L'EBAP, Ente Bilaterale del Piemonte nasce nel 1993 a seguito degli accordi interconfederali stipulati tra le Organizzazioni dell'artigianato (Confartigianato,Cna, Casa) e le Organizzazioni dei Sindacati dei Lavoratori (CGIL, CISL, UIL), concordando di articolare gli Enti Bilaterali a livello regionale. Il sistema della bilateralità artigiana ribadisce l'importanza del ruolo economico svolta dal settore artigiano e la conseguente necessità di salvaguardare l'occupazione e il patrimonio di professionalità del lavoro dipendente e imprenditoriale individuando soluzioni che comportano benefici tanto per i lavoratori dipendenti che per gli imprenditori artigiani.
L'E.B.A.P. ha una sede regionale a Torino e sedi provinciali, denominate E.B.A.P. di Bacino.
Le attività istituzionali si suddividono in :
Sostegno al reddito, che ha come missione principale la salvaguardia delle professionalità nelle imprese artigiane. Eroga prestazioni a favore dei lavoratori in caso di sospensioni o riduzioni dell'attività lavorativa ed in presenza di contratti di solidarietà e delle imprese a fronte di calamità naturali, a sostegno di investimenti per l'innovazione tecnologica. In ogni caso la durata e l'entità, per tutti gli eventi, sono stabilite dalle Parti regionali con l'istituzione di un apposito regolamento, secondo le norme concordate e nel limite delle disponibilità economiche.
Rappresentanza Sindacale, che ha lo scopo di gestire i contributi versati dalle imprese attraverso la mutualizzazione degli oneri sindacali, di promuovere le attività bilaterali di Bacino volte alla realizzazione di un nuovo modello di assistenza contrattuale, a beneficio dei lavoratori e delle imprese artigiane.
Sicurezza, che sostiene l'attività dei rappresentanti Territoriali per la Sicurezza dei Lavoratori e le iniziative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, coordinate dagli Organismi Paritetici regionali e provinciali (O.P.R.A. ed O.P.T.A.) .
Il Welfare bilaterale artigiano 2018/2019 prevede contributi per:
- sussidio per frequenza asilo nido fino a 700 euro per ogni figlio,
- sussidio per testi scolastici per scuola media superiore ed inferiore fino a 350 euro a figlio (prestazione estesa agli studenti lavoratori)
- sussidio per studi universitari fino a 500 euro a figlio figlio (prestazione estesa agli studenti lavoratori)
- sussidio centri estivi fino a 250 euro a figlio,
- Sussidio acquisto lenti da vista correttive: contributo pari al 50% del costo sostenuto per coppia di lenti, con un massimo di 150 euro, massimo 2 prestazioni per nucleo famigliare
- sussidio per nuclei familiari con figli disabili minori non gravi (anno civile): a ciascun nucleo famigliare in cui vi sia un componente di età fino a 12 anni disabile ex art. 3 comma 1 L. 104/92, debitamente certificato, è riconosciuto un contributo fisso pari a 80 euro netti per ciascuna giornata nella quale il minore è sottoposto a visita medica per un max di 5 visite con un importo annuo massimo erogabile pari a 400 euro netti per nucleo famigliare.
Questi sussidi si rivolgono a dipendenti, titolari, soci, coadiuvanti di imprese artigiane con attestazione ISEE standard in corso di validità non superiore a 30000 euro.
Lo sportello UIL Artigiani ha come referente Antonello Dell'Omo, chiedi info nelle sedi UIL della provincia di Alessandria.
«Salute, diritti, lavoro, sviluppo. L'Italia che vogliamo». È questo il titolo del convegno, svoltosi a Salerno e organizzato dai Dipartimenti Politiche della salute di Cgil, Cisl, Uil nazionali, a 40 anni dal varo della legge 833 di Riforma Sanitaria. Un appuntamento importante per ricordare quell'evento con un momento di riflessione e di dibattito, al quale hanno partecipato anche i tre Segretari generali delle tre Confederazioni, Camusso, Furlan, Barbagallo. Un´occasione per fare un bilancio sull'attuazione e sull'evoluzione di quel provvedimento e per assumere i conseguenti impegni. Uno dei principi cardine del nostro Servizio Sanitario Nazionale è il suo carattere universale: i servizi e le cure sono rivolti a tutti i cittadini in condizioni di uguaglianza. Purtroppo, però, col passare del tempo, sono molti coloro che incontrano grandi difficoltà nell'accesso alle cure, alla diagnosi, alla prevenzione e alla riabilitazione. Lo stesso principio universalistico, dunque, anche con la regionalizzazione del servizio, è stato scalfito. L´obiettivo di Cgil, Cisl, Uil, quindi, è quello di aprire una vera vertenza sulla sanità pubblica per un Patto sulla salute.
«Quaranta anni fa - ha detto Barbagallo nel corso del suo intervento - con il varo di quella riforma, la nostra sanità nazionale diventò un esempio per il mondo, ma venti anni dopo è iniziato l´attacco al welfare del nostro Paese e, inoltre, i servizi si sono ulteriormente differenziati tra il Nord e il Sud. La nostra sanità non riesce più a soddisfare le esigenze degli anziani, molti dei quali sono diventati più poveri e, perciò, hanno una minore propensione a curarsi. Purtroppo - ha proseguito il leader della Uil - la precaria condizione socio-economica di molti lavoratori, pensionati e giovani in cerca di lavoro determina diseguaglianze anche sul fronte sanitario. Ecco perché occorre intervenire per accrescere il potere d'acquisto di queste categorie, mettendo a punto una vera riforma fiscale che aiuti a redistribuire la ricchezza e a ridurre il divario tra i cittadini». Dal punto di vista, poi, del funzionamento del servizio, Barbagallo ha precisato che «se, oggi, il Servizio sanitario resta ancora complessivamente decente lo si deve al lavoro e, spesso, ai sacrifici degli addetti del settore. Bisogna, dunque, partire dalla valorizzazione del personale, rispettando i rinnovi contrattuali, definendo una formazione di qualità e, inoltre, sbloccando le assunzioni perché il numero dei lavoratori non è assolutamente adeguato alle nuove esigenze di cura e assistenza. Su tutti questi temi - ha concluso Barbagallo - chiediamo al Governo di interloquire con le parti sociali per individuare le risorse e le soluzioni necessarie».
Salerno, 19 settembre 2018
Servizio: Politiche del Sociale e Sostenibilità: Studio MBS "il Welfare delle famiglie italiane"
E' stato presentato ieri, presso la Camera dei Deputati , uno studio sul Bilancio di Welfare delle famiglie italiane a cura di MBS Consulting.
Lo studio evidenzia come, negli ultimi anni, il continuo taglio alla spesa pubblica ha investito anche e soprattutto il welfare a discapito dei cittadini, che per poter accedere a prestazioni essenziali devono
mettere mano al portafogli e in situazioni estreme addirittura rinunciare.
Infatti, il paradosso è che l'incidenza delle spese di welfare in proporzione al reddito è maggiore nelle famiglie economicamente più deboli (19%) che nelle famiglie agiate (14,7%). In media una famiglia su tre non può affrontare le spese per cure sanitarie e nelle fasce più deboli addirittura una su due.
Secondo i dati di MBS il 76,2% delle famiglie non riesce a sostenere le spese per l'assistenza agli anziani e non autosufficienti, il 54,8% fa a meno dei servizi per la cura dei figli e il 57,7% rinuncia alle spese per le attività integrative e per l'istruzione dei figli. Il welfare familiare è una vera e propria industria che vale oggi 109,3 miliardi di euro, pari al 6,5% del PIL: si tratta di uno dei settori più importanti del nostro sistema produttivo capace, quindi, di trainare la crescita del Paese.
Questi dati confermano quello che noi sosteniamo da più tempo: così come sottolineato in più occasioni è necessario ripartire dai bisogni delle famiglie che, oggi, si trovano in condizioni di grande fragilità con
aumentati bisogni non coperti dal sistema attuale di welfare.
E' necessario un welfare pubblico che ridefinisca le prestazioni essenziali, a partire dal riconoscimento dei LEPS che appunto garantirebbero i servizi essenziali, altrimenti inevitabilmente avremo il collasso della
società.
E' arrivato il momento di considerare il welfare non più come una spesa, ma come un investimento e un'opportunità per la più generale crescita e ripresa del nostro Paese.
Ci auguriamo che il Governo colga questa opportunità e che la politica, a partire dall'ultima manovra di bilancio, stanzi risorse pubbliche certe a sostegno di un welfare pubblico che veda il coinvolgimento e il
supporto anche del mondo del terzo settore e di tutto il partenariato economico e sociale.
In allegato inviamo lo studio completo di MBS Consulting.
LA SEGRETARIA CONFEDERALE
(Silvana Roseto)
Nella riunione di oggi all'Aran, Agenzia per la Rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni, si sono affrontate le tematiche relative ai rinnovi contrattuali per le parti comuni ai 4 comparti del Pubblico Impiego. In particolare si è discusso del riequilibrio tra legge e contratto, dei modelli di partecipazione, di welfare contrattuale, di risorse e del c.d. bonus Renzi.
Abbiamo ribadito, come Uil, che in linea con l'accordo del 30 novembre, l'incremento economico deve essere di 85€ e che il bonus degli 80€ non può essere confuso con l'incremento salariale.
Devono invece essere trovate soluzioni diverse, compresa la defiscalizzazione del salario di produttività.
Per chiarire le posizioni riteniamo necessario un incontro con il Ministro della Funzione Pubblica per verificare la volontà del Governo di rispettare i contenuti dell'accordo.
Non condividiamo le dichiarazioni del Ministro Calenda, secondo cui le risorse dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego debbano essere rivolte ad altre priorità.
Ricordiamo al Ministro che questo Governo, in continuità con il precedente, è tenuto a rispettare l'accordo sottoscritto tra l'altro dall'attuale Ministro della Funzione pubblica.
Non è accettabile confondere un legittimo diritto, quale il riconoscimento, dopo ormai 8 anni, dei dovuti incrementi contrattuali ai dipendenti pubblici, con le necessarie misure, altrettanto dovute, per la ripresa occupazionale del Paese.
La perdita del potere di acquisto dei salari che ha interessato i lavoratori della Pubblica Amministrazione in questi anni di blocco contrattuale non è un tema di serie B, anzi, come già detto, è una priorità che il Governo si è obbligato a raggiungere.
IL RAPPORTO OASI 2016, PRESENTATO QUESTA MATTINA ALLA BOCCONI, MOSTRA DATI ALLARMANTI: SOLO IL 28% DEGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI SONO PRESI IN CARICO DA SERVIZI SOCIOSANITARI, I RESTANTI 1,9 MILIONI SATURANO CAOTICAMENTE I SERVIZI SANITARI O NON RICEVONO ALCUNA ASSISTENZA PUBBLICA
Il Rapporto Oasi 2016, l'Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano presentato questa mattina alla Bocconi, individua nell'assistenza agli anziani non autosufficienti la grande sfida della Sanità e del Welfare per i prossimi anni. Dei 2,7 milioni di anziani non autosufficienti, solo 200.000 sono presi compiutamente in carico in strutture loro dedicate, altri 600.000 ricevono un'assistenza non proporzionale al proprio bisogno presso il domicilio, i restanti si riversano nel Ssn, alla disordinata ricerca di assistenza e di cure, soprattutto se gratuite. In questo scenario l'ospedale o il ricorso alle badanti diventano un approdo in cui ricercare una risposta immediata, anche se potenzialmente inappropriata, all'emergenza familiare.
Si registra un equilibrio economico-finanziario non più episodico, visto che il Ssn risulta in avanzo di bilancio per il terzo anno consecutivo. Tale equilibrio è anche il frutto di sei anni nei quali la spesa sanitaria non è aumentata, mentre nel resto d'Europa cresceva a un ritmo medio vicino al 4%.
VIDEO: Francesco Longo presenta i risultati principali del Rapporto
Permangono, inoltre, forti squilibri territoriali, non più in termini di deficit, visto che il risanamento è ormai diffuso (gli unici disavanzi di una qualche rilevanza, nel 2015, riguardavano la Sardegna, -340 mln; la Liguria, -110 mln e il Molise, -25 mln), ma in termini di copertura dei bisogni. La stessa presa in carico dei non autosufficienti è quasi nulla in alcune regioni del Mezzogiorno e la speranza di vita varia a seconda dell'area di residenza e del titolo di studio conseguito. "C'è una netta e tendenzialmente crescente divaricazione tra servizi sanitari regionali del Centro-Nord e del Sud in termini di offerta sanitaria pubblica, spesa sanitaria privata e, soprattutto, servizi socio-sanitari sia residenziali che informali", afferma Francesco Longo, responsabile del Rapporto Oasi 2016, al quale hanno partecipato anche Patrizio Armeni, Lorenzo Fenech, Alessandro Furnari, Francesco Petracca e Alberto Ricci.
I decisori politici italiani, denuncia il Rapporto, stentano ancora a considerare la sanità un volano di sviluppo economico. E invece i dati Istat relativi al 2014 indicano che l'assistenza sanitaria e sociale, con 149 miliardi, rappresenta il settimo settore dell'economia nazionale per prodotto lordo, il sesto se si aggiunge la produzione di farmaci (24 miliardi). Il prodotto dell'assistenza sanitaria e sociale è appena inferiore a quello del principale comparto della manifattura, cioè la produzione di macchinari e apparecchiature (152 miliardi), ma risulta superiore ad altri settori portanti dell'economia nazionale come le attività finanziarie ed assicurative (142 miliardi), l'alimentare (129 miliardi), la ricettività e la ristorazione (102 miliardi) o il tessile e la moda (81 miliardi).
Eppure, la quota di spesa sanitaria sul totale della spesa per protezione sociale è in costante contrazione dal 2008 (quando pesava il 26,2%) a oggi (23,5%) e il livello di spesa totale pro-capite per la sanità in Italia (3.239 dollari nel 2014) è più basso di quelli di Regno Unito (3.377), Francia (4.508), Germania (5.182) e Stati Uniti (9.403). La spesa sanitaria privata rappresenta il 3,4% della spesa delle famiglie, contro un 9,8% dedicato, per esempio, ad alberghi e ristoranti.
Articolo di Fabio Todesco pubblicato su http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=17583
Dichiarazione di Maria Pia Mannino – Responsabile Politiche di Genere UILBonus Bebè: necessario semplificarne i termini di intervento
Apprendiamo con soddisfazione che il Sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, alla quale come UIL avevamo posto il problema, è fortemente intenzionata a semplificare l'iter di accesso al bonus bebè e, contestualmente, ad elevarlo a 600 euro mensili per 6 mesi ed estenderlo anche alle lavoratrici del pubblico impiego, finora escluse.
Quest'ultima decisione ci sembra tanto più appropriata in quanto va a sanare una evidente discriminazione nei confronti delle lavoratrici del settore pubblico troppo spesso non ammesse – perché erroneamente ritenute più "fortunate" in tema di maternità - a tutti quei benefici che invece sono semprestati fruiti dalle lavoratrici del settore privato.
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