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La lavoratrice madre può essere licenziata solo per colpa grave, non essendo sufficiente una giusta causa di licenziamento prevista nel CCNL per ininterrotta e ingiustificata assenza dal lavoro.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2004 del 26 gennaio 2017 ribadendo il seguente principio di diritto già espresso con la sentenza n. 19912/2011, per il quale: "il divieto di licenziamento della lavoratrice madre è reso inoperante, ai sensi dell'art. 3 lettera a) del d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, quando ricorra la colpa grave della lavoratrice, che non può ritenersi integrata dalla sussistenza di un giustificato motivo soggettivo, ovvero di una situazione prevista dalla contrattazione collettiva quale giusta causa idonea a legittimare la sanzione espulsiva, essendo invece necessario – in conformità a quanto stabilito nella sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 1991 – verificare se sussista quella colpa specificamente prevista dalla suddetta norma e diversa, per l'indicato connotato di gravità, da quella prevista dalla disciplina pattizia per i generici casi d'inadempimento del lavoratore sanzionati con la risoluzione del rapporto. L'accertamento e la valutazione in concreto della prospettata colpa grave si risolve in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logicamente congrua e giuridicamente immune da vizi".

La vicenda, per la quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione, riguarda una lavoratrice, all'epoca dei fatti in gravidanza, alla quale il giudice di appello aveva confermato il licenziamento intimatole dal datore di lavoro per colpa grave, in quanto la condotta della dipendente era riconducibile all'ipotesi del CCNL che sanziona con il licenziamento per giusta causa "l'assenza arbitraria dal servizio superiore a sessanta giorni lavorativi consecutivi", integrando la fattispecie della colpa grave stabilita dall'art. 54, co.3, lettera a) del D.lg. n. 151/2001 quale causa di esclusione del divieto di licenziamento.

La Suprema Corte accoglie il ricorso della lavoratrice e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla stessa Corte di appello la quale si atterrà al principio di diritto espresso.

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