio 2022, che contiene modifiche rilevanti sul sistema degli ammortizzatori sociali, e delle successive Circolari Inps, con le relative nuove disposizioni. 

UIL CGIL CISL del Piemonte vi comunicheranno le novità. 

 

Per CGIL - CSIL - UIL Piemonte 

Stacchini - Baratta - Cianciotta 

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Domenica, 10 Maggio 2020 18:45

#RIPARTI Piemonte, ma in regolarità

La fase 2 è cominciata ed anche il settore delle costruzioni si è messo in movimento, in Italia alcuni cantieri pubblici erano già ripartiti ed ad oggi sono circa il 50 % dichiara il Segretario Generale Feneal Uil Piemonte, GIUSEPPE MANTA.

In Piemonte sono ripartiti i cantieri del Terzo Valico dei Giovi con tutte le precauzioni e con l'insediamento del Comitato Aziendale della Sicurezza come previsto dal protocollo all'interno dell'accordo Interconfederale del 24 aprile 2020 firmato da CGIL CISL UIL, Mit, Ministero del Lavoro, Stazioni Appalti Pubblici e Parti. In tutte le province come FENEALUIL FILLEA CGIL FILCA CISL Piemonte abbiamo chiesto l'istituzione urgente dei Comitati Territoriali per andare incontro alla ripresa con la certezza che la sicurezza sia applicata su tutti i cantieri sia pubblici che privati. Si presume che entro il 18 maggio quasi il 100% delle imprese sopravvissute riprendano il lavoro. Le difficoltà sono dovute al reperimento dei DPI quali mascherine, guanti ecc.. Tramite gli Enti Bilaterali del Settore si è cercato di provvedere aiutando imprese e lavoratori purtroppo i tempi di consegna sono lunghi e non tutti sono riusciti a reperirli. La ripresa dovrà essere monitorata su molti aspetti, non si può mettere a repentaglio la salute dei lavoratori per il profitto e nello stesso tempo bisogna salvaguardare le imprese regolari e sane dalla concorrenza sleale da parte di imprese irrispettose delle regole che possono trovare terreno fertile.

Dalle organizzazioni nazionali è arrivato un monito al settore attraverso un comunicato stampa in cui i tre Segretari Nazionali Panzarella (FENEAL UIL) Genovesi (FILLEA) e Turri (FILCA) dichiarano: "Ai tanti che oggi dichiarano di voler combattere il lavoro nero, consigliamo una semplice ed efficace operazione: vincolare tutti gli incentivi per risparmio energetico, sisma bonus, ristrutturazioni al possesso del Durc di Congruità. Cioè alla documentazione emessa dalle Casse Edili che certifica che i lavori per cui lo Stato ci mette praticamente l'intero importo, sono stati svolti da un numero congruo di lavoratori, e che è stato applicato correttamente il Contratto Collettivo edile". Purtroppo sembra che la Regione Piemonte voglia proseguire per altre strade che rischiano di creare notevoli problemi sia dal punto di vista della regolarità che dalle infiltrazioni mafiose.

Nel disegno di Legge Regionale n.95 presentata il 5 maggio 2020 al Titolo 5 , Art 65 e 66 affronta questi due argomenti lasciando le maglie troppo larghe per quanto riguarda la regolarità in nome di una ripartenza a tutti i costi mettendo le regole in secondo piano. Nel Settore Edile che è uno dei settori più colpiti dal problema delle infiltrazioni mafiose e malavitose non esigere immediatamente da parte delle imprese il certificato antimafia può essere controproducente e soprattutto la proroga del durc al 31 gennaio 2021 rischia di essere devastante.

Si dà modo alle imprese irregolari di non esibire il Documento di Regolarità Contributiva per oltre un anno con danno ai lavoratori ed alle imprese serie e regolari.

Queste imprese possono permettersi per un anno di non pagare contribuzione INAIL INPS e CASSA EDILE e in un anno come Sindacato delle Costruzioni abbiamo visto nascere moltissime imprese che incassati i soldi dei SAL (Stato Avanzamento Lavori), non hanno pagato i lavoratori, i fornitori ed i contributi, hanno dichiarato la chiusura. C'era già stata la proroga a livello nazionale sino al 15 giugno 2020 e come OO.SS. non eravamo soddisfatte, questa ulteriore proroga chiesta dalla regione Piemonte è inconcepibile.

Il Settore ha bisogno di imprese sane ed in regola che non vengano messe in difficoltà da imprenditori da quattro soldi che approfittano di falle nel sistema dei controlli, i lavoratori hanno bisogno di avere certezze della retribuzione, della contribuzione e dei versamenti in Cassa Edile, se per un anno non hanno versamenti in cassa edile ma l'impresa continua il lavoro impunemente rischiano di non ricevere la Gratifica Natalizia, le Ferie, l'Anzianità Professionale oltre al TFR ed i contributi pensionistici. RIPARTI PIEMONTE deve avvenire in regolarità non deve prevedere norme che inficiano la regolarità già difficoltosa del settore che conta a livello nazionale oltre 400 mila lavoratori irregolari.

GIUSEPPE MANTA

SEGRETARIO GENERALE FENEALUIL PIEMONTE

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A FEBBRAIO 2019, IN PIEMONTE, LA CASSA INTEGRAZIONE AUMENTA DEL 347,8% RISPETTO A GENNAIO

In Italia, a febbraio, come evidenziano i dati del Servizio politiche attive e passive del lavoro della UIL Nazionale, sono state richieste 28.959.233 ore di cassa integrazione, con un aumento del 91,1% rispetto al mese precedente.

In Piemonte la richiesta è stata di 5.052.249 ore, in aumento del 347,8% (+131,1% ordinaria, +658,8% straordinaria, +3.200% in deroga, da tempo residuale).

Il Piemonte è la terza regione per ore richieste, preceduta da Lazio e Puglia.

DATI PROVINCIALI

L'andamento nelle province piemontesi, nel confronto tra febbraio e gennaio 2019, è stato il seguente: Torino +531,5%, Asti +488,9%, Biella +107%, Novara +90,8%, Vercelli +88,3%, Cuneo +20,3%, Alessandria -40,5%, Verbania -47,2%.

Torino, con 4.619.660 ore richieste si colloca al secondo posto dopo Roma.

RAFFRONTO PRIMO BIMESTRE 2019 E 2018

Nel raffronto regionale tra il primo bimestre del 2019 e quello del 2018, le ore di cassa integrazione sono cresciute del 41,9% (-3,7% ordinaria, +92,1% straordinaria, -20% deroga). Tale aumento è dovuto al forte incremento di Torino, in controtendenza rispetto alle altre province piemontesi.

A livello nazionale l'aumento è stato del 9,4%.

Le province piemontesi hanno fatto registrare il seguente andamento: Torino +144,7%, Cuneo -26,6%, Biella -32,4%, Novara -47,6%, Alessandria -53,4%, Vercelli -74,3%, Verbania -75,4%, Asti -95,8%.

Nei primi due mesi dell'anno, i lavoratori piemontesi tutelati sono stati 18.178, in aumento di 5.367 unità rispetto all'analogo periodo del 2018.

SETTORI PRODUTTIVI

Nella nostra regione, la variazione percentuale della cassa integrazione per settori produttivi, nel confronto tra primo bimestre 2019 e 2018, è stata la seguente: Industria +77%, Edilizia -24,5%, Commercio -81,7%, per un totale di +41,9%.

DICHIARA IL SEGRETARIO GENERALE UIL PIEMONTE, GIANNI CORTESE:

"Dalla rilevazione dei dati relativi alle richieste di cassa integrazione in Piemonte si evince che le difficoltà provocate dalla grande crisi sono lungi dall'essere superate. In particolare, nel mese di febbraio, si è registrato un forte aumento che andrà verificato nello svolgimento dei prossimi mesi, soprattutto dal punto di vista occupazionale. A preoccupare principalmente è l'andamento del settore industriale su cui si concentrano le maggiori richieste. Confermiamo la necessità di apportare correttivi al sistema di ammortizzatori sociali, falcidiato dagli interventi degli scorsi anni, che hanno ridotto i periodi di fruizione e gli importi per i beneficiari. Come richiesto unitariamente nella piattaforma nazionale presentata al Governo, servirebbero maggiori investimenti pubblici per la realizzazione di opere utili al Paese, per la modernizzazione e la messa in sicurezza dei territori. Diventa, inoltre, sempre più necessaria una vera riforma fiscale, volta ad alleggerire la pressione su lavoratori dipendenti e pensionati".

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Cala la disoccupazione in provincia, -1,9% nel 2015

I dati 2015 relativi alla provincia di Alessandria, resi noti giovedì 10 dall'Istat, evidenziano un +1,7% del tasso di occupazione nella fascia d'età tra i 20 e i 64 anni, la disoccupazione cala quasi del 2%. Il confronto con le altre province piemontesi, però, rimane poco incoraggiante

PROVINCIA - Migliora la situazione del mercato del lavoro in Piemonte. I dati relativi al 2015, resi noti giovedì 10 dall'Istat, evidenziano un aumento di 26.000 occupati e una flessione di 21.000 disoccupati, stimati nell'ultimo anno in 205.000 unità. Una valutazione tendenzialmente in linea con le cifre elaborate dalla Regione e rese note lunedì 7, relative ai disoccupati che si sono dichiarati disponibili al lavoro, registrati presso i Centri per l'impiego e l'Inps. Tornando ai dati Istat, il tasso di occupazione sale di 1,4 punti percentuali, attestandosi al 68,1% nella fascia 20-64 anni, e quello di disoccupazione scende dall'11,3% del 2014 al 10,2%. Aumenta il lavoro a tempo indeterminato, fenomeno presumibilmente dovuto alla spinta impressa dall'esonero contributivo concesso con la legge di stabilità 2015.

Se il dato regionale appare incoraggiante, meno rosea è la situazione in provincia di Alessandria. Malgrado i passi in avanti compiuti nell'ultimo anno, infatti, i dati registrati dall'Istat riportano un tasso di disoccupazione che resta a due cifre, quando nelle altre province, esclusa quella di Torino, si rimane al di sotto della soglia del 10%. Inferiori alla media regionale anche i tassi di occupazione.

Nella provincia alessandrina, tra il 2014 e il 2015, il tasso di occupazione nella fascia d'età compresa tra i 20 e i 64 anni è cresciuto dell'1,7%, (-0,4% per gli uomini, +3,8% per le donne) a fronte del complessivo 66,4 % relativo al solo anno 2015 (73,5% uomini, 59,4% donne).

Il tasso di disoccupazione, dal 2014 al 2015, ha invece fatto registrare un calo dell'1.9% (-0,1% per gli uomini, -4,2% per le donne), per un complessivo 11,5% riferibile allo scorso anno. Per ciò che riguarda la fascia d'età compresa tra i 15 e i 24 anni i dati restano preoccupanti, il tasso di disoccupazionearriva infatti al 39,3% (21,4% tra i 25 e i 34 anni e 7,4% dai 35 in su), 38% tra ai ragazzi, 41% tra le ragazze.

"La performance del Piemonte è la migliore del Nord Italia, - ha commentato l'assessore regionale al Lavoro, Gianna Pentenero - anche se il divario significativo che ci contraddistingue dall'inizio della recessione nei confronti delle altre regioni settentrionali permane. Rimaniamo inoltre ancora lontani dagli standard pre-crisi: nel 2008 gli occupati erano 1.861.000 e i disoccupati 100.000, mentre ora mancano all'appello 62.000 posti di lavoro, con una caduta che tende a concentrarsi nel ramo industriale  e le persone in cerca di impiego sono più che raddoppiate. Molto resta ancora da fare, ma il mercato si sta muovendo nella giusta direzione. La decisione del governo di confermare al 50% le agevolazioni è indubbiamente un elemento positivo, così come le modifiche apportate all'istituto dell'apprendistato, su cui la Regione ha già adottato un testo unico, che lo rendono una forma contrattuale appetibile per le imprese".

13/03/2016

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COMUNICATO STAMPA 1° rapporto 2016 sulla cassa integrazione in Piemonte (confronto tra gennaio 2016 e 2015)

PRIMO MESE DELL'ANNO: IN PIEMONTE LA CIG AUMENTA DEL 309,1% RISPETTO AL 2015.

A LIVELLO NAZIONALE LA CRESCITA E' DEL 12,8%.

TORINO E' LA PROVINCIA PIU' CASSAINTEGRATA (20.681.284 ORE), IL PIEMONTE AL 1° POSTO FRA LE REGIONI

 

In Italia, a gennaio 2016, sono state autorizzate 56.933.097 ore di cassa integrazione, con un incremento del 12,8% rispetto allo stesso periodo del 2015.

Nella nostra regione, nello stesso arco di tempo, la richiesta è stata di 21.346.834 ore, in aumento del 309,1% rispetto all'anno precedente (-89% ordinaria, +635,9% straordinaria, -53,9% deroga).

Le ore richieste per i settori produttivi evidenziano queste variazioni: +365,8% industria, -89,2% edilizia,

-20,3% artigianato, +11,1% commercio, -97,1% settori vari, per un totale di +309,1%.

Nel raffronto tra gennaio 2016 e dicembre 2015 emerge un incremento del 560,5% rispetto al mese precedente (-81,3% ordinaria, +1008,1% straordinaria, +21,7% deroga).

I lavoratori interessati sono stati 125.570, in aumento di 106.559 unità rispetto a dicembre 2015.

DATI PROVINCIALI

L'andamento delle ore nelle province piemontesi, a gennaio del 2016, rispetto allo stesso periodo del 2015, è stato il seguente: Torino +841,1%, Verbania -26,8%, Vercelli -49,6%, Biella -55,6%, Asti -85,8%, Cuneo -89,8%, Alessandria -90,2%, Novara -95,1%.

DICHIARA IL SEGRETARIO GENERALE UIL PIEMONTE GIANNI CORTESE:

"Il nuovo anno si apre con dati che risentono della schizofrenia dei processi di autorizzazione amministrativa della cassa ordinaria e di quella straordinaria, che durano ormai da mesi. A ciò bisogna aggiungere la penuria di risorse per la cassa in deroga.

Incrociando, comunque, i dati relativi alla congiuntura economica nel nostro Paese, si evidenzia una situazione di stallo o, peggio, di arretramento rispetto ai mesi precedenti.

I toni trionfalistici usati da alcuni esponenti politici sono un'offesa a tutti quegli italiani che versano in condizioni di estrema difficoltà e povertà"

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Il quadro economico del Piemonte

Il Piemonte è una delle regioni a più alta concentrazione industriale d'Europa, tanto che ancora oggi, nella grave crisi che ha colpito il sistema manifatturiero, più del 50% del PIL regionale dipende direttamente dalla domanda di beni finali prodotti dall'industria.

La nostra regione dispone di un sistema di imprese ad alta tecnologia e di terziario avanzato che svolgono un ruolo importante per l'economia locale.

Altrettanto si può dire del settore agro-alimentare, che può beneficiare del riconoscimento, attribuito dall'UNESCO, al territorio Langhe-Roero-Monferrato, quale patrimonio mondiale dell'umanità.

Non bisogna dimenticare, inoltre, il valore del lavoro pubblico che rappresenta una componente di primo piano del sistema piemontese, per il numero di occupati, per le risorse mobilitate e per le delicate funzioni svolte, che richiedono costanti processi di semplificazione, ammodernamento ed efficientizzazione al servizio dei cittadini e del sistema produttivo.

Il PIL in Piemonte, secondo l'ultimo rapporto Svimez, dal 2008 al 2014, è sceso del 12%, a fronte di una riduzione media nazionale dell'8,7%. L'aumento dello 0,3% fatto registrare lo scorso anno e la previsione di una limitata crescita per il 2015, dovuta principalmente, come nel resto del Paese, alla debolezza dell'Euro, al calo del prezzo del petrolio e alla manovra di quantitative easing della Banca Centrale Europea, non sono sufficienti per far dire che la crisi è alle spalle. Tra i pochi elementi positivi in essere c'è la ripresa delle esportazioni (+9,6% nel 1° semestre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014), che testimonia l'esistenza di un tessuto d'imprese in grado di competere, innovare e guadagnare spazi nel mercato globale.

Molto diversa è la condizione delle imprese che producono beni e servizi destinati al mercato nazionale, che continua a manifestare forti connotati di stagnazione.

La situazione occupazionale

Le conseguenze della grave crisi che ha colpito il nostro Paese, dalla fine del 2008, hanno prodotto in Piemonte una consistente perdita di posti di lavoro, un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, il peggioramento delle condizioni per migliaia di famiglie e la nascita di nuove povertà.

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Tra il 2008 e il 2014 gli occupati in Piemonte sono scesi di 88 mila unità e le persone in cerca di occupazione sono cresciute di 126 mila unità. Il tasso di disoccupazione, nel 2014, era all'11,3% a fronte di una media del Nord-Italia dell'8,6%. Nel secondo trimestre del 2015 si è registrato un miglioramento, poiché la disoccupazione è scesa al 10,2%, ma è necessario ricordare che rispetto al 2007 è superiore del 220%.

Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) rappresenta una delle note più dolenti. Nel 2014 si è attestato al 42,2% ed ha raggiunto il 49,9% in provincia di

Torino, il 50,3% in provincia di Novara ed il 46% in provincia di Biella, a fronte di una media delle regioni del Nord Italia del 32,7%.

Le persone in cerca di lavoro nel 2014 erano 226 mila, di queste ben 104 mila avevano una scolarità molto bassa (senza titolo, scuola elementare, licenza media),

112 mila avevano meno di 35 anni e 97 mila erano nella fascia d'età tra i 35 e i 54, quindi ancora lontani dal raggiungimento dei requisiti pensionistici.

Nei prossimi mesi il quadro rischia un ulteriore peggioramento per l'effetto combinato di alcuni fattori, alcuni già operanti, come la progressiva scomparsa di

ammortizzatori sociali e la prevista riduzione dei periodi di fruizione.

La Pubblica Amministrazione è alle prese con un prolungato blocco del turn-over e una massiccia esternalizzazione dei servizi, realizzata con appalti caratterizzati spesso da lavoro povero e precario. Gli affidamenti, le concessioni e forniture di beni e servizi, l'esecuzione di opere, devono essere regolati da gare ad evidenza pubblica, in grado di garantire trasparenza, legalità, qualità e tutela occupazionale.

L'emergenza sociale

La povertà relativa e quella assoluta, collegate alla perdita del lavoro e all'esaurimento degli ammortizzatori sociali, sono cresciute notevolmente in

Piemonte durante i sette anni di crisi. Secondo uno studio della Caritas, diffuso a novembre, il 14,1% dei residenti nell'area metropolitana torinese (circa 200.000

abitanti) si trova in condizioni di povertà, il 6% versa in povertà estrema. In Piemonte, l'indice di povertà raggiunge il 16,8% della popolazione complessiva.

Si tratta di cifre che, purtroppo, potrebbero peggiorare a causa del numero rilevante di lavoratori (circa 30.000) che, nei prossimi mesi, rischieranno di trovarsi senza alcun reddito, per la perdita del posto di lavoro, l'esaurimento degli ammortizzatori sociali e per l'impossibilità di agganciare il traguardo della pensione.

Dispiace dover constatare che, nel momento in cui aumenta il numero di cittadini che richiedono protezione sociale, diminuiscano i trasferimenti alle regioni e al sistema delle autonomie locali per il welfare.

Politiche attive e sostegno al reddito

Le buone politiche attive rivestono un'importanza crescente per mantenere i posti di lavoro, stabilizzare i giovani precari, favorire l'occupazione femminile, ricollocare chi ha perso o è a rischio di perdere il posto di lavoro.

Nella valutazione di possibili ricollocazioni, bisognerebbe distinguere tra soggetti anziani con possibilità di reinserimenti pressoché nulli e soggetti più giovani per i

quali è obbligatorio ricercare nuove opportunità occupazionali.

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Sarebbe opportuno, in attesa del raggiungimento dei requisiti previdenziali, assicurare ai primi un reddito minimo collegato allo svolgimento di attività socialmente utili o cantieri di lavoro, che necessitano di formazione limitata.

Per i lavoratori più giovani o, comunque, distanti dal traguardo pensionistico, è di grande importanza la predisposizione di efficaci piani di ricollocazione

personalizzati. Per le attività di formazione necessarie, si potrebbe erogare, in assenza di reddito dei partecipanti, un contributo regionale quale incentivo alla frequenza.

Per assorbire temporaneamente almeno una parte delle migliaia di persone disoccupate e senza ammortizzatori, sarebbe necessario utilizzare i Fondi Europei

(FSE, FESR, FSR) per favorire progetti di lavoro, predisposti dagli Enti Locali negli ambiti di maggiore urgenza (dissesto idro-geologico, recupero dell'edilizia pubblica e risparmio energetico, cura dell'ambiente).

Le leve su cui agire per far funzionare le politiche attive sono rappresentate dalla "buona formazione" e da un efficace sistema di "servizi per l'impiego", basato

sull'integrazione e sulla sussidiarietà.

E' urgente progettare e attuare percorsi integrati di istruzione e formazione professionale, che perseguano l'obiettivo di assicurare a tutti una solida formazione

culturale di base, per contrastare il basso livello di scolarizzazione, ma allo stesso tempo sviluppare qualificate competenze professionali, coerenti con le esigenze del mondo del lavoro. Come più volte richiesto dal Sindacato, sarebbe necessario che la Regione si facesse carico di promuovere, coinvolgendo le parti sociali, un serio censimento volto ad individuare le figure professionali realmente carenti nel mercato del lavoro piemontese. I percorsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione professionale dei lavoratori potrebbero così essere finalizzati alla preparazione di tali profili.

E', inoltre, importante qualificare e supportare il personale del sistema regionale della formazione, e quello dei Centri per l'Impiego, che si trovano ad operare sempre più a stretto contatto, con pochi strumenti operativi e insufficienti risorse economiche e di organico.

Serve, insomma, un intervento che rilanci e qualifichi l'intero settore, dando agli operatori dei servizi per l'impiego strumenti effettivi di reale profilazione dei

soggetti, limitando al massimo le dannose standardizzazioni, se non richieste per esigenze di uniformità del sistema. Ogni attività di intermediazione deve essere

"indagata" approfonditamente per valutare, oltre agli esiti occupazionali immediati, i livelli di qualità e stabilità dell'occupazione eventualmente creata.

Ricordiamo che oggi, in Italia, i Servizi per l'Impiego, pubblici e privati, intermediano solo il 5% delle offerte di lavoro e che per tali Servizi si spendono 500

milioni di Euro, contro i 6 miliardi della Francia e i 12 della Germania. Gli addetti sono 8.000 in Italia, 70.000 in Francia e 90.000 in Germania.

Aiutare la ripresa in Piemonte

Le difficoltà economiche ed occupazionali si inseriscono in un contesto regionale contrassegnato dalla carenza di moderne reti infrastrutturali e della logistica, dalla

scarsa diffusione delle tecnologie digitali (a partire dalla banda ultra-larga), da 4 processi autorizzativi spesso lenti e macchinosi, che non invogliano a intraprendere

insediamenti produttivi nel territorio piemontese. Bisogna considerare che, oltre ai problemi e ai ritardi regionali, pesano negativamente, come macigni, il livello di

tassazione sul lavoro e i costi dell'energia.

Per lo sviluppo, sono necessari investimenti pubblici e privati da indirizzare a: ricerca e innovazione nella sanità e biotecnologie, risparmio energetico, assetto idro-geologico, bonifiche ambientali, trasporti e logistica, reti digitali. In tal modo, si potrebbe realizzare un volano importante per la ripresa dell'economia e dell'occupazione.

In funzione di ciò, la programmazione 2014/2020 dei Fondi Europei deve introdurre discontinuità rispetto al settennio precedente, perseguendo criteri di selettività dei progetti.

Per sostenere un processo di crescita credibile e duraturo è necessario, in primo luogo, utilizzare di più, con maggiore efficacia e velocità i fondi nazionali ed europei.

Il Piemonte presenta una pesante condizione debitoria delle finanze regionali, per cui l'utilizzo dei Fondi comunitari rappresenta la risorsa economica migliore di cui

disporre.

Fare una vera politica industriale con i fondi strutturali vuol dire darsi strumenti efficaci per promuovere i nostri prodotti nei mercati internazionali, favorire la

crescita dimensionale delle imprese e la lotta alle nuove povertà. Si tratta, quindi, di perseguire gli obiettivi di uno sviluppo intelligente, sostenibile e inclusivo.

E' importante, inoltre, valorizzare le numerose e qualificate risorse del sapere presenti nella nostra regione. Il Polo universitario, ad esempio, costituisce un terreno

favorevole all'innovazione e alla diffusione della conoscenza. L'incubatore di Start Up del Politecnico di Torino, che favorisce la nascita di imprese ad elevata

innovazione tecnologica, rappresenta la punta d'eccellenza, in questo campo, non solo a livello nazionale ma europeo.

Un'altra ipotesi concreta è lavorare su una "green economy" pensata come opportunità trasversale per tutti i settori produttivi.

Investire nel volto "verde" della nostra economia vuol dire adoperarsi per creare un contesto produttivo più competitivo ed innovativo, con conseguenze positive

sull'occupazione e sulla qualità ambientale.

Sono, inoltre, necessarie azioni volte a favorire l'erogazione di prestiti bancari, in grado di supportare le imprese anche nei percorsi d'internazionalizzazione e, in

aggiunta, azioni concrete per la velocizzazione e la semplificazione dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione.

Dato l'elevato numero di Piccole e Medie Imprese presenti nella nostra regione, i risultati positivi delle esportazioni evidenziano la necessità di favorire e diffondere

reti associative che facilitino l'internazionalizzazione, migliorando le capacità di innovazione e competizione nel mercato globale.

La lotta all'evasione fiscale, utile a perseguire legalità e trasparenza, potrebbe recuperare risorse consistenti da mettere a disposizione della crescita.

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Fare sistema

Nella difficile fase in corso da oltre sette anni, è necessario un progetto che unisca tutte le azioni, finalizzandole alla competitività del "Sistema Piemonte", attraverso la realizzazione di un confronto permanente tra Istituzioni e forze sociali, determinanti per un effetto moltiplicatore delle risorse investite.

Il Piemonte potrebbe, così essere, un importante e innovativo laboratorio, in grado di innescare il motore dello sviluppo economico e di mantenere la coesione sociale.

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A Cura del Servizio Politiche Territoriali della UilMANOVRA ECONOMICA: SE TUTTE LE REGIONI ALLE PRESE CON L'EXTRADEFICIT SANITARIO AUMENTASSERO L'IRPEF REGIONALE POSSIBILI AUMENTI MEDI DEL 47,4% (221 EURO MEDI) PER OLTRE 13 MILIONI DI CONTRIBUENTI

TRA IL 2013 E IL 2015 L'IRPEF REGIONALE E' AUMENTATA DEL 7,5%

(267 EURO  MEDI PRO CAPITE)

NEL 2014 I TICKET SANITARI PESAVANO MEDIAMENTE 24 EURO A CITTADINO

Se tutte le 9 Regioni (Piemonte, Liguria, Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Calabria, Puglia e Sicilia) alle prese con l'extra deficit sanitario aumentassero al massimo consentito le aliquote dell'IRPEF regionale, si rischiano possibili aumenti medi del 47,4% (221 euro medi pro capite) per oltre 13 milioni di contribuenti.

È quanto calcola il Servizio Politiche Territoriali della UIL che ha simulato, sulla scorta delle aliquote deliberate per il 2015, i possibili aumenti dell'IRPEF Regionale, le cui aliquote potrebbero salire fino al 3,3%.

Documento completo in allegato.

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PIEMONTE: A GIUGNO CASSA INTEGRAZIONE IN CALO DEL 35,9%, MA FORTISSIME PREOCCUPAZIONI PER L'OCCUPAZIONE DI DECINE DI MIGLIAIA DI LAVORATORI

In Italia, a giugno, sono state autorizzate 74,5 milioni di ore di cassa integrazione, con un calo del 22,7% rispetto al mese precedente.

In Piemonte, nello stesso mese, sono state richieste 6.820.640 milioni di ore di cassaintegrazione, in diminuzione del 35,9% rispetto a maggio (-44,1% ordinaria, -12,5% straordinaria, -85,4% in deroga).

I lavoratori interessati sono stati complessivamente 40.121, con un calo di 22.520 unità rispetto a maggio.

L'andamento delle ore richieste nelle province piemontesi è stato il seguente:Verbania +89,9%, Torino +11%, Asti -11,4 %, Novara -23,8%, Biella -69,0%, Alessandria -78,4%, Vercelli -86,4%, Cuneo -91,3%.

Nel primo semestre 2014 state richieste complessivamente 60.151.323 ore di cassa integrazione con un calo del 15,7% rispetto allo stesso periodo del 2013.

Nella nostra regione la variazione percentuale della cassa integrazione per settori produttivi agiugno, rispetto a maggio, è stata la seguente: Industria -31,7 %, Edilizia -20,5%, Artigianato

-89,6%, Commercio -59,8%, Settori vari -98,2%, Totale -35,9%.

DICHIARA IL SEGRETARIO GENERALE UIL PIEMONTE GIANNI CORTESE:

"I dati della cassa integrazione, letti disgiuntamente da quelli relativi alla disoccupazione, possono essere fuorvianti ed indurre a false interpretazioni. L'aumento del numero dei disoccupati e, in particolare, il dramma dei giovani senza lavoro fanno dire, come rilevato dai più importanti istituti, che l'auspicata ripresa continua ad essere la grande assente dell'economia italiana. Se il Governo non finanzierà adeguatamente la cassa in deroga e se non desisterà dal proposito di prevedere una durata massima di otto mesi nella fruizione della stessa, a partire da settembre decine di migliaia di lavoratori nella nostra regione potrebbero essere collocati in mobilità, quindi licenziati. E' giunto il momento di smetterla con le chiacchiere e di assumere atti concreti, per impedire che la coesione sociale, già sfilacciata, riceva un colpo decisivo, con conseguenze incalcolabili".

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