Telemarketing: con il "numero unico" a rischio migliaia di posti di lavoro È in discussione in questi giorni presso la Camera dei Deputati il disegno di legge, già approvato dal Senato nel mese di agosto, che prevede l'istituzione di un prefisso unico per tutti i call center che operano in outbound. La discussione nasce dalla volontà di arginare una pratica, quella del telemarketing cd. "selvaggio", in cui la mancanza di regole negli anni ha permesso di raggiungere modalità e quantità di telefonate tali da essere percepite dagli utenti come molestie. Riteniamo però che la soluzione individuata sia inadeguata perché non risponde realmente al problema e sbagliata perché mette a rischio circa 25.000 posti di lavoro. Come abbiamo già avuto modo di dire mentre il provvedimento era in discussione in Senato, le cose da fare per tutelare i cittadini dalle telefonate non gradite e al contempo tutelare l'occupazione sono:
- rafforzare il registro delle opposizioni: per essere realmente efficace deve essere maggiormente conosciuto, trasparente nei suoi meccanismi, più facilmente accessibile e gerarchicamente superiore alle eventuali successive autorizzazioni di utilizzo dei dati personali a fini commerciali per un periodo di tempo definito e ragionevolmente lungo, a seguito del quale dovrebbe valere il silenzio-assenso per il rinnovo della propria iscrizione nel registro. Questo meccanismo permetterebbe, una volta andato a regime, di lasciare veramente i cittadini liberi di scegliere se ricevere offerte commerciali o meno e di mettere un freno alla cosiddetta "compravendita delle liste sporche", ovvero la diffusione e l'utilizzo di liste contenenti numeri di telefono contattati già così tante volte da risultare inutili ai fini commerciali e appartenenti a utenti che, subissati dalle telefonate, le ritengono moleste;
- proseguire la lotta contro i contratti pirata: l'insistenza con cui alcuni operatori si rivolgono agli utenti può essere ricondotta in larga parte alle condizioni in cui questi lavoratori si trovano ad operare. La mancata chiarezza contrattuale, l'applicazione di contratti pirata – così intesi perché sottoscritti da Organizzazioni Sindacali non rappresentative e in dumping per condizioni lavorative e salariali rispetto alla media del settore – o addirittura la mancata applicazione di qualsiasi accordo collettivo devono essere combattute con fermezza da tutti gli attori del settore e dalle Istituzioni ed attivando puntualmente tutti i necessari controlli. Questo perché la mancanza di regole chiare ed uguali per tutti crea concorrenza sleale tra imprese e condizioni peggiorative per i lavoratori del settore, con conseguente calo di qualità del servizio offerto e saturazione del canale di telemarketing fino ad arrivare alla percezione di molestia telefonica ai cittadini.
Mentre siamo come sempre pronti a poter illustrare ed argomentare le nostre proposte nelle opportune sedi , lanciamo il nostro appello affinché il provvedimento sul "numero unico" possa subire un ripensamento da parte dei Deputati alla Camera che impedisca la crisi di un intero settore che vede impegnati migliaia e migliaia di giovani soprattutto nelle regioni del sud. Roma, 25 settembre 2017
Le Segreterie Nazionali
SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL
DICHIARAZIONE DI GUGLIELMO LOY- SEGRETARIO CONFEDERALE UIL
Dal 2008 al 2014 persi 811 mila posti di lavoro, di cui 355 mila con rapporti di natura subordinata.
Un gap molto difficile da recupare vista l'assenza di reali politiche di crescita e sviluppo, in particolare nelle aree più fragili del Paese.
La temperatura febbricitante del nostro sistema produttivo è misurata dal forte calo dell'occupazione che continua a investire, in particolare, il settore delle costruzioni anche tra il 2013 e 2014 (-4,4%), oltre alla continua crescita del tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile.
Lo scoraggiamento nella ricerca di un lavoro vede un picco di aumento vertiginoso soprattutto tra coloro, in specie ragazze e ragazzi, che ritengono di non riuscire a trovare un'occupazione ai quali il programma "garanzia giovani" non ha sostanzialmente risposto.
Il timido segnale di una ripresina occupazionale (più 88 mila occupati tra il 2013 e 2014) va letto con cautela, poiché ciò che aumenta è un'occupazione temporanea, in cui la flessibilità oraria è essenzialemnte involontaria. Elementi, questi, che sono sintomatici di una perdurante situazione di debolezza del nostro mercato del lavoro e dei lavoratori.
Il cambio di rotta è fondamentale, ma non può avvenire con misure e incentivi indiscriminati e non selettivi che, favorendo contratti a "tempo determinato incentivati", indeboliscano il sistema di tutele oltretutto con una rete di protezione debole e non innovata.
Roma, 2 marzo 2015
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