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"Questa volta sono totalmente d'accordo con il ministro Poletti: i voucher devono essere utilizzati prevalentemente dalle famiglie e non dalle imprese". È quanto ha dichiarato il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, a margine dei lavori della Conferenza di Organizzazione della Uil Friuli Venezia Giulia."Da mesi, ormai - ha ricordato Barbagallo - abbiamo indicato questa strada e, di recente, abbiamo anche definito una proposta analoga. È la scelta giusta per restituire a questo strumento la sua funzione originaria a favore di alcune specifiche e individuate fasce di persone e di lavori che, altrimenti, non avrebbero alcuna seppur minima tutela. Ora, bisogna fare presto - ha sottolineato il leader della Uil - e tradurre la soluzione individuata in un provvedimento legislativo che faccia sintesi di tutti i disegni di legge presenti in Parlamento, in modo che non sia più necessario svolgere un referendum dagli esiti incerti e, nel caso di sconfitta o di mancato quorum, addirittura disastrosi".

Trieste, 2 marzo 2017

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''Chiederemo al Governo di intervenire radicalmente sui voucher''. È quanto ha dichiarato il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, a margine della V Conferenza nazionale di Organizzazione della UILPA, in svolgimento a Salerno, anticipando così uno dei temi che affronterà nel suo intervento conclusivo di domani. ''La tracciabilità non basta - ha sottolineato Barbagallo- vogliamo una radicale modifica dell'uso dei voucher. Bisognerà mantenerli, però, per i lavori occasionali, e cioè per quelli che erano stati previsti originariamente dalla legge Biagi, altrimenti rischiamo di ricadere nel lavoro nero per alcune tipologie di attività che, comunque, devono essere tutelate. L'estensione dell'uso - ha proseguito il leader della Uil - ha creato abusi e anche illegalità quando, ad esempio, sono stati utilizzati per coprire le morti bianche in edilizia o in altri incidenti sul lavoro. Ci sono anche i furbetti dei voucher: quelli che li lasciano nei cassetti per usarli, poi, quando c'è qualche controllo. Insomma, è aumentata la precarietà e si è stimolata l'illegalità. Peraltro - ha precisato Barbagallo- in tutti i settori, ci sono attività lavorative per le quali non c'è bisogno dei voucher: c'è la contrattazione con i contratti a tempo determinato o stagionali. Sui lavori occasionali, invece, si può ragionare''. In conclusione, il Segretario della Uil ha ribadito la sua contrarietà al ricorso al referendum su tali argomenti: ''I diritti - ha detto - si possono recuperare attraverso la contrattazione: in questi casi, se si pensa di puntare sul referendum, si rischia o di non avere il quorum o di riportare sconfitte''.

Salerno, 14 gennaio 2017

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Lunedì, 29 Febbraio 2016 10:58

Rapporto UIL sui voucher

In allegato il rapporto UIL sui voucher (buoni lavoro).

Nello studio, oltre a un'analisi quantitativa e qualitativa, troverete una comparazione anno per anno sui voucher venduti ed una specifica analisi per le aree produttive e per i singoli territori provinciali e regionali.

Introduzione

Quando nel 2003 fu introdotto nel nostro ordinamento il "lavoro occasionale accessorio", retribuito attraverso i "buoni lavoro" (voucher), in pochi contestarono la volontà del legislatore di tentare di regolare, in forma semplice e non burocratica, prestazioni di lavoro oggettivamente residuali e, appunto, occasionali. Ci si rivolgeva, in particolare, a quelle prestazioni brevi, saltuarie, accessorie, discontinue per le quali era, e purtroppo in gran parte ancora oggi è, in uso il pagamento in nero: piccoli lavori domestici, giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi, monumenti, insegnamento privato supplementare (ripetizioni), consegna porta a porta, che spesso non vedevano forme "regolate" e "regolari" di lavoro.

Si trattava, essenzialmente, di quelle attività (purtroppo non da sole) dove si potevano più facilmente annidare sacche di lavoro nero.

Ed era questa la finalità principale per la quale nacque questo istituto: andare a coprire quella fetta di mercato occupazionale "nascosta" che sarebbe potuta rimanere tale anche in presenza delle nuove forme contrattuali flessibili nate nello stesso anno (co.co.pro., lavoro a chiamata, contratti di inserimento, somministrazione, etc).

Ma cosa è il "voucher"? Potremmo definirlo un ticket-lavoro, con un valore nominale ed orario di 10 euro lorde (comprensive di un 13% di contribuzione previdenziale alla gestione separata Inps, una copertura assicurativa Inail del 7%, ed un contributo per il concessionario del servizio pari al 5% da destinare all'Inps), e di cui 7,50 euro nette vanno al prestatore di lavoro.

Ad onor del vero, occorre dire che fino al 2012, il valore del buono lavoro era esclusivamente nominale (e non orario). La auspicata novità che ad 1 ora di lavoro corrispondesse 1 voucher (salvo la possibilità del committente di retribuire in misura maggiore il prestatore di lavoro), risale alla Riforma Lavoro Fornero (L.92).

Cade, con la Riforma Fornero, il riferimento al concetto di "accessorietà ed occasionalità" della prestazione da svolgere con i voucher, restando quale unico limite quello economico di 5 mila euro nette l'anno, che, da giugno 2015, sono state innalzate a 7 mila euro (intervento di modifica introdotto dal d.lgs 81/15 attuativo del Jobs Act).

Ma chi è il destinatario di tale tetto economico? Il solo prestatore di lavoro che, indipendentemente dal numero di committenti, non potrà percepire un importo maggiore.

Ed il committente? Il committente, da sempre, non ha alcun tetto economico annuo. Gli unici limiti economici sono legati al singolo prestatore di lavoro: il committente non può erogare più di 7 mila euro netti l'anno al "singolo" prestatore di lavoro, ma se il committente è un imprenditore commerciale o un professionista, non potrà retribuire il singolo lavoratore per più di 2 mila euro netti annui, e se si tratta di lavoratore percettore di sostegno al reddito non potrà erogare più di 3 mila euro netti l'anno.

Ciò significa, semplicemente, che il committente potrà avvalersi di più voucheristi stando attendo a non sforare i suddetti tetti per singolo prestatore di lavoro. Nulla di più.

Ma in questa disamina sui voucher, abbiamo saltato un passaggio fondamentale: il lavoro occasionale accessorio non è una tipologia contrattuale, non prevede la dettagliata comunicazione obbligatoria di assunzione al Servizio per l'impiego (tipica per gran parte degli avviamenti al lavoro),  non da diritto a malattia,  maternità, assegni familiari, trattamento di fine rapporto, e tutto ciò che è connesso ad un "vero" rapporto di lavoro in termini di diritti e tutele. Ma c'è di più: il compenso percepito o erogato, è esente da imposizione fiscale per committente e lavoratore. Quindi...NO IRPEF, NO IRAP, NO IRES.

E' bene ricordare che i voucher non solo NON consentono un regolare rapporto di lavoro ma, come la  realtà ci sta dimostrando, anziché ridurre un fenomeno diffuso e patologicamente presente nel nostro mercato del lavoro, come il lavoro irregolare o sommerso, rischiano, indirettamente di alimentarlo (recenti studi confermano come  la quota di lavoro nero o fortemente irregolare sia in aumento). Cosa impedisce, infatti, ad un datore di lavoro di acquistare dei buoni-lavoro e poi, verificato che non sono "arrivati" gli ispettori, consegnarne solo una parte rispetto alle ore lavorate o, addirittura, riconsegnarli (ottenendo addirittura indietro l'importo dei voucher non consumati) o tenerli per altra occasione?

Cosa impedisce ad un titolare di ristorante anziché assumere, magari con il flessibile  lavoro a chiamata, pagare con i voucher allettando anche lo stesso lavoratore con il "non pagamento" delle tasse sull'importo percepito?

Bene, ed ora vediamo come nel tempo, legge dopo legge, circolare dopo circolare, interpello dopo interpello, la natura e la finalità originaria di questo istituto sia stata profondamente modificata, ed abbia preso il "sopravvento", la prassi, di un utilizzo distorto di questo istituto che ha finito in buona parte per sostituire, in maniera sì legale ma alquanto "furbesca", rapporti di lavoro subordinato che vedono nella contrattazione collettiva tutele e garanzie che il lavoro accessorio non conferisce a coloro che lavorano con i buoni-lavoro.

Oggi, sostanzialmente, tutte le imprese commerciali, industriali, dei servizi, imprenditori agricoli, soggetti non imprenditori (famiglie, ad esempio, per servizi di cura e lavori domestici), ma anche enti senza fine di lucro, associazioni sportive, committenti pubblici (solo a titolo esemplificativo, tutte le amministrazioni dello Stato comprese Regioni ed Enti Locali), possono utilizzare i voucher per "retribuire" prestatori di lavoro.

Soggetti, questi ultimi, che nell'originaria versione normativa rientravano nella fascia di persone deboli e a rischio di esclusione sociale oppure non ancora entrate nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne (quali i disoccupati da almeno 1 anno, disabili e soggetti in comunità di recupero, lavoratori extracomunitari, casalinghe, studenti, pensionati),  ma che oggi, grazie alla implacabile evoluzione normativa dell'istituto, ricomprendono qualunque status occupazionale (inoccupato, disoccupato, percettore di sostegno al reddito, occupato sia autonomo che dipendente, pensionato, giovane studente).

Si è assistito, quindi, nel corso del tempo, all'eliminazione di qualunque paletto soggettivo ed oggettivo, con un unico limite di utilizzo che è quello "economico" di 7 mila euro netti l'anno a prestatore di lavoro.

Questo snaturamento si manifesta immediatamente analizzando l'evoluzione quantitativa e soprattutto qualitativa. Infatti si è passati dalla prevalenza dell'agricoltura e delle manifestazioni sportive come settori di maggior utilizzo nei primi anni (2008, 2009) al prevalente uso nel 2015, nei settori del commercio, del turismo e dei servizi,  in tutte le Regioni. E ciò sembra indicare come questo istituto abbia attaccato, sostituendosi ad esse, forme di lavoro flessibili ma regolate come il lavoro stagionale, o  a chiamata.

Nel dettaglio, questo Studio analizza l'evoluzione quantitativa dei voucher dal 2008 (535 mila voucher venduti) al 2015 (115 milioni circa) dimostrando come la costante crescita (2,7 mln. nel 2009; 9,7 mln. nel 2010; 15,3 mln. nel 2011; 23,8 mln. nel 2012; 40,8 mln. nel 2013; 69,2 mln. nel 2014 e oltre 115 mln. nel 2015) sia strettamente legata alle modifiche normative che, come vedremo, hanno dilatato, anno dopo anno, il campo di applicazione di questo istituto (L. 113/08, L.3372009; L. 102/2009; L. Finanziaria 2010; L.10/2011; L.92/12; L.99/2013 e D.lgs 81/15-Jobs Act).

Una volontà, quella dei legislatori, di incentivare e facilitare l'utilizzo del "buono lavoro". Se i sostenitori del voucher identificano in questo strumento un argine al lavoro nero ed irregolare, dall'altra ciò sembra porsi in contrasto con l'espandersi dell'utilizzo dei voucher non in quelle attività a maggior rischio di sommerso, bensì in quei settori produttivi regolati contrattualmente e previdenzialmente ed in Regioni caratterizzate da una certa vivacità produttiva.

Nel 2015, infatti, le Regioni più "voucherizzate" sono state la Lombardia (21 mln. voucher venduti), il Veneto (15,2 mln.), Emilia Romagna (14,3 mln.), Piemonte (9,4 mln.), mentre nel Mezzogiorno si colloca al primo posto la Puglia (5,4 mln.) come Regione che più utilizza lo strumento.

Interessante, come già accennato, è anche, e soprattutto, l'evoluzione qualitativa del fenomeno con riferimento, in particolare, alle attività in cui vengono maggiormente utilizzati. Emerge come ormai sia prevalente, in senso lato, il terziario che, tra Commercio, Turismo e Servizi rappresenta quasi il 50% dei buoni-lavoro. I settori che dovevano essere "protagonisti" (quasi assoluti), come giardinaggio, lavoro domestico, attività sportive, coprono meno del 15% dei buoni venduti.

Dal 2008 al 2015, secondo nostre stime, sono stati venduti quasi 278 milioni di voucher per un importo complessivo di circa 2,8 miliardi.

Considerando che i voucher riscossi dai voucheristi sono stati in tale periodo circa 256 milioni, risultano non corrisposti agli stessi, 220 milioni di euro in voucher (circa 22 milioni di voucher).

Il primo punto di domanda è quindi: c'è un monitoraggio sul perché sono stati restituiti ai committenti 220 milioni di euro di voucher "non pagati" dal 2008 al 2015?

Purtroppo, dalla nascita di questo istituto il problema principale è sempre lo stesso: la "non tracciabilità" per data ed orario di lavoro del voucher e, conseguentemente, della corretta corrispondenza tra durata della prestazione e la retribuzione.

Al netto della nostra stima condotta sul 2015, prendendo a riferimento i dati forniti dall'Inps, interessante è analizzare come dal 2008 al 2014 il numero di lavoratori interessati, sia passato dai circa 25 mila voucheristi ad oltre 1 milione.

Inoltre, se si analizza la distribuzione dei lavoratori interessati per classi di età, si può facilmente notare come si sia passati da un maggior utilizzo del voucher per gli over 50 (nel 2009 1 voucherista su 2 aveva almeno 50 anni) ad una prevalenza nella fascia di età under 49 anni, che nel 2014, assorbe l'80% di voucheristi.

Il dato sui giovani (oltre il 40% dei voucheristi, nel 2014, ha fino a 29 anni) dovrebbe far riflettere alla luce del non successo sia di Garanzia Giovani che del contratto di Apprendistato, quest'ultimo in continua decrescita.

Sembrerebbe, inoltre, che il voucherista sia tipicamente un lavoratore comunitario (il 92% degli interessati nel 2014) e questo dato confermerebbe come lo strumento non sembra sia utilizzato per far emergere lavoro "informale" nè, tantomeno, per regolarizzare alcune attività (assistenza familiare, piccole manutenzioni) dove è significativamente presente manodopera immigrata.

La nostra elaborazione porta a stimare, inoltre, che nel corso del 2015, 1.695.374 sono coloro che hanno avuto come forma di retribuzione almeno 1 voucher. Dato che, naturalmente, comprende tutte le variegate situazioni, ma che colpisce se si pensa che su un numero complessivo di occupati di oltre 22 milioni di lavoratori, circa 8 su 100 sono stati retribuiti con almeno 1 voucher; che questa quota aumenta se rapportata agli oltre 17 milioni di occupati dipendenti (10 su 100) e, addirittura, aumenta esponenzialmente sulla platea di oltre 2,2 milioni di lavoratori temporanei o/e stagionali subordinati (77 su 100).

Ma quanto è stato il compenso netto medio annuo percepito dal singolo prestatore di lavoro con voucher nel corso del 2015?

Proviamo a stimarlo partendo dai 114.921.574 voucher venduti nell'anno 2015 (dato fornito dall'Inps) e togliendo il 7,4% (stessa percentuale di riduzione tra voucher venduti e riscossi nel corso del 2014). Otteniamo così una stima di 106.500.000 voucher riscossi, pari ad un monte retributivo complessivo di € 798.750.000 (importo netto annuo), che equivale a 471 euro netti percepiti dal singolo prestatore di lavoro (stesso importo percepito nel corso del 2014).

Abbiamo inoltre condotto una stima sui voucher venduti a livello provinciale nel 2015. In pole-position c'è Milano con 7,3 milioni di buoni-lavoro venduti, seguita da Torino con 4,5 milioni di voucher e Roma con 3,8 milioni. Continuando la classifica provinciale dei territori più voucherizzati, troviamo Verona (circa 3,3 milioni di voucher), Brescia (3,2 mln.), Bolzano (3,2 mln.), Bologna (3 mln.), Treviso (2,8 mln), Padova (circa 2,7 mln.), Modena e Venezia (oltre 2,6 mln.).

Le province "meno voucherizzate" sono state invece, Enna (circa 85 mila voucher venduti), Crotone (circa 100 mila voucher), Vibo Valentia (102 mila voucher), Caltanissetta (118 mila), Isernia (161 mila), Rieti (circa 187 mila), Agrigento (circa 195 mila), Ragusa (225 mila), Siracusa (257 mila) e Trapani (260 mila circa).

Tra le  province che maggiormente utilizzano il voucher, vi sono quelle dove vi è una  spiccata "stagionalità"  del lavoro. E' un caso? Si sta forse realizzando un "insano" connubio tra voucher e lavoro stagionale? Dall'altra, molte delle province che meno utilizzano i voucher, sono quelle dove è più alta la disoccupazione ed...il lavoro nero. Anche questo un caso?

Quale che siano le risposte, la soluzione trovata con il Jobs Act di innalzare il tetto a 7 mila euro, non farà altro che cannibalizzare sempre di più potenziali rapporti di lavoro subordinato attraverso l'utilizzo di questo poco tutelante (per il lavoratore) istituto che nel tempo produrrà, inevitabilmente, pensioni minime,  instabilità lavorativa, bassa professionalità, e, soprattutto, un "buco fiscale" nelle casse dello Stato ed un indebolimento del sistema di sostegno al reddito (i voucher sono esentati dal contributo per indennità disoccupazione e non danno diritto ad essa).

E' chiaro che se il trend di crescita del lavoro accessorio continuerà con queste percentuali di aumento, la politica in primis, dovrebbe porsi il problema di come rimediare ai futuri danni socio-occupazionali e di scarsa crescita che produrrà il massiccio ed incontrollato utilizzo del voucher.

La UIL, attraverso questo Studio, cerca di dimostrare come questa crescita costante e rapida si concretizzi. Vogliamo contribuire non con slogan, ma con una attenta analisi ad una riflessione politica, il Governo, il legislatore e le stesse imprese al fine di ragionare come meglio regolare uno strumento che, se portato fuori controllo (come sembra stia avvenendo), rischia di alterare ogni equilibrio tra necessaria flessibilità, per le imprese, e tutele essenziali e minime per chi lavora.

Il Governo ha una occasione d'oro: la revisione dei decreti attuativi del Jobs Act che deve fare entro un anno dall'entrata in vigore della Legge. Ebbene, si potrebbe intervenire su più aspetti: tracciabilità "vera" dei buoni-lavoro, comunicazione precisa di inizio e fine del lavoro, riduzione del tetto massimo di utilizzo da parte delle imprese, esclusione di alcuni settori che già oggi hanno strumenti ultra flessibili in tema di rapporti di lavoro.

DOCUMENTI COMPLETI IN ALLEGATO.

Guglielmo Loy  - Segretario Confederale UIL

Febbraio 2016

Studio curato da Antonella P.

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Martedì, 06 Ottobre 2015 11:00

Voucher: il sistema dei buoni lavoro

Cosa sono

I buoni lavoro (o voucher) rappresentano un sistema di pagamento che i datori di lavoro (committenti) possono utilizzare per remunerare prestazioni di lavoro accessorio, cioè quelle prestazioni di lavoro svolte al di fuori di un normale contratto di lavoro in modo discontinuo e saltuario.

Quali sono i vantaggi

Per il prestatore

Il compenso è esente da ogni imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato. E', inoltre, cumulabile con i trattamenti pensionistici, secondo la normativa vigente ed è riconosciuto ai fini pensionistici.

Per il committente

Il committente può beneficiare di prestazioni nella completa legalità, con copertura assicurativa INAIL in caso di eventuali incidenti sul lavoro, e senza dover stipulare alcun tipo di contratto.

Cosa assicurano

Attraverso i 'buoni lavoro' (voucher) è garantita la copertura previdenziale presso l'INPS e quella assicurativa presso l'INAIL, per il 2014, nei limiti di 5.050 euro nette (6.740 € lorde) per prestatore, con riferimento alla totalità di committenti, nel corso di un anno solare o, nel caso di prestatori che percepiscono misure di sostegno al reddito, di 3.000 euro nette (4.000 € lorde) complessive nell'anno solare.

N.B.: in accordo con il Ministero del lavoro, per la regolamentazione del lavoro accessorio per anno solare si intende il periodo ' 1 gennaio – 31 dicembre '.

Nel caso di committente imprenditore commerciale (cioè un soggetto, persona fisica o giuridica, che opera sul mercato per la produzione, commercializzazione o gestione di beni e servizi), o libero professionista, il limite economico diventa per il 2014, di 2020 euro nette (pari a 2690 € lorde) fermo restando il limite complessivo di 5050 € nette.

I buoni lavoro hanno un valore di 10 euro ciascuno, che comprende la contribuzione in favore della Gestione separata dell'Inps (13%), l'assicurazione all'Inail (7%) e un compenso all'INPS per la gestione del servizio. Il valore netto favore del prestatore è di 7,50 euro.

Il voucher da 10 euro corrisponde al compenso minimo di un'ora di prestazione, salvo che per il settore agricolo, dove, in ragione della sua specificità, si considera il contratto di riferimento.

L'utilizzo dei buoni lavoro regolamenta il rapporto diretto tra prestatore e utilizzatore finale.

Non danno diritto alle prestazioni di malattia, maternità, disoccupazione e assegni familiari.

Chi può utilizzarli

- famiglie,

- aziende,

- imprese familiari,

- imprenditori agricoli,

- imprenditori operanti in tutti i settori;

- soggetti non imprenditori

- enti senza fini di lucro,

- committenti pubblici.

Per quali lavori e settori di lavoro

E' possibile utilizzare i buoni lavoro in tutti i settori di attività e per tutte le categorie di prestatori.

Fa eccezione il settore agricolo in cui il lavoro accessorio è ammesso per:

 aziende con volume d'affari superiore a 7.000 euro esclusivamente tramite l'utilizzo di specifiche figure di prestatori (pensionati e giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'università) e - per l'anno 2014 - soggetti percettori di misure di sostegno al reddito, per lo svolgimento di attività agricole di carattere stagionale;

 aziende con volume d'affari inferiore a 7.000 euro che possono utilizzare qualsiasi soggetto in qualunque tipologia di lavoro agricolo, anche se non stagionale purché non sia stato iscritto l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

I prestatori possono essere

- pensionati

(titolari di trattamento pensionistico in regime obbligatorio)

- studenti

(giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l'Università o istituto scolastico di ogni ordine e grado e con almeno 16 anni di età e, se minorenni, previa autorizzazione del genitore o di chi esercita la potestà. Inoltre, in caso di esposizione dei minori ad attività a rischio - in particolare, nei settori dell'industria e dell'artigianato manifatturiero - va presentato il certificato medico di idoneità al lavoro).

I giovani studenti possono accedere al lavoro accessorio per attività rese nell'ambito di qualsiasi settore produttivo il sabato e la domenica di tutti i periodi dell'anno, oltre che nei periodi di vacanza.

I "periodi di vacanza" si riferiscono a:

a) "vacanze natalizie" il periodo che va dal 1° dicembre al 10 gennaio;

b) "vacanze pasquali" il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo il lunedì dell'Angelo;

c) "vacanze estive" i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre;

Gli studenti iscritti ad un ciclo regolare di studi universitari possono svolgere lavoro accessorio in qualunque periodo dell'anno.

- percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito in tutti i settori produttivi nel limite massimo di 3.000 euro nette per anno solare, possono prestare lavoro accessorio i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (cassintegrati, di indennità di disoccupazione ASpI, disoccupazione speciale per l'edilizia e i lavoratori in mobilità).

- lavoratori part-time

I prestatori appartenenti a queste categorie possono svolgere prestazioni lavorative di natura nell'ambito di qualsiasi settore produttivo, con esclusione della possibilità di utilizzare i buoni lavoro presso il datore di lavoro titolare del contratto a tempo parziale.

- altre categorie di prestatori inoccupati, titolari di indennità di disoccupazione Mini-ASpI e Mini-ASpI 2012, disoccupazione speciale per agricoltura, lavoratori dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi.

Si evidenzia che il ricorso all'istituto del lavoro accessorio non è compatibile con lo status di lavoratore subordinato (a tempo pieno o parziale), se impiegato presso lo stesso datore di lavoro titolare del contratto di lavoro dipendente (Rif. Circolare INPS n. 49/2013).

- lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti in Italia

possono svolgere attività di lavoro di tipo accessorio se in possesso di un permesso di soggiorno che consenta lo svolgimento di attività lavorativa, compreso quello per studio, o - nei periodi di disoccupazione – se in possesso di un permesso di soggiorno per "attesa occupazione". Il compenso da lavoro accessorio viene incluso ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, caratterizzandosi per la sua funzione esclusivamente integrativa.

Le attività di lavoro accessorio, da sole, non consentono né il rilascio né il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Dove si acquistano

1- presso le sedi INPS territoriali;

2- presso i tabaccai che aderiscono alla convenzione INPS - FIT, visualizzabili tramite apposite vetrofanie e tramite servizio internet Banking Intesa Sanpaolo;

3- attraverso procedure telematiche (c.d. buono lavoro virtuale), accedendo al sito www.inps.it;

4- presso le banche popolari abilitate;

5- presso gli uffici postali di tutto il territorio nazionale.

1) Se si sceglie l'INPS

Occorre informarsi presso la sede INPS di riferimento in merito alla disponibilità dei buoni che si intende acquistare. Verificata la disponibilità, si potrà effettuare il versamento del relativo importo su conto corrente postale 89778229 intestato a "INPS DG LAVORO ACCESSORIO", la cui ricevuta andrà esibita presso l'INPS, al fine di ritirare i voucher.

2) Se si sceglie il tabaccaio

Occorre presentare la Tessera Sanitaria definitiva del committente oppure il tesserino del codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate. Per l'acquisto dei voucher (indipendentemente dal loro numero) è previsto il versamento della commissione di 1 euro al rivenditore autorizzato. E' possibile acquistare in una sola operazione fino a 1.000€ di buoni lavoro e in un'unica giornata fino a 2.000 € di buoni lavoro.

I voucher sono disponibili con il valore di 10 € o in formato 'multiplo' fino ad un valore di 500 €.

Se si sceglie internet Banking Intesa Sanpaolo

I "buoni lavoro" si possono acquistare tramite il servizio internet banking delle Banche del gruppo Intesa Sanpaolo e riscuotere in contanti presso la rete delle tabaccherie convenzionate con Banca ITB.

Il servizio internet banking di Intesa Sanpaolo consente al datore di lavoro di acquistare il numero dei buoni di cui ha bisogno, di qualsiasi importo fino a 500 €, di addebitarne il costo sul proprio conto corrente e di effettuare direttamente la stampa dei voucher.

I lavoratori, potranno riscuotere i buoni in contanti presso le tabaccherie abilitate.

3) Se si sceglie la procedura telematica

E' necessaria anzitutto la registrazione del committente (datore di lavoro) presso l'Inps:

- chiamando il Contact Center INPS/INAIL al numero gratuito da numero fisso 803.164 oppure da cellulare al n. 06164164, con tariffazione a carico dell'utenza chiamante;

- su Internet, se si è in possesso del codice PIN, tramite il sito www.inps.it nella sezione Servizi On Line/Per il cittadino/Lavoro accessorio;

- presso tutte le sedi INPS;

- tramite le Associazioni di categoria dei datori di lavoro.

Anche il prestatore deve registrarsi tramite:

- il Contact Center INPS/INAIL al numero gratuito da numero fisso 803.164 oppure da cellulare al n. 06164164, con tariffazione a carico dell'utenza chiamante;

- le sedi INPS;

- Internet, tramite il sito www.inps.it nella sezione Servizi On Line/Per il cittadino/Lavoro accessorio;

Una volta effettuato l'accreditamento, il committente dovrà versare, prima dell'inizio della prestazione, il valore complessivo dei buoni (virtuali) che verranno utilizzati, con una delle seguenti modalità:

- tramite modello F24;

- con versamento su conto corrente postale 89778229 intestato a INPS DG LAVORO ACCESSORIO, da registrare presso la Sede INPS Provinciale;

- direttamente on line collegandosi al sito www.inps.it, nella sezione Servizi OnLine/Portale dei pagamenti/Accedi al portale/Lavoro accessorio.

4) Se si scelgono le banche popolari abilitate:

Il committente acquista i voucher presentando presso lo sportello bancario il proprio codice fiscale (mediante Tessera Sanitaria definitiva o tesserino del codice fiscale rilasciato dall'Agenzia delle Entrate).

Per l'acquisto dei voucher (indipendentemente dal loro numero) è dovuta una commissione di 1 Euro da versare allo sportello bancario in fase di emissione. .

I buoni lavoro sono disponibili con il valore di 10 Euro o in formato 'multiplo' fino ad un valore di 500 Euro.

E' possibile acquistare in una sola operazione fino a 5.000 Euro di buoni lavoro

5) Se si scelgono gli uffici postali:

Presso tutti gli uffici postali sono in vendita buoni lavoro del valore nominale di 10 €, o buoni multipli del valore nominale di 20 € e 50 €, disponibili in carnet di 25 buoni.

Il committente/datore di lavoro acquista i buoni lavoro (in contanti o tramite Postamat) presentando la tessera sanitaria per la lettura del codice fiscale oppure comunicando la partita IVA della società.

E' previsto un limite giornaliero di acquisto di 5.000 € lordi.

Per l'acquisto dei voucher è previsto il versamento all'ufficio postale della commissione di 2,50 € + IVA per la singola operazione di emissione dei buoni lavoro , fino ad un massimo di 25 voucher (equivalenti ad un carnet).

Cosa si deve fare prima dell'inizio della prestazione lavorativa

Prima dell'inizio della prestazione di lavoro (anche il giorno stesso purché prima dell'inizio dell'attività lavorativa), il Committente deve effettuare la comunicazione obbligatoria, direttamente all'INPS, esclusivamente in modalità telematica, qualunque sia il canale di acquisizione dei buoni lavoro.

L'INPS trasmette in tempo reale all'INAIL le comunicazioni ricevute, concernenti anche le variazioni, nel rispetto della normativa vigente relativa al trattamento dei dati personali garantendo qualità e completezza di ogni informazione di cui all'art. 5, comma 1, del DM 12/3/2008.

1. Telefonando al Contact Center INPS-INAIL al numero gratuito da numero fisso 803.164 oppure da cellulare al n. 06164164, con tariffazione a carico dell'utenza chiamante;

2. Collegandosi al sito www.inps.it e attivare la connessione alla pagina Lavoro accessorio;

3. Andando in una sede INPS.

La mancata comunicazione all'INPS/INAIL prevede l'applicazione della 'maxisanzione', di cui all'art. 4, comma 1, lett. a), della Legge n.183/2010 (c.d. 'Collegato Lavoro'), come indicato nella Circolare INPS n. 157 del 7/12/2010.

Inoltre, il committente ha l'obbligo di verificare il non superamento del limite economico da parte del prestatore. A tal fine, dovrà richiedere al prestatore una dichiarazione in ordine al non superamento degli importi massimi previsti, riferita sia ai voucher riscossi nell'anno solare che a quelli ricevuti dallo stesso o da altri committenti e non ancora riscossi.

L'acquisizione di tale dichiarazione costituisce elemento necessario e sufficiente ad evitare, in capo al datore di lavoro, eventuali conseguenze di carattere sanzionatorio.

Dove si riscuotono i Buoni Lavoro

I buoni lavoro acquistati presso l'INPS sono riscuotibili presso gli uffici postali entro 2 anni dal giorno dell'emissione.

I voucher acquistati presso i tabaccai sono riscuotibili presso il circuito dei tabaccai abilitati mentre quelli acquistati presso le banche sono riscuotibili esclusivamente all'interno del medesimo circuito bancario; entrambi sono riscuotibili, entro 1 anno dal giorno dell'emissione, dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione di lavoro accessorio.

I voucher acquistati presso gli Uffici Postali sono riscuotibili presso gli uffici postali, dal secondo giorno successivo alla fine della prestazione di lavoro, entro 2 anni dal giorno dell'emissione.

Il prestatore per riscuotere deve presentarsi, alle Poste, dal tabaccaio o agli sportelli bancari con la propria Tessera Sanitaria o il tesserino del codice fiscale e – ove richiesto – con un documento di identità valido.

Dove si chiede il rimborso dei Buoni Lavoro non utilizzati

Se il Committente non utilizza i buoni lavoro acquistati può chiedere, a seconda della modalità di acquisto dei buoni lavoro, il rimborso presso le sedi dell'INPS, presso il tabaccaio o presso le Banche Popolari abilitate.

Cosa si fa in caso di furto o smarrimento dei voucher

In caso di furto o smarrimento, è necessario preliminarmente effettuare la denuncia alle Autorità competenti. Recandosi in una sede INPS con la denuncia, il committente e il prestatore possono segnalare il furto o lo smarrimento e ricevere assistenza. Gli operatori del Contact Center o delle Sedi INPS assicureranno la necessaria assistenza.

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Per informazioni più dettagliate consultare il sito www.inps.it/Informazioni/Lavoro accessorio-Area dedicata oppure Home > Come fare per > Utilizzare i buoni lavoro.

Leggi e scarica l'intero vademecum presente in allegato.

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