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PERMESSI LAVORATIVI RETRIBUITI LEGGE 104/92

Il Decreto Rilancio ha incrementato di ulteriori 12 giornate il numero di giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa ai sensi della legge 104 del 1992.
Anche per i mesi di maggio e giugno 2020, i permessi retribuiti salgono complessivamente a 18 giorni.
Ai tre giorni mensili riconosciuti in via ordinaria si sommano le ulteriori dodici giornate "straordinarie" da utilizzare nei mesi di maggio e giugno (3 maggio + 3 giugno + 12 aggiuntivi fruibili a scelta tra maggio e giugno = 18 giorni complessivi).
I permessi possono essere fruiti anche a ore.
Per utilizzare tali permessi, se già si fruisce dei permessi ordinari, non è necessario fare una nuova domanda ma è suciente accordarsi con il datore di lavoro o l'amministrazione.
Al personale sanitario il beneficio è riconosciuto compatibilmente con le esigenze organizzative delle strutture.

A CHI SPETTANO


• I lavoratori riconosciuti portatori di handicap grave.
• I lavoratori dipendenti pubblici e privati, genitori di figli disabili gravi.
• Il coniuge, i parenti o affini di persone con grave disabilità entro il secondo grado.
• I parenti o gli affini di terzo grado solo al sussistere di determinate condizioni.

Possono fruire dei permessi lavorativi Legge 104:

• Se il lavoratore è in CIG/FIS con sospensione a zero ore i permessi non vengono concessi, se è in CIG/FIS con riduzione di orario il numero di permessi viene riproporzionato.
• I giorni di permesso aggiuntivi sono concessi anche se l'altro genitore o altro familiare non lavorano.
• I giorni di permesso sono compatibili con il Congedo COVID - 19.
• I permessi sono compatibili con lo svolgimento di attività lavorativa in smart-working.

Si ricorda che:
L'ITAL è a tua disposizione per fornirti tutte le informazioni e l'assistenza necessaria per la corretta presentazione telematica della domanda all'INPS

Pubblicato in Notizie: ITAL Patronato

La Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento di un lavoratore che, in due delle giornate concesse per fruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992, non era mai entrato o uscito dalla propria abitazione tra le ore 6.30 e le 21, non recandosi dunque presso la (diversa) residenza della zia per fornire assistenza.

In sostanza la Suprema Corte condivide la sentenza della Corte di Appello per avere affrontato la questione relativa all'abuso dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104, con motivazione congrua, che contrastava con le giustificazioni del lavoratore di aver prestato regolare assistenza alla zia come era abitudine, a eccezione di alcune ore della giornata, considerato inoltre che lo stesso non aveva mai dedotto di averla assistita in orario precedente le 6.30 o posteriore alle 21.00.

Tale comportamento giustifica il provvedimento espulsivo per il disvalore sociale ed etico della condotta e la compromissione irrimediabile del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente.

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La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8310/2019, si pronuncia ancora una volta sulla legittimità del licenziamento per giusta causa del lavoratore che fruisce indebitamente dei permessi legge 104, per finalità del tutto estranee all'assistenza della persona disabile.

Il caso riguarda il dipendente di un'azienda che in base all'accertamento svolto aveva utilizzato per ben sei volte i permessi per esigenze diverse all'assistenza al padre, considerato che quest'ultimo, dipendente della stessa azienda del figlio, nella fascia oraria dei permessi si trovava in servizio, senza che, peraltro, il lavoratore avesse dedotto "quale attività avrebbe posto in essere in favore del padre durante la fruizione degli stessi".

Infatti - si precisa nella sentenza - l'assistenza al disabile durante i permessi può essere prestata con modalità e forme diverse, anche attraverso lo svolgimento di incombenze amministrative, pratiche o di qualsiasi genere, purché nell'interesse dell'assistito (cfr. Cass. Ord. n. 23891 del 2018). Cosa che invece non si era verificata.

La Suprema Corte rigetta, pertanto, il ricorso del lavoratore, condividendo la decisione della Corte d'appello per avere giudicato proporzionata e adeguata la sanzione espulsiva, in ragione della violazione del principio di buona fede e correttezza sia nei confronti del datore di lavoro sia dell'Ente assicurativo e del disvalore sociale di tale condotta.

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Ancora chiarimenti sulle modalità di fruizione dei permessi ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104/92 e del congedo straordinario retribuito di cui all'articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001.

In particolare l'INPS, con il messaggio n. 3114 del 7/8/2018, fornisce alcune precisazioni  riguardo i tre giorni di permesso mensile che possono essere fruiti in corrispondenza di un turno di lavoro da effettuare nella giornata festiva o di notte. Il permesso fruito va considerato pari ad un solo giorno di permesso.

Nel messaggio si evidenzia che l'articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 prevede la fruizione dei permessi mensili retribuiti "a giornata", indipendentemente, cioè, dall'articolazione della prestazione lavorativa nell'arco delle 24 ore o della settimana e dal numero di ore che il dipendente avrebbe dovuto concretamente effettuare nel giorno di interesse.

Il messaggio inoltre riporta vari casi di rapporto di lavoro per cui i giorni di permesso vanno riproporzionati secondo le formule indicate.

Infine l'INPS tratta del cumulo tra il congedo straordinario (art. 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001) e i permessi legge 104, precisando che è possibile cumulare nello stesso mese, purché in giornate diverse, i periodi di congedo con i permessi (3 giorni di permesso mensili, prolungamento del congedo parentale e ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale), senza necessità di ripresa dell'attività lavorativa tra la fruizione dei due benefici.

Si precisa comunque che la fruizione dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale stesso deve, invece, intendersi alternativa e non cumulativa nell'arco del mese (cfr. circ. INPS n. 155/2010, par. 2.2).

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Il lavoratore, il cui rapporto di lavoro si trasformi in part time verticale, ha diritto a fruire integralmente dei tre giorni di permesso mensile di cui alla legge n. 104/92, solo quando l'orario settimanale comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 22925 del 29 settembre 2017, riguardo il caso di un dipendente al quale l'azienda, dopo la trasformazione del rapporto di lavoro in part-time verticale (con una prestazione lavorativa articolata su quattro giorni a settimana in luogo di sei) aveva illegittimamente riproporzionato i tre giorni di permesso ex art. 33 della legge n. 104 goduti in precedenza, nella misura di due mensili.

La Suprema Corte rigetta il ricorso della società datrice di lavoro, confermando la sentenza della Corte di Appello che l'aveva condannata al risarcimento del danno non patrimoniale.

Si legge nella sentenza che, come rilevato dalla Corte Costituzionale, i permessi di cui alla L. 104/1992 e il congedo straordinario di cui al D.Lgs. n. 151/2001 sono strumenti di politica socio-assistenziale basati sul riconoscimento della cura alle persone con handicap in situazione di gravità prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale ed intergenerazionale. La tutela della salute psico-fisica del disabile, costituente la finalità perseguita dalla legge n. 104 del 1992, richiede anche l'adozione di interventi economici integrativi di sostegno alle famiglie "il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell'assistenza dei soggetti portatori di handicap".

Riguardo la necessità, ben evidenziata dall'azienda ricorrente, di evitare che le particolari modalità di articolazione della prestazione lavorativa nel caso di part time verticale si traducano, quanto alla fruizione dei permessi, in un irragionevole sacrificio per il datore di lavoro, la Cassazione ritiene che tale questione possa essere risolta tenendo conto della necessità di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, anche alla luce del principio di flessibilità concorrente con quello di non discriminazione (tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale), e della esigenza di promozione, su base volontaria, del lavoro a tempo parziale.

Pertanto, appare ragionevole – continua la Suprema Corte - distinguere l'ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time sia articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell'anno e riconoscere, solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l'esigenza di effettività di tutela del disabile, il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto.

In applicazione di tale criterio, rilevato che la prestazione del lavoratore è stata articolata sulla base di un orario lavorativo settimanale pari a quattro giorni su sei, corrispondente a un part time verticale al 67%, la sentenza impugnata deve essere confermata.

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Legge 104. Si possono cumulare i permessi per assistere più persone?

Si, ma a determinate condizioni.

Il lavoratore dipendente ha diritto di prestare assistenza a più persone in situazione di handicap grave a condizione che il familiare da assistere sia il coniuge o un parente/affine entro il primo grado (ad es. genitori, figli).

Qualora l'ulteriore familiare da assistere rientri tra quelli di secondo grado (ad es. nonni, fratelli, sorelle) occorre che i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità, abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Solo al sussistere di questi requisiti si potranno cumulare più permessi.

Esempio: se un lavoratore dipendente assiste il figlio disabile potrà assistere anche una sorella disabile (familiare entro il secondo grado) a condizione che i genitori o il coniuge della sorella abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il lavoratore non potrà mai chiedere il secondo permesso per un parente di terzo grado.

Secondo le indicazioni dell'INPS rivolte ai dipendenti dell'Istituto, il lavoratore che fruisce dei benefici per assistere un familiare di terzo grado, nei casi previsti dalla legge, non può chiedere ulteriori permessi per assistere altri soggetti, salvo rinuncia all'utilizzo dei benefici già concessi.

Quando il familiare disabile risiede in altra località. Documentazione

Quando il lavoratore usufruisce dei permessi per assistere un disabile grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 Km rispetto a quello di propria residenza, deve fornire la prova dei viaggi sostenuti al datore di lavoro (es. ricevuta del pedaggio autostradale, dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata accompagnata, biglietto del mezzo pubblico utilizzato per lo spostamento) o altra documentazione idonea.

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L'INPS, con il messaggio n. 2545 del 20/6/2017, torna ad occuparsi delle unioni civili e delle convivenze di fatto (legge n. 76/2016), riguardo le modalità di presentazione delle domande di permessi previsti dalla legge 104/1992 e del congedo straordinario di cui al D.Lgs. n. 151/2001, per i lavoratori del settore privato.

In particolare l'Istituto comunica che è stata effettuata l'implementazione delle procedure informatiche per la trasmissione on line.

L'aggiornamento delle procedure per l'invio telematico delle domande di legge 104/92 e di quelle di congedo straordinario consente di acquisire le domande degli uniti civilmente e dei conviventi di fatto, per richiedere i giorni di permesso retribuito per assistere la parte dell'unione civile o il convivente di fatto disabile grave, nonché di acquisire le domande degli uniti civilmente per richiedere il congedo straordinario per assistenza alla parte dell'unione civile con disabilità grave.

Precisiamo che il convivente di fatto può usufruire solo dei tre giorni di permesso mensile di cui all'art 3, comma 3, della legge 104/92, essendo compreso tra i soggetti legittimati per l'assistenza alla persona disabile grave, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado, ma non del congedo retribuito biennale che spetta esclusivamente in caso di unione civile.

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Mercoledì, 05 Ottobre 2016 10:27

Licenziamento per uso improprio dei permessi L.104

È legittimo il licenziamento di una lavoratrice (dipendente comunale) per avere utilizzato i permessi di cui alla legge n. 104/1992 per finalità del tutto diverse dall'assistenza alla madre disabile, e specificamente per recarsi a frequentare le lezioni universitarie di un corso di laurea. Fatti che sono risultati dimostrati a seguito dell'attività di osservazione e pedinamento compiuta in quelle giornate.

Lo afferma la Corte di Cassazione la con sentenza n. 17968 del 13 settembre 2016, ribadendo ancora una volta il proprio orientamento sull'uso improprio di questi benefici lavorativi, e confermando la sentenza della corte di appello avverso la quale la lavoratrice era ricorsa.

In conclusione la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto:

"In tema di esercizio del diritto di cui all'art. 33, comma 3, L. 104/92, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un'attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un'assistenza comunque prestata. L'uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva.".

Ricordiamo che possono fruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito, coperto da contribuzione figurativa, i lavoratori dipendenti pubblici e privati, genitori di figli disabili gravi, nonché il coniuge, i parenti e gli affini di persone con grave disabilità entro il 2° grado e gli stessi lavoratori disabili.
I parenti o gli affini di terzo grado hanno diritto ai permessi lavorativi solo al sussistere di determinate condizioni.
I tre giorni di permesso mensile possono essere fruiti anche frazionabili in ore.

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Nel contesto della procedura dei trasferimenti viene riconosciuta, in base all'art. 33 commi 5 e 7 della L. 104/92, richiamato dall'art. 601 del D.L.vo n. 297/94, la precedenza ai genitori anche adottivi o a coloro che esercitano legale tutela del disabile in situazione di gravità, al coniuge e al solo figlio individuato come referente unico che presta assistenza al genitore disabile in situazione di gravità.

La novità contenuta nel punto V dell'art 13/1 del CCNI 2016

Fino allo scorso anno la precedenza per il figlio era sullo stesso piano di priorità rispetto a quella per l'assistenza al coniuge o al genitore. Con il nuovo contratto l'assistenza al figlio precede quella per l'assistenza al coniuge o al genitore.

Pertanto, il genitore (anche adottivo) che assiste il figlio disabile ha una precedenza rispetto al marito che assiste la moglie (o viceversa) e al figlio che assiste il genitore.

Precedenza per assistenza ai fratelli/sorelle

All'interno della precedenza per "assistenza al figlio" c'è la precedenza per assistenza ai fratelli/sorelle.

Qualora entrambi i genitori siano impossibilitati a provvedere all'assistenza del figlio disabile grave perché totalmente inabili, viene riconosciuta la precedenza, alla stregua della scomparsa di entrambi i genitori, anche ad uno dei fratelli o delle sorelle, in grado di prestare assistenza, conviventi di soggetto disabile in situazione di gravità.

Ci sono quindi due vincoli ben precisi per poter fruire di questa precedenza: i genitori devono essere mancanti o totalmente inabili (quest'ultima ipotesi deve ovviamente essere documentata) e il fratello che assiste la sorella (o viceversa) deve necessariamente essere convivente con quest'ultima. È questo l'unico caso in cui per fruire della precedenza la convivenza con il disabile è obbligatoria.

Si riconduce il concetto di convivenza a tutte le situazioni in cui sia il disabile che il soggetto che lo assiste abbiano la residenza nello stesso comune, riferita allo stesso indirizzo: stesso numero civico anche se interni diversi (Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 18 febbraio 2010, prot. 3884.

La connotazione di gravità

Il figlio (assistenza del genitore) può anche avere una connotazione di gravità "rivedibile".

Il coniuge e il genitore devono avere una connotazione di gravità permanente.

Ricordiamo che la connotazione di gravità è l'art 3 comma 3 della legge 104/92.

Il caso del figlio che assiste un genitore in qualità di referente unico

La precedenza viene riconosciuta solo in presenza di tutte le sottoelencate condizioni:

§  documentata impossibilità del coniuge di provvedere all'assistenza per motivi oggettivi;

§  impossibilità, da parte di ciascun altro figlio di effettuare l'assistenza al genitore disabile in situazione di gravità per ragioni esclusivamente oggettive, documentate con autodichiarazione, tali da non consentire l'effettiva assistenza nel corso dell'anno scolastico.L'autodichiarazione rilasciata dagli altri figli non è necessaria laddove il figlio richiedente la precedenza in qualità di referente unico, sia anche l'unico figlio convivente con il genitore disabile. Tale situazione di convivenza deve essere documentata dall'interessato con dichiarazione personale sotto la propria responsabilità, redatta ai sensi delle disposizioni contenute nel D.P.R. 28.12.2000, n. 445, così come modificato ed integrato dall'art. 15, della legge 16 gennaio 2003, n. 3 e dall'art. 15 comma 1 della L. 183/2011.

§  essere anche l'unico figlio che ha chiesto di fruire per l'intero anno scolastico in cui si presenta la domanda di mobilità, dei 3 giorni di permesso retribuito mensile per l'assistenza ovvero del congedo straordinario ai sensi dell'art. 42 comma 5 del D.L.vo 151/2001.

In assenza anche di una sola delle suddette condizioni per il figlio referente unico che assiste un genitore in presenza di coniuge o di altri figli, la precedenza nella mobilità provinciale prevista dalla L. 104/92 potrà essere fruita esclusivamente nelle operazioni di mobilità annuale (assegnazione provvisoria).

Fase comunale, intercomunale, interprovinciale

Nella fase comunale la precedenza è riconosciuta a tutti gli aventi titolo solo se trattasi di comune con più distretti (di solito città metropolitane).

Nella fase intercomunale è riconosciuta a tutti gli aventi titolo.

Nella fase interprovinciale (art. 6 fasi B, C e D) è riconosciuta ai soli genitori, anche adottivi, o a coloro che esercitano legale tutela e ai coniugi del disabile in situazione di gravità, obbligati all'assistenza. Non è riconosciuta al figlio referente unico che assiste il genitore.

Fase comunale e intercomunale: come fruire della precedenza. Quale sede inserire come prima preferenza?

La precedenza è accordata a condizione che il docente abbia espresso come prima preferenza il comune o distretto sub comunale in caso di comuni con più distretti in cui è domiciliato il disabile.

Tale precedenza permane anche nel caso in cui, prima del predetto comune o distretto sub comunale, siano indicate una o più istituzioni scolastiche comprese in essi.

In assenza di posti richiedibili nel comune ove risulti domiciliato il soggetto disabile è obbligatorio indicare il comune viciniore a quello del domicilio dell'assistito con posti richiedibili (Per posto richiedibile si intende l'esistenza nel comune di una istituzione scolastica corrispondente al ruolo di appartenenza dell'interessato, a prescindere dall'effettiva vacanza di un posto o di una cattedra assegnabile per trasferimento al medesimo).

L'indicazione della preferenza sintetica per l'intero comune di ricongiungimento, ovvero per il distretto scolastico del domicilio, per i comuni suddivisi in più distretti, è obbligatoria.

La mancata indicazione del comune o distretto di ricongiungimento preclude la possibilità di accoglimento da parte dell'ufficio della precedenza sia per il comune (o distretto) che per eventuali preferenze relative ad altri comuni, ma non comporta l'annullamento dell'intera domanda.

Pertanto, in tali casi, le preferenze espresse saranno prese in considerazione solo come domanda volontaria senza diritto di precedenza.

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- DICHIARAZIONE PER CHI VOGLIA FRUIRE DEI BENEFICI DI CUI ALLA LEGGE 104/92 (da supportare con certificato medico della Commissione A.S.L. art.4 Legge 104/92 ovvero con certificato provvisorio Legge 243/93

- DICHIARAZIONE PERSONALE SOSTITUTIVA DI CERTIFICAZIONE (art.2 L. 04/01/1968 n.15, art.3 L. 127/97, D.P.R. n.403/98 e art.15 L.12/11/2011 n.183)

Documento da compilare in allegato.

 

 

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