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Cassazione. Non basta invalidità 100% per l'indennità di accompagnamento

14/10/2016

L'indennità di accompagnamento non spetta, anche in presenza di una invalidità totale, se non vi è necessità di assistenza continua.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19545/2016, ricorda che ai fini del riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, l'art. 1 della legge n. 18/1980 richiede la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale, rilevante per la pensione di inabilità civile e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua.

La semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana con difficoltà (ma senza impossibilità), pur in presenza di invalidità al 100% non sono sufficienti per l'attribuzione della indennità.

La Corte rileva comunque – ribadendo una precedente ordinanza - che la capacità del malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia nell'eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica.

Tale capacità deve essere valutata non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute del malato e sulla sua dignità come persona.

Pertanto anche l'incapacità di compiere un solo atto può attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera.

In conclusione, come avvenuto nel caso di specie, il riconoscimento di una invalidità totale non comporta l'automatico diritto all'indennità di accompagnamento, ma occorre anche che vi sia un'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure l'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con necessità di assistenza continua in modo specifico.

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Il Consiglio di Stato conferma la versione del Tar e sconfessa il governo: gli assegni per il sostegno alla disabilità non devono esser conteggiati come reddito.

MILANO - Il Consiglio di Stato, con una sentenza depositata oggi, dà ragione ai disabili e alle loro famiglie in merito al nuovo Isee: l'indennità di accompagnamento non può essere conteggiata come reddito. Al Consiglio di Stato si era appellato il Governo, facendo ricorso contro la sentenza del Tar sulla materia. "Deve il Collegio condividere - si legge nella sentenza di oggi - l'affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che 'ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito - come se fosse un lavoro o un patrimonio - e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno al disabile, ma una 'remunerazione' del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'art. 3 della Costituzione". In pratica, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito.

"Il nostro Governo - ha commentato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti - ha applicato una normativa approvata in precedenza dal Governo e sulla quale si erano espresse positivamente le commissioni parlamentari. Ci siamo impegnati nell'attuazione del nuovo Isee ritenendolo un indicatore più veritiero e meglio costruito del precedente, oltre che con un sistema di controlli rafforzato: come sta dimostrando il monitoraggio che pubblichiamo ogni trimestre, è infatti complessivamente un indicatore piu' equo e che garantisce un accesso piu' giusto alle prestazioni sociali, anche nel caso delle persone con disabilita'". "Come Governo non possiamo che prendere atto della sentenza appena depositata dal Consiglio di Stato -ha concluso Poletti- e provvederemo ad agire in coerenza con questa decisione".

La Repubblica, 29 febbraio 2016

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