Nel Marzo scorso facemmo un duro comunicato stampa contro il Governo Renzi che trionfalmente commentava la riduzione dei licenziamenti nel 2015, nonostante l'abolizione dell'art.18, e quindi il successo del suo Jobs act.
Ritenemmo prematura ogni analisi su questo argomento, ricordando che il Jobs Act prevedeva sgravi fiscali per i nuovi assunti nei primi 3 anni, pertanto ci sembra ovvio e scontato che le aziende non procedessero a licenziare durante questo periodo. Ed infine prevedemmo il rischio concreto che la maggior qualità dell'occupazione svanisse con il finire della decontribuzione.
I nuovi dati riportati dall'Osservatorio INPS sul Precariato ci stanno dando ragione.
Lo dice in una nota il Segretario Generale della Uil Fpl Giovanni Torluccio.
I contratti a tempo indeterminato in questo semestre 2016 sono calati dell'84% rispetto al saldo positivo dei contratti stabili dei primi sei mesi del 2015. Cala quindi ulteriormente il saldo positivo dei nuovi contratti a tutele crescenti a tempo indeterminato.
Il calo, a partire dal settore privato è da ricondurre al fatto che nel 2015 potevano beneficiare dell'abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni.
Non è con l'abolizione delle tutele ai lavoratori (art.18) che si crea occupazione.
Ma non è avvenuto solo questo. E' doveroso ricordare che sono passate in silenzio le conseguenze nefaste del Jobs Act nei confronti di alcune categorie di lavoratori del terzo settore ma anche nella sanità privata. Pochi sanno che nel solo 2015, (ma sta continuando anche in questo 2016), sono stati migliaia i lavoratori impiegati nei servizi socio-sanitari assistenziali che, a seguito dei vari cambi appalto e quindi nel passaggio da una cooperativa o società all'altra hanno perso le tutele previste dalla legge 300/70 (art.18) stipulando un nuovo contratto seppur con una eventuale continuità lavorativa. L'unica cosa certa del Jobs Act in questo caso specifico è che migliaia di lavoratori,con anni di anzianità di servizio, possono essere estromessi dal mercato del lavoro in qualsiasi momento.
Per questo la Uil Fpl – conclude Torluccio - sottolinea ancora una volta che il Governo Renzi ha prodotto una drastica riduzione delle tutele del lavoratore nell'impresa e la mancanza di una risposta adeguata sul piano della protezione del dipendente estromesso dal mondo del lavoro.
Serve un "intervento normativo di armonizzazione" per applicare la riforma Fornero anche ai lavoratori del pubblico impiego. Lo sottolinea la Cassazione nel verdetto 11868 depositato oggi, sottolineando che la riforma Fornero si applica unicamente al settore privato.
Finchè non interverranno le norme ad hoc, sottolinea la Cassazione, "non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma".
Dunque, per gli statali, in caso di licenziamento illegittimo, scatta la reintegra nel posto di lavoro e non la tutela risarcitoria o indennitaria.
Per i supremi giudici questa conclusione è avvalorata dal fatto che la legge Fornero "per come formulata nell'art. 1,comma 1, tiene conto unicamente delle esigenze proprie dell'impresa privata, alla quale solo può riferirsi la lettera C), che pone una inscindibile correlazione fra flessibilità in uscita ed in entrata, allargando le maglie della prima e riducendo nel contempo l'uso improprio delle tipologie contrattuali diverse dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato". La legge Fornero, inoltre, secondo la Cassazione, "introduce una modulazione delle sanzioni con riferimento ad ipotesi di illegittimità pensate in relazione al solo lavoro privato, che non si prestano ad essere estese all'impiego pubblico contrattualizzato, per il quale il legislatore, in particolar modo con il D.lgs 27.10.2009 n.150, ha dettato una disciplina inderogabile, tipizzando anche illeciti disciplinari ai quali deve necessariamente conseguire la sanzione del licenziamento".
Ad avviso dell'Alta Corte, poi, un'eventuale modulazione delle tutele nel pubblico impiego, "richiede da parte del legislatore una ponderazione di interessi diversa da quella compiuta per l'impiego privato" poichè, come stabilito dalla Consulta, nel settore pubblico ci sono "garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell'interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi". Gli 'ermellini' ricordano che l'art.97 della Costituzione "impone di assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione pubblica".
Soddisfazione è stata espressa dal Segretario Confederale della UIL Antonio Foccillo: " si conferma quello che hanno sempre sostenuto la maggioranza dei giuristi, i rappresentanti sindacali e il ministro Madia, perché i dipendenti pubblici hanno uno status diverso: sono assunti per concorso e sono garanti della cittadinanza e non del datore di lavoro".
SINTESI DELL'INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO UIL, CARMELO BARBAGALLO AL CONGRESSO NAZIONALE DELLA UILM
"Lo sciopero va fatto alla fine e non minacciato periodicamente"
Due milioni di disoccupati dal 2008 ad oggi: è come se ci fosse stata una guerra. Nessuno ha messo in campo provvedimenti per ostacolare la finanziarizzazione selvaggia. Anche la Germania pagherà il prezzo di questa guerra finanziaria.
Renzi deve capire che la flessibilità sul patto di stabilità non serve a niente: per l'occupazione servono investimenti pubblici e privati e le risorse vanno reperite dai 180 miliardi di evasione fiscale, dai 70 miliardi della corruzione, dai 27 miliardi dei costi della politica.
Se si vareranno provvedimenti sul lavoro senza coinvolgere i sindacati, assumeremo iniziative di mobilitazione. Non abbiamo derubricato lo sciopero generale, ma questo va fatto all'ultimo momento e non minacciato periodicamente come fa la CGIL: tutte le volte che la CGIL farà fughe in avanti e la CISL tenterà mediazioni al ribasso, noi diremo "no" a prescindere, perché bisogna evitare di depotenziare la nostra azione.
Vogliamo ridisegnare il Paese: ci vuole stabilità per i giovani e flessibilità per gli anziani. È a questi ultimi che bisogna dare l'opportunità di andare in pensione volontariamente e di dedicarsi ai lavori socialmente utili: i giovani, invece, hanno bisogno di stabilità. Abbiamo bisogno di un sindacato moderno che si confronti sui fatti e non su inesistenti ideologie.
Reggio Calabria, 18/9/2014
IL SEGRETARIO GENERALE BRUNETTO BOCO IN MERITO ALLA PROPOSTA DEL MINISTRO DELL'INTERNO, ANGELINO ALFANO, SULL'ABOLIZIONE DELL'ART.18:
Le dichiarazioni del Ministro dell'interno Angelino Alfano, in merito alla proposta di cancellazione dell'art.18, sono pura propaganda, l'ennesimo tentativo di distogliere l'attenzione da quello che è il reale problema del paese ossia come creare le condizioni per dare nuovo impulso allo sviluppo economico e quindi occupazione.
L'attuale emergenza consiste nel fatto che le aziende attivano procedure di mobilità che hanno come unica conseguenza l'espulsione dei lavoratori dai processi produttivi.
Fermo restando,dunque, la nostra assoluta contrarietà all'abolizione dell'art.18, auspichiamo che il Ministro dell'interno e tutta la compagine di governo si adoperino con strumenti veramente efficaci per risollevare l'economia del paese portandolo al più presto fuori dallo stato di crisi e recessione in cui oggi versa.
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