In 7 mesi di emergenza sanitaria (aprile-ottobre 2020), le ore di cassa integrazione con "causale Covid-19", sono state pari a circa quelle autorizzate nel triennio 2012-2014.
Ammontano, infatti, a oltre 3,4 miliardi le ore di cassa integrazione "Covid-19", pari ad una stima di circa 2,9 milioni di lavoratrici e lavoratori a tempo pieno e indeterminato posti in cassa integrazione a zero ore - spiega Ivana Veronese, Segretaria Confederale UIL - che si traducono, nella realtà, in una platea ben più ampia di beneficiari dell'ammortizzatore sociale.
A tali dati vanno, inoltre, aggiunte 128 milioni di ore autorizzate di cassa integrazione straordinaria e le prestazioni erogate dai Fondi di Solidarietà Alternativi dell'Artigianato e della Somministrazione.
Il dato nazionale, decisamente rilevante, non è altro che la somma di quelle innumerevoli realtà territoriali in cui lavoratrici e lavoratori, in questi mesi, hanno visto conservato il loro posto di lavoro, grazie ad uno strumento che ha permesso di attenuare l'impatto della virulenta crisi.
Occorre precisare - osserva la Veronese - che in ogni realtà regionale vi è stato un massiccio utilizzo di cassa integrazione Covid-19, ma ciò che spicca dall'analisi dei dati è che in 4 Regioni si concentra il 55, 4% delle ore complessivamente autorizzate nel periodo emergenziale: Lombardia (875 milioni di ore), Veneto (393,6 milioni), Emilia Romagna (circa 338 milioni) e Lazio (299 milioni).
A un mese dalla fine di un anno molto critico, sia sul versante sanitario che occupazionale, possiamo sostenere - sottolinea la Veronese - che il connubio cassa integrazione con causale Covid-19 e blocco dei licenziamenti, è riuscito fino ad ora a garantire la conservazione del posto di lavoro di un'ampia platea di lavoratrici e lavoratori.
La forte richiesta della UIL, unitamente a Cgil e Cisl, di prorogare fino alla fine di marzo il blocco dei licenziamenti e proseguire con gli ammortizzatori sociali, ha trovato conferma nella Legge di Bilancio. Tuttavia, occorre iniziare a lavorare già da ora, e con uno sguardo lungimirante - conclude la Veronese - a tutta quella strumentazione e alla messa in atto di efficaci politiche (in primis le politiche attive), che servirà a sostenere e sviluppare il mercato del lavoro quando la crisi sarà finita e con essa le misure emergenziali adottate in questi lunghi mesi di pandemia.