Lo scorso mercoledì si è riunito a Roma il Coordinamento Nazionale delle RSU e strutture territoriali di Fim Fiom Uilm del gruppo Acciaierie d’Italia e Ilva in A.S. con la partecipazione dei Segretari Generali. Nel corso della riunione è stato rappresentato l’andamento e l’esito dell’incontro tenutosi nella serata precedente con il management di Acciaierie d’Italia ma senza la presenza di rappresentanti di Invitalia. L’incontro non ha aggiunto significativi elementi di prospettiva e di certezza rispetto a quelli già rappresentati nella riunione del 12 gennaio scorso in cui venne presentata una “previsione” di possibile piano industriale mai condiviso con le organizzazioni sindacali. Per Fim Fiom Uilm l’unico piano industriale discusso e condiviso resta quello sottoscritto presso il ministero dello Sviluppo Economico il 6 settembre 2018 con il quale venivano salvaguardati tutti i livelli occupazionali, comprensivi della garanzia occupazionale per i lavoratori in Ilva in A.S. con la risalita produttiva a 8 milioni di tonnellate prevista al 2024.
E, pertanto, un evidente contraddizione il limite occupazionale (10.700 addetti nel 2025 a parità di volumi) per l’ex Ilva prevista nella nota di aggiornamento al DEF di cui si è appresa la notizia dai
media. Nel corso della riunione i rappresentanti sindacali dei singoli siti hanno rappresentato lo stato dell’arte sulla gestione degli stabilimenti che, a differenza di quella descritta dall’AD di Acciaierie d’Italia nell’incontro del 28 settembre, ci consegna un quadro in cui la manutenzione risulta essere insufficiente e con crescente ricorso a prestazioni con ditte terze, investimenti ambientali in ritardo,
rispetto al cronoprogramma previsto, assenza di relazioni sindacali e mancato rispetto degli accordi e degli impegni anche sul salario di produttività (3%).
È chiaro che, ad oggi, l’ingresso del socio Invitalia non ha segnato alcuna discontinuità rispetto a una gestione che peggiora le condizioni degli impianti e che corre il rischio di perdere l’occasione di
sfruttare la positiva fase di mercato dell’acciaio in cui tutti gli altri produttori stanno procedendo con importanti investimenti.
A distanza di quasi un anno dall’accordo fra ArcelorMittal e l’Agenzia governativa per gli investimenti Invitalia, il Paese, l’intero sistema produttivo legato alla siderurgia e i lavoratori dell’ex Ilva non
conoscono ancora il destino del più importante asset della manifattura italiana. Di quell’accordo non si conoscono i contenuti e obiettivi ma i risultati sono purtroppo evidenti: migliaia di lavoratori in cassa integrazione, e una ambientalizzazione che tarda ad essere realizzata, un intero sistema degli appalti fortemente penalizzato.
Il governo e il ministero dello Sviluppo Economico continuano a rimanere in silenzio e si sottraggono a una seria discussione con le organizzazioni sindacali che continuano a richiedere un incontro per ricevere le risposte che oltre 20.000 lavoratori del gruppo e del sistema di appalti rivendicano da troppi anni.
Verrà quindi inviata una nuova richiesta di incontro ai ministeri competenti: in caso di mancato riscontro in merito a una convocazione da tenersi entro la fine del mese di ottobre, che avvii
una reale trattativa Fim Fiom Uilm si autoconvocheranno con presidio permanente presso il ministero dello Sviluppo Economico per chiedere una discussione complessiva a partire dal piano
industriale e da quello ambientale, sulle scelte tecnologiche future che il gruppo intende adottare, il percorso di ricollocazione dei lavoratori in Amministrazione Straordinaria, chiarezza sulla gestione del
mondo degli appalti, utilizzo di fondi per il potenziamento degli ammortizzatori sociali perché il piano possa essere realmente accompagnato da una tenuta sociale e non penalizzi ulteriormente i
lavoratori.
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