Audizione XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) della Camera
"Modifiche all'articolo 46 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, in materia di rapporto sulla situazione del personale"
18 febbraio 2020 - Intervento UIL
Onorevole Presidente, Onorevoli Deputate e Deputati,
Apprezziamo la sensibilità e la consapevolezza maturata sulle problematiche delle donne e delle pari opportunità: siamo convinti che operare per il miglioramento delle condizioni di lavoro delle donne sia parte integrante di quella giustizia sociale che porta sviluppo al Paese.
Tutti gli 8 disegni di Legge oggetto dell'audizione affrontano, seppur con soluzioni differenti, il Gender Pay Gap. In questo momento storico è un tema di forte rilevanza. Anche l'Europa si è impegnata in una campagna contro il Gender Pay Gap, perché tale realtà riguarda le donne in maniera crescente rispetto al passato. Su questo tema, la Confederazione Europea dei Sindacati (CES), di cui Uil, Cgil e Cisl fanno parte, sta chiedendo l'approvazione di una nuova direttiva europea sulla Trasparenza della Retribuzione in ottica di Genere.
Nelle relazioni iniziali i diversi dispositivi individuano perfettamente motivazioni e dati che dimostrano il perché serve agire urgentemente su questi temi; propongono percorsi e strumenti per buona parte condivisibili, con misure finalizzate ad incentivare la riduzione del differenziale salariale, agendo su misure di "conciliazione" in favore delle donne. Prevedono altresì incentivi e sgravi per sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Nel predisporre un nuovo ed unico testo normativo, chiediamo attenta sensibilità nel discutere di questi temi, evitando un linguaggio che scarica sulle lavoratrici il peso di compiti che dovrebbero essere, invece, equamente distribuiti tra donne e uomini.
Ciò premesso, riteniamo opportuno fare alcune considerazioni utili a una riflessione propedeutica alla predisposizione di un nuovo testo legislativo.
1. In primo luogo, riteniamo ormai indispensabile cominciare ad adottare il termine "condivisione", sostituendo il termine "conciliazione". Il differenziale salariale infatti tra uomini e donne nasce prevalentemente dalla necessità di occuparsi di situazioni di cura in termini genitoriali e parentali e in termini di assistenza a componenti della famiglia (minori, anziani, disabili). Il termine conciliazione ha ormai acquisito - quasi senza speranza - l'identificazione con una necessità "femminile", come a ribadire che a occuparsi di queste esigenze siano e possano essere solo le donne. Riteniamo invece che adottare il termine "condivisione" nei nuovi testi normativi darebbe il senso che il nostro Paese ha compreso che c'è bisogno di un diverso approccio a queste tematiche e di diverse scelte in materia di proposte e soluzioni.
2. Un altro aspetto che suggeriamo di tener presente è che il part-time da strumento di elezione per i bisogni di cura, scelto dalle donne prevalentemente per questa motivazione, è diventata una gabbia dalle conseguenze sottovalutate, che produce effetti devastanti evidenti nella carriera e a fine vita lavorativa. In particolare, il part-time post maternità deve essere reversibile per tutelare retribuzioni e future pensioni, garantendo autonomia economica durante tutto l'arco della vita lavorativa.
3. Pur apprezzando il costante riferimento a strumenti di sostegno e supporto (asili nido, smart working, welfare aziendale, bonus, sgravi contributivi, diversificazione e incentivazione dei congedi parentali) va incrementata la previsione di accelerare il cambiamento culturale attraverso la previsione di formazione obbligatoria in materia di ottica di genere. L'ultima Legge di Bilancio ha previsto nuove risorse per finanziare specifici corsi universitari di studi di genere.
4. Ribadiamo il diritto a un corretto equilibrio tra tempo per la vita privata e lavoro, così come riaffermiamo, con forza, che la valutazione del lavoro in termini di "quantità" e non di "qualità" sia una consuetudine ormai obsoleta e controproducente, per le donne in primis ma anche per le aziende. Troppo spesso, ancora, si premia la disponibilità di tempo, piuttosto che il raggiungimento degli obiettivi nel tempo disponibile. Il tempo di vita è valore importante, al punto che si comincia a discutere nel Paese, di una riduzione complessiva dell'orario ordinario di lavoro.
5. Nei testi all'esame è spesso citata la necessità di investimenti pubblici e privati, assieme alla previsione di misure individuate come permanenti; scelta condivisibile, che ci auguriamo continui a permanere, consapevoli che tali previsioni di spesa andrebbero considerate investimenti anziché costi perfino nelle criticità del sistema di bilancio del Paese.
Entrando nel merito dei capitoli dei diversi disegni di Legge:
Gender Pay Gap
Condividiamo che sia necessario un più attento monitoraggio dei differenziali salariali per poter predisporre "piani di rientro".
Riteniamo utile definire la platea di imprese tenute alla compilazione del rapporto biennale, confermando l'obbligatorietà e prevedendo una soglia minima di dipendenti più bassa di quella attuale.
Oggi, in caso di obbligo di compilazione non rispettato, le sanzioni sono per lo più indirette (impossibilità di candidarsi a bandi o a fruire di risorse pubbliche): a nostro avviso operare esclusivamente su questa misura non sembra un punto di svolta per il superamento del Pay Gap.
Ci sembrano mancare (in qualche testo c'è qualcosa) disposizioni specifiche e sanzioni per chi non ottempera all'obbligo di rilevazione e inoltro dei dati ai soggetti abilitati a lavorarli, o non adotta provvedimenti adeguati in caso di elevato differenziale.
Inoltre, le rilevazioni attuali forniscono dati sulle sole aziende che hanno mantenuto e rispettato l'obbligo, ma mancano gli strumenti per sollecitare le altre. Riteniamo positivo il riferimento in alcuni DDL alla creazione di un elenco pubblico delle imprese che rientrano in tale obbligo.
Vi è un tema a nostro avviso mancante. Ad oggi, sono le Consigliere di Parità che "dovrebbero" elaborare questi dati. Manca però uno strumento idoneo a tale elaborazione, quindi poniamo la questione della previsione di un fondo dedicato per l'elaborazione di questi dati, o per attivare vigilanza o ispezioni (ad es. da parte delle Consigliere di Parità, dell'Ispettorato del lavoro...).
Rispetto alla implementazione della richiesta dei dati, deve essere chiaro che, oltre a tutti i dati già previsti dalla normativa attuale e presenti nei DDL, le aziende debbano dichiarare la retribuzione lorda annua erogata e non solo le linee guida con cui hanno erogato premi.
Vengono poi previsti incentivi alle aziende che "escono" dalla discriminazione redigendo piani di azione per la parità di trattamento retributivo. Questo sembra dare il senso di premiare chi non ha rispettato la parità; tuttavia ne riconosciamo il valore finalizzato a stimolare azioni positive e a incentivare un cambio culturale in azienda. Ciò che non convince è la formulazione generica usata per indicare la detraibilità. Avanziamo la richiesta che la detraibilità sia possibile per beni acquistati o azioni intraprese specificamente per realizzare le azioni previste dal piano.
Infine, nella predisposizione, nel controllo e nell'approvazione di piani per la rimozione della discriminazione salariale di genere, riteniamo utile il coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative.
Definizione di "discriminazione indiretta"
Vi sono DDL che affrontano la definizione di "discriminazione indiretta", chi implementando, chi sostituendo la definizione attuale. Sul tema, a nostro avviso nel definire le cause della discriminazione indiretta deve aggiungersi - e non sostituire – "anche l'organizzazione del lavoro e l'orario di lavoro".
Congedi parentali e permessi
Questa audizione affronta non solo il Pay Gap che affligge le donne occupate, ma anche il problema della troppo bassa occupazione femminile nel nostro Paese, identificata da un dato percentuale tra i più bassi dell'Unione Europea. Per favorirla si prevedono misure anche in materia di congedi e permessi. Nel dettaglio è davvero complessa l'articolazione in materia di permessi e congedi facoltativi per genitorialità e assistenza familiare, per i quali si prevedono misure tra loro anche non complementari. Tra le tante, ad esempio, anche la previsione che gli uomini siano retribuiti all'80% e le donne al 100%, il tutto declinato con diverse motivazioni e percentuali nei vari dispositivi.
Concordiamo sull'innalzamento del congedo obbligatorio al 100% e su una riflessione sull'indennità del congedo parentale.
Resta sempre la doppia lettura possibile, positiva e negativa, su indennità differenziate tra uomini e donne in materia di congedi e cura parentali.
Donne vittime di violenza
È importantissimo il reinserimento in contesti lavorativi delle donne vittime di violenza. Questo per facilitare a loro la costruzione di un'indipendenza economica e un aiuto nel costruirsi un nuovo progetto di vita. Nel farlo, però, è indispensabile che le donne destinatarie non siano "marchiate", ovvero identificabili come soggetti abusati. Sappiamo di progetti di assunzione o reinserimento, allo studio, che prevedono incentivi per le imprese che assumano da "liste speciali" per vittime di violenza: questo procedimento aggiungerebbe violenza a violenza e molte donne potrebbero scegliere di non esservi inserite.
Rappresentanza di genere nei CDA e Collegi Sindacali
Sempre in materia di parità e rimozione di discriminazioni, riteniamo positivo l'ampliamento già in corso dei mandati oggetto della legge cosiddetta "Golfo-Mosca". Ne auspichiamo l'estensione agli organismi decisionali in ogni contesto pubblico, come Enti, Autority ed altre istituzioni non solo quotate ma anche partecipate.
Curriculum anonimo
Siamo favorevoli all'adozione del "curriculum anonimo", che almeno in prima battuta limiterebbe l'esclusione delle donne alle selezioni.
Pensioni
In materia di Pensioni, rimandiamo al tavolo aperto con il Governo relativamente a Previdenza, Giovani, Donne. Tavolo unitariamente sollecitato dopo la presentazione della Piattaforma Unitaria, con delle specifiche richieste che mirano a valorizzare il lavoro di maternità e di cura, nei periodi di lavoro e non lavoro.
PROPOSTE: nei testi sono già presenti molti dei punti ribaditi da Cgil, Cisl e Uil, e di questo siamo ben lieti. È per questo che riteniamo di poter usare questa occasione per ribadire alcuni punti che non trovano riscontro adeguato, derivati dall'esigenza di accelerare l'abbandono di consuetudini culturali e di dare un nuovo impulso a problemi emergenti, come la denatalità.
1. È ora di pensare a citare espressamente e a ridare valore alla qualità del lavoro anziché alla quantità; nei testi è evidente il collegamento del Pay Gap alla difficoltà di armonizzare tempo di lavoro e necessità familiari, che si traduce per le donne in minor presenza e minori benefici premiali. Assieme alla previsione di sostegni di vario tipo, già presenti in questi testi, riproponiamo la necessità di inserire la riduzione dell'orario di lavoro per lavoratori e lavoratrici e l'ampliamento dell'orario di asili nido e scuole, che specialmente al Sud spesso non sono a tempo pieno.
2. In ambito di lavoro domestico riteniamo che andrebbe inserito il divieto di licenziamento entro il primo anno di vita del bambino per la lavoratrice. Questa misura di protezione della maternità in situazioni già complesse deve avere completa copertura pubblica.
Sempre in tema di lavoro domestico e di cura, ribadiamo che i tempi sono maturi per iniziare a ragionare seriamente per sistemi agevolati di detrazione o defiscalizzazione per coprire queste esigenze che il servizio pubblico non riesce a soddisfare. In queste attività operano molte donne: agevolazioni mirate (presenti in alcuni DDL) consentirebbero l'emersione di molto lavoro nero e produrrebbe contribuzione utile a ridurre il rischio di povertà di queste lavoratrici in età anziana.
3. È centrale la necessità di rendere strutturali i finanziamenti destinati a interventi finalizzati a ridurre le discriminazioni, soprattutto salariali, collegati al genere.
4. Rivendichiamo la veloce applicazione dei 10 gg di congedo per i padri prevista dalla Direttiva Europea Work Life Balance: la finanziaria per il 2020 ne ha previsto solo 7, abbiamo l'impegno della Ministra Bonetti ad arrivare a 15 e ci auguriamo che ciò avvenga sin dal prossimo anno.
5. Per memoria, ribadiamo la necessità di cambiare il linguaggio cominciando a parlare di strumenti di condivisione anziché di conciliazione.
6. Per ultimo ma non meno importante, è prioritario e necessario che ogni intervento legato al Gender Pay Gap e ai congedi/permessi sia riferito anche al Pubblico Impiego, spesso escluso da provvedimenti e misure a favore delle madri e dei padri per i conseguenti ingenti oneri: eppure il pay gap e le discriminazioni di genere sono presenti e importanti anche in questo settore. Pertanto, si sollecita a tener presente che ogni misura prevista contenga la previsione della piena applicazione attraverso rinvii agli organi preposti (MEF).
IN SINTESI:
Ogni intervento finalizzato a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e a favorire la parità retributiva tra i sessi è certamente positivo, ed ogni strumento è utile - dagli incentivi alle assunzioni, ad agevolazioni fiscali, a strumenti per favorire la genitorialità e l'equilibrio tra tempi di vita e tempi di lavoro, a nuove modalità per la redazione da parte delle aziende del rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, a corsi di formazione in ottica di genere.
Le presentazioni in premessa di ogni testo sono ben articolate e ricche di dati statistici: resta la sensazione che mentre le analisi sono ormai accurate, le misure sono complicate da trovare e soprattutto da finanziare in maniera strutturale. Si parla fondamentalmente di incentivi per le imprese e di sgravi o vantaggi fiscali per chi assume e per chi decide di avere figli; resta però incerta
la previsione di misure strutturali per finanziare queste buone prassi affinché siano permanenti ed efficaci.
Parlando di Pay Gap si fa riferimento alle donne già occupate; resta la necessità di parlare di promozione dell'occupazione femminile, attraverso sostegno pubblico all'imprenditoria femminile, incentivi per chi assume donne e per chi continua a mantenerne l'occupazione anche dopo il primo anno dei figli (presenti in alcuni DDL).
È sempre evidente che c'è un problema di natura culturale. Un lavoro stabile incrementa la natalità eppure quando le donne hanno figli sono costrette a scegliere tra famiglia e lavoro. Si suggerisce che in ogni progetto tanto normativo quanto finanziario o economico sia ribadita la necessità di monitorare le pari opportunità.
Resta la sottovalutazione dell'imprescindibile necessità del "pubblico" inteso in tutti i sensi: fornitore di servizi, datore di lavoro, finanziatore.