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Con l'approvazione, da parte del Senato, della "Manovrina" economica, prende il via il nuovo strumento sostitutivo del voucher/buono lavoro (abrogato dalla L. 49/2017), denominato "Prest0".

Tale norma racchiude la disciplina del nuovo istituto che si sostituisce, all'abrogato "lavoro accessorio" (voucher/buono lavoro).

Il nomen iuris con cui si è pensato di definirlo, non è del tutto originale nel nostro ordinamento, dal momento che va sotto la dizione di "prestazione occasionale". Ed è proprio su questa espressione e su ciò che la stessa implica, che verterà questa nostra riflessione.

Il legislatore ha inteso sopperire, attraverso una rinnovata e più stringente disciplina, al vuoto normativo prodotto dal venir meno dei voucher. L'intento ambizioso, e per noi condivisibile, che ha spinto verso la costituzione di questo nuovo strumento normativo, è stato essenzialmente quello di governare e regolamentare, evitando abusi ed distorsioni applicative, prestazioni di brevissima durata caratterizzate dalla straordinarietà ed eccezionalità della prestazione lavorativa.

Il tutto è avvenuto attraverso:

-un meccanismo di differenziazione soggettiva a seconda che la domanda di lavoro provenga da un utilizzatore privato (inteso come "famiglia") o da "altro" utilizzatore (espressione che racchiude sia il mondo dei professionisti, pubblica amministrazione e datori di lavoro che svolgono attività commerciale), a cui segue una diversa modalità di attivazione dell'istituto (rispettivamente "Libretto Famiglia" e "Contratto di prestazione occasionale") ed un diversificato importo orario netto della prestazione (nel primo caso pari ad €8, nel secondo ad €9)

-apposita "piattaforma informatica Inps" per attivare prestazioni occasionali ed erogare e accreditare compensi

-l'introduzione, che non ha precedenti nell'istituto del voucher, di un tetto massimo annuo (presumibilmente "netto" anche se il testo non lo cita) di compenso erogabile da parte dell'utilizzatore indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro (€ 5.000)

-un compenso massimo percepibile dal prestatore di lavoro pari ad € 5.000 (con i voucher tale tetto era pari ad € 7000), indipendentemente dal numero degli utilizzatori

-una soglia massima di compenso annuo che ciascun utilizzatore può erogare al singolo prestatore di lavoro, pari ad €2.500, importo corrispondente ad una durata massima di 280 ore di lavoro l'anno

-una restrizione (rispetto al vecchio buono-lavoro) del campo di applicazione oggettivo, vietando l'utilizzo dello strumento in alcune attività ed in base all'organico aziendale (quando gli utilizzatori abbiano alle proprie dipendenze più di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato; nel caso di imprese di edilizia ed affini; imprese che svolgono attività di escavazione e/o lavorazione di materiali lapidei; imprese del settore delle miniere, cave e torbiere; esecuzione di appalti di opere e servizi; in agricoltura con alcune eccezioni)

-un obbligo di comunicazione, da parte dell'utilizzatore (professionista, datore che svolga attività commerciale, P.A.), almeno 1 ora prima dell'inizio della prestazione, di alcuni elementi identificativi i soggetti, durata e luogo della prestazione, il tutto attraverso la piattaforma informatica Inps.

Queste alcune delle principali novità, ma qui vorremmo porre l'accento su due criticità che riteniamo debbano essere oggetto di accurata riflessione, soprattutto da parte del legislatore, per evitare che ciò che si voleva scongiurare attraverso l'adozione di questo istituto (e più precisamente contrasto lavoro nero e sostituzione di rapporti di lavoro subordinato), possa continuare ad essere, purtroppo, praticabile.

La prima perplessità riguarda la tempistica con cui l'utilizzatore può procedere alla "revoca" di una precedente comunicazione di inizio prestazione occasionale laddove non ne abbia più bisogno. L'estensore della norma, stabilisce che la revoca dovrà essere comunicata all'Inps "entro i 3 giorni successivi al giorno programmato di svolgimento della prestazione".

A nostro dire, tale arco temporale rischia di generare situazioni di lavoro nero/grigio. Sarebbe, quindi, opportuno intervenire con una correzione legislativa che, mutuando il meccanismo di comunicazione preventiva di inizio prestazione lavorativa, disponga una comunicazione di revoca "anticipata" rispetto al giorno programmato di svolgimento della stessa.

Lo stesso legislatore, nell'approvare la norma su descritta, ha ritenuto necessario approvare un ordine del giorno che impegna il Governo a far sì che, attraverso la piattaforma informatica Inps, venga garantita la tracciabilità della prestazione in ogni fase della stessa, anche attraverso la possibilità di attestazione del suo effettivo svolgimento al termine di ogni giornata di lavoro programmata; che, sulla base dell'elaborazione dei dati raccolti attraverso la piattaforma informatica, vengano predisposti piani di controllo e protocolli di accertamento amministrativi ed ispettivi utili a contrastare ogni forma di abuso, anche mediante la rilevazione di appositi indicatori di anomalia nella frequenza del ricorso alla revoca, con particolare riferimento ai settori e ai prestatori più sensibili; e, più in generale, ad assicurare un continuativo monitoraggio delle attività lavorative occasionali anche ai fini della relazione da rendere annualmente al Parlamento su tale istituto, previo confronto con le parti sociali.

A tale criticità ne va aggiunta un'altra che potrebbe rischiare di decontrattualizzare, con conseguente perdita di diritti e misure di sostegno al reddito, soprattutto i lavoratori stagionali impiegati, in via prevalente, nei settori del turismo e servizi.

Qui è d'obbligo un passaggio sul concetto di "occasionalità" contenuto nel nomen iuris di questo nuovo istituto. E' noto come, nel nostro ordinamento, il concetto di "occasionalità" sia già presente in diverse tipologie contrattuali (collaborazione occasionale, lavoro autonomo occasionale di cui all'art. 2222 c.c.), tutte ricollegabili ad uno status di "autonomia" del prestatore di lavoro.

Oggi a tali istituti giuridici, si aggiunge anche quello delle c.d. "prestazioni occasionali" che sembrano, anch'esse, ricollegarsi più ad una natura "autonoma" che subordinata del rapporto di lavoro. Ciò maggiormente evidente con riferimento a prestazioni, la cui attivazione passerà per un "contratto di prestazione occasionale" (c.d. "PrestO"), rese nei confronti di utilizzatori non ravvisabili come famiglie. Più chiara tale natura, se consideriamo che ai prestatori di lavoro, dei quali la disposizione sopra citata elenca alcuni diritti, non se ne contempla la Naspi.

La questione è quindi quella di comprendere quale sia l'impatto che tale nuova disciplina potrebbe comportare soprattutto per determinate categorie di lavoratori. Ci riferiamo, in particolare, a tutti quei lavoratori che, prevalentemente nel settore del turismo, lavorano in maniera "sistematica" e "stabile", seppur in periodi caratterizzati da stagionalità, nello svolgimento di "attività di tipo abituale e prevalente" nell'ambito della gestione e del funzionamento dell'impresa (quali potrebbero essere, a mero titolo esemplificativo, quelle prestate in un albergo piuttosto che in uno stabilimento balneare). Quello che temiamo è che, dal combinato disposto derivante dal tetto annuo di compenso erogabile dall'utilizzatore al singolo prestatore (€2.500 netti nell'anno civile) e dall'assenza delle dovute misure di sostegno al reddito, si potrebbe avere un effetto non positivo per il lavoratore.

In tutti questi ed altri casi, in cui non è ravvisabile una "occasionalità" dell'attività svolta, riteniamo che non debba rendersi applicabile tale nuovo istituto, che rischierebbe di sostituirsi a rapporti di natura subordinata già regolati e tutelati (in tutti i loro aspetti, comprese misure di sostegno al reddito in caso di assenza di rapporto di lavoro) dalla contrattazione collettiva.

Per meglio comprendere il perché riteniamo che alcune attività, quali quelle svolte dagli stagionali, dovrebbero restare escluse da tale nuova disciplina, citiamo ciò che il Ministero del lavoro, con la Circolare n.37 del 10.06.2013, ha definito per "attività occasionale": "quella caratterizzata dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituale e prevalente nell'ambito della gestione e del funzionamento dell'impresa" .

Ne consegue, a nostro avviso, che permane anche nel nuovo dispositivo normativo, la distinzione tra lavoro occasionale e lavoro "ordinario". In sostanza, chi utilizza prestatori d'opera con continuita' e nell'ambito di attività riconducibili alla ragione sociale d'impresa, dovrebbe incorrere, nel caso di utilizzo di "PrestO", nelle sanzioni previste dal dettato normativo. A titolo esemplificativo, si può ragionevolmente sostenere che un bagnino non  potrà essere retribuito con "PrestO" da un gestore di stabilimento balneare.

15 Giugno 2017

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COMUNICATO STAMPA DELL'ESECUTIVO NAZIONALE

Si è svolta la riunione dell'Esecutivo nazionale della Uil. All'ordine del giorno, tra gli altri temi, anche la questione dei voucher.

Dalla discussione è emersa la preoccupazione che l'argomento possa trasformarsi in un'occasione di scontro politico.

La Uil, invece, ritiene che la vicenda debba essere analizzata nel merito e che le soluzioni da adottare debbano andare nella direzione già suggerita, a suo tempo, nel corso della campagna referendaria. Nonostante la decisione del Governo sia stata inopportunamente tranchant, non sarebbero assolutamente accettabili scelte che reintroducessero surrettiziamente la disciplina appena superata. I voucher erano degenerati in un cancro per il lavoro e per l'economia ed è giusto che siano stati aboliti, proprio a causa della loro inaccettabile trasformazione. Al contempo, però, ora, non si possono sostenere opzioni nettamente intransigenti e del tutto contrarie a possibili nuove specifiche regolamentazioni.

La totale cancellazione dei voucher, infatti, ha lasciato senza alcuna minima tutela l'ampio spazio dei lavori realmente occasionali ed eccezionali svolti, in particolare, dai giovani studenti, dai pensionati o dai cassaintegrati di lungo corso.

Serve un nuovo strumento da utilizzare in casi ben definiti e determinati escludendo del tutto, ad esempio, il settore manifatturiero. Si tratta, dunque, di applicare il nuovo istituto ai lavori svolti al servizio della famiglia (ad esempio, lavori di cura e di assistenza, sporadici e saltuari, ad anziani o a bambini o a studenti), ad alcuni casi ben individuati nel settore dell'agricoltura e, come già detto, comunque, a situazioni di occasionalità ed emergenza.

In sostanza, il vero antidoto all'abuso consiste non solo nel limitare ad alcuni settori l'uso del nuovo strumento, ma anche nell'introdurre due regole fondamentali: un tetto annuo per le aziende (che prima non era previsto) e un taglio minimo di almeno 4 ore per garantire una retribuzione dignitosa.

L'Esecutivo nazionale della Uil, pertanto, invita il Governo e il Parlamento a non procedere all'emanazione di nuovi provvedimenti senza tenere conto di questi principi di buon senso e di merito e, inoltre, a confrontarsi costantemente con le parti sociali per evitare scelte che, oltre a gravare sul clima sociale e politico, siano inefficaci o non risolutive.

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Lo scorso 20 aprile è stata pubblicata in G.U. la Legge 49/2017 di conversione del D.L. 25/2017 concernente l'abrogazione del lavoro accessorio e la modifica delle disposizioni sulla responsabilità solidale negli appalti.

Circa l'abrogazione del lavoro accessorio, viene previsto un periodo transitorio in cui i voucher richiesti precedentemente al 17 marzo 2017, potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017.

Nell'articolo 2 della citata legge, viene inoltre ripristinata, in tema di appalti,  la responsabilita' solidale, direttamente in capo al committente, oltre all'abrogazione della deroga concessa ai CCNL di verifica e controllo della regolarita' complessiva degli appalti, stabilendo la possibilita' immediata di ricorso giuridico, da parte del lavoratore, per l'ottenimento di quanto dovutogli.

Vi informiamo che sul tema della nuova disciplina dei controlli a distanza (art 4 L.300/70), è recentemente intervenuto il Garante della Privacy che, nella valutazione di un caso specifico relativo all'installazione di un sistema di localizzazione (GPS), ha ribadito che, ai fini del legittimo trattamento dei dati personali connesso alla installazione di un sistema dotato di una funzionalità di localizzazione satellitare dei veicoli aziendali tramite GPS,  vi è la necessità di un accordo sindacale. Nel provvedimento del Garante si legge che "Gli scopi perseguiti con l'installazione del sistema,  considerata la loro riconducibilità a finalità organizzative e produttive nonché legate alla sicurezza del lavoro e alla tutela del patrimonio aziendale conformemente a quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (come modificato dall'art. 23, d. lgs. 14.9.2015, n. 15) risultano in termini generali leciti anche alla luce della normativa di settore in materia di controlli a distanza dei dipendenti. Nel caso di specie, infatti, il sistema di localizzazione dei veicoli non è direttamente preordinato all'esecuzione della prestazione lavorativa, con conseguente applicazione del menzionato articolo 4, comma 1 (si veda sul punto, in senso conforme, la circolare n. 2 del 7 novembre 2016 dell'Ispettorato nazionale del lavoro, ai sensi della quale: "in linea di massima e in termini generali [...] i sistemi di geolocalizzazione rappresentano un elemento «aggiunto» agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l'esecuzione dell'attività lavorativa").

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Il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha concluso i lavori della Conferenza di Organizzazione della Uiltemp. Rivolgendosi alla platea, composta nella stragrande maggioranza da delegate e delegati molto giovani, Barbagallo ha detto: "Voi siete una categoria di frontiera, la squadra 'primavera' della Uil". Il leader del Sindacato di via Lucullo, poi, è tornato sulla vicenda voucher e ha commentato le voci sulle possibili soluzioni alternative che sarebbero già all'attenzione del legislatore. Secondo alcune indiscrezioni giornalistiche, si starebbe ragionando su un modello simile ai cosiddetti mini job tedeschi.

«Non sappiamo quanto sia fondata questa ipotesi e, comunque, andrà verificata con la massima attenzione. Il nuovo strumento, infatti - ha sottolineato Barbagallo - dovrà essere adottato per situazioni e in forme specifiche e ben individuate, al solo fine di evitare che alcune attività restino del tutto prive di una seppur minima tutela e che tornino nel nero».

Roma, 7 aprile 2017

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In allegato vi tramettiamo il 4° rapporto UIL sui voucher con una analisi del 2016 (voucher venduti) con dati Nazionali, Regionali, Provinciali compreso un primo monitoraggio sulle prime 5.000 imprese utilizzatrici del "buono lavoro".Nello studio, inoltre,  vengono illustrate alcune proposte UIL di modifica normativa sul lavoro accessorio.

In allegato, troverete anche una importante dichiarazione di Carmelo Barbagallo (www.uil.it)  nel quale si invita "la politica" a presentare , celermente, una nuova regolamentazione del lavoro accessorio.

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I voucher sono uno strumento pensato per i lavori occasionali ma nell'ultimo anno ha avuto una diffusione esponenziale in tutti i settori tra cui quello edile. Spesso vengono usati per eludere le norme a difesa delle tutele e dei dirtitti dei lavoratori con lo scopo di abbattare il costo del lavoro. Il Diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Feneal-Uil, Vito Panzarella che ha richiesto insieme agli altri sindacati di categoria l'abolazione senza se e senza ma dei voucher nel settore edile, uno dei comparti più rischiosi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

I voucher negli ultimi anni sono stati usati in modo improprio a discapito dei lavoratori e delle lavoratrici. Come e quanto sono stati usati nel settore edile?

I numeri riguardanti i voucher nelle costruzioni fanno emergere un chiaro abuso di questo strumento utilizzato quasi esclusivamente per aggirare norme e controlli e danneggiare i lavoratori. Dico questo anche in virtù del fatto che il nostro è un settore particolare dove il lavoratore  ha bisogno di un sistema specifico di tutele, che solo il contratto regolare può garantire, per assicurare formazione continua, salute e  sicurezza ai lavoratori in un settore che resta fra i più rischiosi.

Nell'ultimo anno l'utilizzo dei voucher nei settori del terziario, turismo, servizi ed edilizia, ha rappresentato la metà del totale: 70 milioni su 150 voucher venduti. Ma per fornire qualche cifra specifica facciamo riferimento alla relazione annuale dell'Inps dello scorso luglio che registra, nel 2015, 13.813 committenti che hanno pagato con i voucher più di 32mila lavoratori del comparto, con l'emissione di 2,1 milioni di titoli. Considerando poi l'ulteriore aumento complessivo della vendita dei voucher, registrato dalla recente nota congiunta Istat, Inps e Ministero del Lavoro, +34,6% nei primi nove mesi 2016 rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente, il dato andrà rivisto ancora al rialzo.

Cosa comporta a livello pratico la diffusione dei voucher e quali sono le problematiche che la Feneal-Uil sta affrontando?

Quello che viene fuori e che noi denunciamo è l'utilizzo improprio dei voucher in edilizia con effetti ben diversi dall'obiettivo originario con cui erano stati istituiti, e cioè l'emersione dal nero. Succede, infatti, che nella maggior parte dei casi si ricorre ad essi per nascondere abusi e sfruttamento al posto di altre forme di lavoro, che prevedono si maggiori costi e vincoli contrattuali, ma proteggono il lavoratore garantendogli tutele e diritti adeguati alla propria mansione. Il loro utilizzo improprio ha finito per peggiorare le condizioni di un settore già fortemente scosso e danneggiato dalla crisi, aumentando il lavoro irregolare, precario ed insicuro.

Il Governo Gentiloni sta predisponendo la tracciabilità dei voucher con sanzioni fino a 2.400 euro per ogni lavoratore non dichiarato. Lei crede che possa essere una soluzione?

Con la liberalizzazione dei voucher, operata dai vari governi che si sono succeduti e che ne hanno esteso l'utilizzo a tutti i settori, c'è stato un evidente distorsione di questo strumento che necessita di un radicale ripensamento. Non crediamo che la tracciabilità da sola basti, essa va rafforzata attraverso controlli più numerosi ed incisivi, ma non crediamo neanche che essi vadano completamente demonizzati e aboliti in tutti i settori. Sicuramente siamo per l'abolizione dei voucher in edilizia senza se e senza ma, posizione tra l'altro condivisa ultimamente anche dal Ministro Martina e da altri. Da tempo lo sosteniamo e lo abbiamo anche inserito nella piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto dell' edilizia.  Detto ciò sono sicuro che,  riportando i voucher alla loro funzione originaria e limitandone drasticamente l'uso al solo al lavoro occasionale e accessorio, si potrà davvero utilizzarli come uno strumento per contrastare il lavoro nero e regolarizzare una parte di lavori che finirebbero altrimenti nell'illegalità.

E' chiaro che il legislatore deve fare in modo che le leggi non vengano usate per eludere la sicurezza e la tutela dei lavoratori ma c'è, secondo lei, anche una questione di responsabilità dei datori di lavoro?

L'edilizia è da sempre un settore esposto a criminalità  e illegalità e non si può nascondere che molti hanno approfittato della crisi e della situazione di debolezza che ha caratterizzato il settore negli ultimi anni. La crisi difatti non ha solo impoverito il comparto ma lo ha destrutturato ed i cambiamenti introdotti dal governo non hanno aiutato a mantenere la situazione sotto controllo, lasciando piuttosto che degenerasse completamente. In questa situazione di caos, moltissimi hanno trovato diversi modi di elusione, ricorrendo a forme di lavoro alternative al contratto di settore e molto spesso tagliando i costi sulla regolarità e la sicurezza, e lo dimostrano anche i dati sulle morti sul lavoro in edilizia, in aumento e addirittura raddoppiate tra gli over 60. E' necessario, dunque, non lasciare nulla al caso ma intervenire in maniera mirata per eliminare qualsiasi fonte di incertezza che possa fornire un alibi agli imprenditori poco onesti, per tutelare invece i lavoratori e favorire le imprese sane e che rispettano le regole.

Ci potrebbe essere una relazione positiva tra stabilità dei lavoratori, il contrasto al lavoro nero e alla precarietà e il rilancio del settore edile che ha pagato pesantemente le conseguenze della crisi economica? Quali sono le proposte di Feneal-Uil?

L'edilizia resta un settore strategico e di traino per l'economia di un paese e siamo convinti che non possa realmente ripartire senza la giusta attenzione a questi temi che sono per noi centrali. Ne siamo convinti e, insieme a Filca e Fillea, lo abbiamo scritto chiaramente nella nostra piattaforma per il rinnovo del contratto edile, mettendo  al centro la necessità di qualificare il settore attraverso una serie di proposte che portano a compimento il contratto precedente, ma introducono anche nuove norme per migliorare la condizione del lavoratore, fortemente indebolita dalla crisi. Nell'attuale scenario economico non mancano segnali positivi che, pur con contraddizioni, cominciano a stabilizzarsi, e da questi bisogna ripartire sapendo che la vera sfida è qualificare il sistema perché sia in grado di reggere alla nuova domanda di rigenerazione e  messa in sicurezza. Puntiamo ad avere imprese più strutturate, un mercato del lavoro trasparente che premi la regolarità e l'occupazione di qualità ed un sistema della formazione per la sicurezza in grado di qualificare ulteriormente il mercato. Nella piattaforma abbiamo proposto varie misure al fine di evitare gli abusi e garantire il massimo rispetto del contratto di lavoro e la massima diffusione della legalità e della sicurezza contro il dumping contrattuale, in questo senso è per noi fondamentale ripristinare il Durc nella sua formula originaria e passare in breve tempo alla congruità, vietare i voucher in edilizia e prevedere una nuova disciplina per i lavoratori autonomi e i contratti a termine.

Alessia Pontoriero

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Dichiarazione del segretario generale Uila-Uil, Stefano Mantegazza

"Le notizie che arrivano dal Governo sulle modifiche ai voucher sembrano ancora insufficienti a riportare sotto controllo l'utilizzo del lavoro occasionale e saltuario: i paletti fin qui indicati rispetto al numero di giorni e ore, del reddito e della tipologia dei dipendenti per i quali i buoni possono essere utilizzati, non sono risposte utili a contrastare coloro che usano i voucher come salvacondotto. Noi restiamo convinti che sia necessario riportare i buoni lavoro alla loro funzione originaria".

Lo ha detto Stefano Mantegazza, in occasione dell'inaugurazione della nuova sede Uila-Uil-Uimec a Scicli, in provincia di Ragusa, alla quale hanno partecipato anche la segretaria provinciale Maria Concetta Di Gregorio, i componenti del direttivo Uila di Ragusa, i delegati e tutte le categorie della Uil. La nuova struttura garantirà la presenza di due funzionari che offriranno ai lavoratori e ai produttori agricoli pieno impegno e massima professionalità.

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«Vogliamo capire quali sono le sue intenzioni sui voucher: il Governo ci convochi». Il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, partecipa a un'iniziativa organizzata dal PD sul tema «Emergenza Lavoro» e chiama in causa direttamente l'Esecutivo.«Vogliamo che la disciplina sui voucher venga modificata radicalmente. Il Governo - ha ricordato il leader della Uil - era già intervenuto, ma in modo insufficiente tant'è che ha manifestato l´intenzione di apportare altre modifiche: cerchiamo, allora, di stringere i tempi per mettere un freno all´utilizzo distorto dei voucher. Peraltro - ha proseguito Barbagallo - noi siamo  preoccupati perché riteniamo che al prossimo referendum possa non essere raggiunto il quorum o, addirittura che possa maturare una sconfitta dal «Sì». In tal caso, rischieremmo di non poter più discutere di questo argomento: ecco perché mi auguro che Cgil e Cisl concordino con noi nel provare a modificare quelle norme in un confronto con il Governo o per via legislativa, visto che ci sono alcuni disegni di legge già presentati e che possono essere discussi in sede di Commissione parlamentare. Noi - ha concluso Barbagallo - vogliamo tornare alle origini: i voucher devono essere utilizzati solo per i lavori saltuari, occasionali e non per tutte le categorie alle quali, oggi, è esteso».

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E' ormai nota a tutti l'incessante evoluzione normativa del lavoro accessorio che ha prodotto negli anni l'enorme estensione del suo campo di applicazione sia dal punto di vista soggettivo (tipologia di prestatori di lavoro e committenti) che oggettivo (attività d'impiego); ci esentiamo quindi, avendo già riepilogato questo percorso nella precedente audizione, dal ripercorrerla evitando di elencare quali e quanti interventi legislativi sono intervenuti fino ad oggi a determinare l'incessante aumento dei voucher venduti.

Ma non vogliamo porre un problema di incremento "quantitativo" dei voucher - seppur esistente, vistoso e che andrebbe monitorato con attenzione soprattutto per il vistoso gap annuale tra voucher venduti e riscossi - bensì di ciò che, "qualitativamente", si potrebbe celare dietro tale aumento.

Se il buono-lavoro fosse stato e venisse realmente utilizzato per prestazioni di lavoro "occasionali" ed "accessorie", il problema voucher non si sarebbe posto. Ma quando la vendita di voucher, come documentato dai dati che l'Inps pubblica, è enormemente più alta in settori quali il commercio, turismo e servizi (e comunque, il 60% dei voucher sono utilizzati da imprese con dipendenti), piuttosto che per attività d'impiego svolte in ambito privato/familiare, il rischio che la prestazione di lavoro effettuata rientri nell'oggetto sociale dell'azienda, è molto alto. E ciò fa venir meno, nei fatti, il concetto di "accessorietà" della prestazione.

L'attuale normativa permette, inoltre, che l'unico requisito per applicare tale istituto sia quello di natura economica: il compenso annuale del prestatore di lavoro che, stando alle ultime modifiche apportate dal d.lgs 81/2015, non può superare € 7000 netti annui indipendentemente dal numero dei committenti.

Da tale scelta del legislatore, deriva la completa scomparsa della "occasionalità" della prestazione, rendendo pienamente legittimo l'utilizzo di voucher per prestazioni svolte "senza soluzione di continuità" per giorni e mesi fino al raggiungimento del requisito economico di cui sopra.  In pratica il legislatore ha reso maggiormente appetibile il lavoro accessorio rispetto ad una assunzione di natura subordinata.

E' un controsenso, se non una ipocrisia intellettuale, sostenere, a fronte di cospicue risorse stanziate dalla fiscalità generale per incentivare il contratto a tempo indeterminato e contrastare la cattiva flessibilità, che, nel contempo, si permetta un uso (e abuso) indiscriminato del lavoro accessorio.

Delle due l'una. La politica, tutta, deve aver ben chiaro quale è il mercato del lavoro che vuole per i nostri giovani e meno giovani.

E' da tali analisi e riflessioni che partiamo per condividere l'intento restrittivo di molte delle proposte di legge che formano oggetto dell'odierna audizione, condividendo con le stesse il ritorno alla primogenita regolamentazione del 2003 la cui conditio sine qua non per svolgere lavoro con voucher risiedeva nella "occasionalità" ed "accessorietà" della prestazione ed a ben delineati confini soggettivi ed oggettivi di applicazione.

Auspichiamo, quindi, che gli interventi correttivi sul lavoro accessorio mirino ad un ritorno all'originaria normativa in cui, essendo chiara la finalità, erano altrettanto confinati, entro certi limiti, i target di prestatori di lavoro, committenti e attività d'impiego.

Laddove si propendesse per tale ed ottimale restringimento dell'istituto, proponiamo ulteriori correttivi:

prevedere la riduzione da € 7000 a € 2000 del tetto annuo di compenso percepibile dal prestatore di lavoro indipendentemente dal numero dei committenti;

per beneficiari di prestazioni di integrazioni e sostegno al reddito resta il tetto di 3.000 euro.

introdurre, ex novo, un tetto massimo annuo di compenso erogabile da parte del committente indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro che non dovrebbe superare € 2000 l'anno con un massimo di € 500 annue per singolo prestatore.

Crediamo che se la finalità del lavoro accessorio, oggi come ieri, si vuole che resti il contrasto al lavoro nero in alcune sacche di attività dove da sempre implacabilmente si annida, non si può che restringerne fortemente il suo campo di applicazione sia soggettivo, oggettivo ed economico.

Se invece, l'intento è quello di farlo divenire, come nei fatti già sta accadendo in alcuni settori quali turismo, servizi e commercio, un "sostituto" mascherato di rapporti di lavoro subordinati, grazie ai vigenti elementi concorrenziali che lo rendono notevolmente appetibile (esenzione fiscale, bassissimi costi contributivi ed assicurativi), allora le cose cambiano, ma occorre che ci si assuma anche la responsabilità delle forti conseguenze che ciò produrrà in tema di assenza di tutele e diritti per il lavoratore (che verrebbero viceversa garantite dalla contrattazione collettiva di settore) e di minori entrate fiscali nelle casse dello Stato.

In forza di questa critica riflessione, ma consapevoli che il voucher possa essere uno strumento utile anche ad arginare il rischio di lavoro nero in un mercato del lavoro in continua trasformazione, anche tecnologica, in cui esistono "vulnus" regolamentari di alcune prestazioni ancora non definite da un punto di vista normativo, quali ad esempio i lavoretti nella c.d Gig-economy, la nostra proposta è quella di un utilizzo del lavoro accessorio solo in presenza di  "casi del tutto eccezionali e meramente temporanei", anche nei settori caratterizzati da attività d'impresa, ma con forti paletti normativi.

Proponiamo, a tal fine, le seguenti ipotesi di correttivi :

esclusione totale del settore agricolo ;

divieto di utilizzo in appalti per opere e servizi (compresa la somministrazione);

che il singolo voucher corrisponda ad un minimo di 8 ore lavorate;

per il committente, un tetto massimo di 10 giornate l'anno di utilizzo dei voucher, indipendentemente dal numero dei prestatori;

che il singolo committente non possa avvalersi dello stesso prestatore di lavoro per più di 2 giornate di lavoro consecutive;

Strettamente collegata a tale ipotesi di modifica, apportare un correttivo alla disciplina sul lavoro a tempo determinato, nello specifico all'art. 29, comma 2, lett. b) del d.lgs 81/2015, estendendolo a tutti i settori (oltre al turismo ed ai pubblici esercizi) delegando la regolazione alla contrattazione collettiva nazionale.

Cogliamo, inoltre, l'occasione per suggerire un ulteriore correttivo normativo indipendentemente dalla strada che si intende percorre sul lavoro accessorio. Crediamo che l'esiguità della contribuzione INPS per ogni  voucher (pari, attualmente, al 13%), debba vedere, ad importo invariato, una diversa destinazione:  prestazioni sociali piuttosto che ai fini pensionistici.

Inoltre, riteniamo che l'aggio dell'Inps, attualmente pari al 5%, debba essere ridotto ad un 2% destinando il restante ad un aumento delle altre due contribuzioni (per prestazioni sociali e assicurative).

Non si può sottovalutare rispetto alla corretta applicazione dell'istituto, il forte ruolo di vigilante che dovrà avere l'Ispettorato Nazionale del Lavoro al fine di contrastare, anche attraverso le necessarie ed esistenti sanzioni, gli eventuali abusi che, nonostante le modifiche, si potrebbero palesare.

L'efficienza e l'efficacia delle ispezioni potranno essere garantite anche grazie ad un sistema, rinnovato, di comunicazione della prestazione accessoria che renda la stessa veloce, tracciabile e con una connotazione di pluriefficacia nei confronti di tutti gli Enti della pubblica amministrazione preposti alla conoscenza  della stessa.

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Con questo 3° Rapporto, la UIL–Servizio Politiche del Lavoro, intende contribuire, con numeri alla mano, all'annosa questione del lavoro accessorio pagato attraverso i c.d. VOUCHER.

E' un'analisi, quella che proponiamo, che percorre tutti gli anni di effettiva applicazione di questo istituto, fotografando sia la quantità di buoni-lavoro venduti per territorio, sia la consistenza di utilizzo nelle varie attività d'impiego, con una proiezione dei dati per l'ANNO 2016.

Già nei due precedenti Rapporti (rispettivamente di febbraio e maggio del 2016), abbiamo segnalato con preoccupazione che tale istituto può presentare un alto rischio di abuso e distorsioni nell'applicazione reale.

Specificatamente nel 2° Rapporto UIL, abbiamo sviluppato un'analisi sia sulla vistosa tendenza di crescita dell'istituto, sia "dove" (aree territoriali e settoriali) si é manifestato maggiormente tale incremento. Inoltre, abbiamo segnalato che si sta prefigurando non tanto un' emersione dell'economia dei lavoretti, bensì un' immersione di attività regolate da contratti, certamente flessibili, ma sicuramente "garantisti" per il lavoratore in termini di protezione sociale, previdenza, garanzie occupazionali.

La legislazione ha ampliato, volta per volta, la disciplina normativa del lavoro accessorio, sotto il profilo del suo campo di applicazione (soggettivo e oggettivo) conferendo a qualunque tipo di committente (sia esso imprenditore che non) enormi possibilità di utilizzo fino a quella di mascherare, dietro a questo istituto, prestazioni di  natura subordinata. Inoltre, sono mancate da parte della stessa normativa, misure che potessero prevenirne gli abusi.

Dalle scelte che si sono susseguite negli anni (Governi Berlusconi e Monti) era prevedibile lo snaturamento dell'originaria finalità virtuosa dell'istituto: dare legittimità a rapporti di lavoro, occasionali (ogni tanto) e accessori (non insiti nella ragione sociale dell'impresa) che nella stragrande maggioranza dei casi venivano regolati (si fa per dire) informalmente (nero e dintorni).

E così, a fronte dell'altalenanza che negli anni hanno subito tutte le tipologie contrattuali (sia di natura subordinata che autonoma), il lavoro accessorio è stato il solo che è andato aumentando anno dopo anno. Conoscendo ormai quali sono le caratteristiche di questo istituto (tra cui le principali sono la forte concorrenzialità a livello di costo del lavoro, rispetto alla pletora di tipologie contrattuali esistenti e l'assenza di tassazione), il richiamo al suo utilizzo è stato e continua ad essere molto elevato da parte dei committenti. Certamente al  grande numero di persone coinvolte (oltre 1,5 mln) , fa da contraltare un  "fatturato" relativamente basso (costo del lavoro) rispetto al dato generale generato da altre tipologie contrattuali. Tuttavia, è bene segnalare sia che la costante crescita rischia di rendere residuale il buono lavoro, sia che 150 milioni di ore (stima 2016) sono più di un terzo di tutte le ore erogate dal sistema della Somministrazione (agenzie per il lavoro).

Con questo 3° Rapporto, sviluppiamo una nostra proiezione sul 2016 sempre con un' attenta analisi territoriale (regionale e provinciale) e settoriale. La crescita prosegue, a ritmi meno vertiginosi degli ultimi 2 anni, ma ormai il Voucher sembra organicamente e patologicamente entrato nel nostro mercato del lavoro.

In occasione della discussione sulla riforma del Mercato del lavoro e dei decreti attuativi, abbiamo segnalato, in particolare, 2 aspetti: il primo la necessità di evitare le frodi e gli abusi colpendo in particolare chi "copre" con un voucher un rapporto di lavoro pluri-orario (per evitare le sanzioni in caso di controlli), aspetto questo emerso dalla discordanza tra il dato dei voucher venduti e quelli realmente utilizzati.

Il secondo, quello di intervenire radicalmente sulle aree e i settori dove la liberalizzazione dei voucher ha prodotto più danni: industria, edilizia, terziario, servizi e turismo.

Sul primo dei due aspetti il legislatore, questa volta, ci ha in parte dato ascolto correggendo, con il d.lgs 185/2016, il decreto legislativo 81/2015 del Jobs Act. La novità consiste nell'introduzione della tracciabilità dei voucher attraverso l'obbligo per il committente, di comunicare alla direzione del Lavoro, entro 60 minuti prima dell'inizio della prestazione lavorativa, alcuni dati tra cui la data e l'orario di inizio e fine della prestazione resa attraverso i buoni-lavoro. Il mancato rispetto fa scattare una sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Tale comunicazione preventiva è pienamente in vigore dal 17 Ottobre. Per una verifica degli effetti di tale novità è ancora troppo presto e non è detto che ciò provocherà una diminuzione nell'acquisto degli stessi voucher.

Sul secondo aspetto, viceversa, il Governo non ha ritenuto opportuno intervenire e ciò è stato un errore: può provvedere da subito, ascoltando con un ritardo di oltre un anno, le buone ragioni della UIL e del Sindacato.

Infine una riflessione: i voucher sono la punta di un iceberg ben più grande. L'economia dei lavoretti viaggia con altre velocità e sta, sempre più, caratterizzando parte importante della nostra economia. È li, in particolare, che si dovrebbe porre attenzione: il vasto mondo che sta nel mezzo tra il lavoro autonomo (vero) e quello subordinato, caratterizzato da lavori senza regole, con retribuzioni unilateralmente decise dal datore di lavoro e tutele sociali quasi nulle. Ci torneremo.

Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL

ANALISI DEI DATI

Con un aumento previsionale del 26,3% rispetto al 2015, stimiamo che l'anno 2016 si chiuda con un totale di oltre 145 milioni di voucher venduti.

La distribuzione sul territorio vede il 64% dei buoni-lavoro venduti nel Nord (93,2 milioni), e il restante 36% suddiviso quasi equamente tra il Centro (26,3 milioni) ed il Mezzogiorno (25,8 milioni di voucher).

A livello regionale, sulla base delle nostre stime, tra le prime 5 Regioni per quantitativo più alto di voucher venduti nel 2016 troviamo: la Lombardia (27 milioni), il Veneto (18,5 milioni), l'Emilia Romagna (18,2 milioni), Piemonte (11,9 milioni) e la Toscana (10,6 milioni).

Diversa la prospettiva regionale se guardiamo agli aumenti rispetto al 2015: l'incremento più alto in Campania (+43,7%), seguita dalla Sicilia (+39,1%) e dalla Toscana (+32,1%).

Da una stima effettuata a livello provinciale, nelle prime 10 posizioni, per maggior numero di voucher venduti nel 2016 troviamo: Milano (9,8 milioni), seguita da Torino (5,6 milioni), Roma (5,1 milioni), Brescia (4,2 milioni), Bologna (3,9 milioni), Verona (3,8 milioni), Bolzano (3,6 milioni), Venezia e Padova (3,3 milioni) e Treviso (3,2 milioni).

Le 10 province meno "voucherizzate" si trovano tutte nel Mezzogiorno, ad eccezione di Rieti (circa 214 mila voucher).

Dall'analisi condotta per attività d'impiego, oltre il 50% dei voucher del 2016 (pari a 73 milioni) si stimano venduti per prestazioni effettuate in attività a cui la Riforma del 2012 ha esteso il campo di applicazione (industria, edilizia, trasporti, etc.).

Continuando, a seguire c'è il settore del turismo con una previsione di circa 21 milioni di buoni-lavoro venduti nel 2016, il commercio (18,4 milioni) e i servizi (14,9 milioni).

Rapporto completo in allegato, con dati e tabelle.

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