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Giovedì, 12 Ottobre 2017 18:29

Riformare la riforma degli Ammortizzatori Sociali con politiche attive vere

Nel corso dei confronti con il Ministero del Lavoro, tenuti in preparazione della legge di bilancio, Cgil-Cisl-Uil hanno insistentemente richiesto di cambiare e correggere le attuali norme che regolano gli ammortizzatori sociali e le politiche attive.

Come è noto, i Decreti attuativi del Jobs Act hanno ridotto le tipologie e la durata degli ammortizzatori, hanno reso le procedure più farraginose e contorte, hanno aumentato i costi della Cig e ridotto quello dei licenziamenti.

La filosofia di tutta la riforma del mercato del lavoro puntava a una riduzione delle protezioni, in costanza di rapporto di lavoro, a favore del potenziamento delle politiche attive che avrebbero garantito il passaggio da posto a posto di lavoro e migliore occupabilità alle persone disoccupate.

La realtà sta dimostrando la fragilità di questa filosofia pensata a tavolino fuori dal contesto economico, produttivo e occupazionale che sta vivendo il nostro paese.Ad oggi, il potenziamento delle politiche attive è rimasto un mero annuncio.

Proprio per questo chiediamo per gli ammortizzatori sociali i seguenti interventi:

Sblocco immediato dei fondi residui della cassa in deroga,

Risorse già assegnate alla Regione Piemonte ma non ancora rese concretamente fruibili per ritardi e continui cambi di regole e procedure burocratiche. Centinaia di lavoratrici/ori aspettano da mesi di riscuotere 4.000 euro di sostegno al reddito e non possiamo utilizzare i  circa 8 milioni già destinati a cantieri lavoro in favore di persone che potrebbero raggiungere i requisiti pensionistici;

Un Fondo Integrazione Salariale vero.

la modifica delle norme sul FIS (fondo di integrazione salariale che avrebbe dovuto sostituire la cassa in deroga ed i contratti di solidarietà di tipo B), in particolare:

il tetto aziendale per le prestazioni deve rimanere pari a 10 volte l'ammontare dei contributi versati dall'azienda (oggi è previsto un decalage che lo porta a 4 volte);

b)  i limiti di utilizzo per ogni singola impresa devono azzerarsi nell'arco del biennio mobile (oggi le risorse utilizzate per la prima prestazione continuano a essere conteggiate

riducendo la capienza delle successive richieste). Non azzerando mai il conteggio, le

aziende non hanno la capienza per ricorrere al Fis e licenziano;

garantire anche alle imprese con meno di 15 dipendenti, oggi escluse, la possibilità di ricorso all'assegno ordinario che consente una gestione più simile alla cigo;

rivedere i criteri e le procedure previste dall'Inps per accedere alle prestazioni che non corrispondono alle condizioni delle piccole imprese;

prevedere per il Fis e i fondi bilaterali il pagamento degli assegni familiari.

Tutele per le microimprese.

Dotare di ammortizzatori sociali le imprese sino a 5 dipendenti, oggi prive di qualunque protezione, salvo per quelle artigiane che hanno costituito uno specifico fondo bilaterale.

La crisi non è finita: flessibilizzare la cassa straordinaria.

Per la cassa integrazione straordinaria occorre:

a) prorogarne la durata, almeno per i casi più complessi o con forti ricadute occupazionali. La forte riduzione della durata della cigs non tiene conto dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione produttiva e occupazionale che sono in corso e ci saranno nel prossimamente nel nostro sistema produttivo;

b) rendere più flessibile il calcolo dei 24 mesi di utilizzo nell'arco del quinquennio mobile (nuovo calcolo introdotto dal jobs act che limita fortemente l'utilizzo rispetto al passato);

c) ridurre il costo della cig intervenendo sulle aliquote o sulla base di calcolo del contributo addizionale;

Conoscere le situazioni locali e dare risorse mirate.

Non si tratta di ripristinare la precedente struttura degli ammortizzatori sociali, ma di aiutare la transizione verso il nuovo sistema con i correttivi, attraverso lo stanziamento di  nuove risorse (anche reperibili da residui di fondi stanziati per altri provvedimenti), da assegnare alle Regioni per far fronte alle criticità presenti nei singoli territori.

Pur in presenza di una timida ripresa, sono ancora numerose le imprese interessate da cessate attività o procedure concorsuali, (per loro niente cassa integrazione), così come sono numerosi i lavoratori che hanno terminato mobilità e Naspi e non hanno trovato lavoro.

Le Regioni devono avere risorse e flessibilità normativa per dare risposte (cig in deroga e mobilità/naspi in deroga) alle specifiche realtà, legandole a misure di politica attiva anche finanziate con il fondo sociale europeo, come si sta accingendo a fare la regione Piemonte;

Occorre modificare la Naspi per gli stagionali che dal jobs act hanno avuto forti penalizzazioni rispetto alla situazione precedente

E' necessario disporre di cig anche per i tempi indeterminati in agricoltura, inoltre deve essere modificata e rafforzata l'Asdi.

è necessario sospendere e posticipare la norma che prevede il tetto massimo dell'80% delle ore lavorabili per la cigs in casi di riorganizzazione e crisi aziendali.

Su questi temi il confronto con il Ministero ha registrato alcune disponibilità, ma restano ancora molti nodi da sciogliere e alcune contrarietà da superare.

Per alcune misure servono modifiche legislative che devono essere inserite in legge di Bilancio, idem per le risorse aggiuntive, mentre per correggere alcune distorsioni basterebbero circolari applicative di INPS/Ministero con interpretazioni autentiche meno restrittive.

Aiutare chi perde e cerca lavoro.

Se vogliamo attivare e rafforzare le necessarie politiche attive, occorre che la legge di bilancio assegni il personale dei Centri per l'Impiego alle Regioni (oggi sono dipendenti delle province in avvalimento - una sorta di distacco - alle regioni) e dia certezze di risorse strutturali per il personale occupato, per la stabilizzazione dei precari e per il potenziamento degli organici.

Da oltre un anno vengono promesse 1.600 nuove assunzioni a livello nazionale da sostenere anche con le risorse del PON, senza mai concretizzarle, mentre i centri per l'impiego rimasti in un limbo istituzionale non riescono a svolgere le funzioni loro assegnate dallo stesso jobs act per carenza di  organico e di personale qualificato.

I Centri per l'Impiego devono svolgere un ruolo centrale dentro a un sistema unitario nazionale che garantisca un livello di prestazioni di qualità alle/ai disoccupate/i.

In questo contesto la sperimentazione dell'assegno di ricollocazione ha dimostrato la sua forte criticità e scarsa efficacia, in Piemonte e nel resto del paese. Ci pare poco oculato non riflettere e non costruire modifiche condivise alla luce di ciò che non ha funzionato, prima di procedere alla messa a regime dello strumento.

In particolare, oltre al potenziamento dei centri per l'impiego è necessario:

definire livelli essenziali delle prestazioni;

strutturare un sistema informatico unitario che garantisca il passaggio dei dati dalle Regioni al centro garantendo il riconoscimento delle professionalità e competenze acquisite da coloro che sono stati coinvolti in misure di politica attiva;

deve essere definito, in accordo con le regioni, cosa si deve intendere per congrua offerta di lavoro, tenendo conto delle professionalità e competenze dei singoli, della qualità anche in termini di durata dell'offerta lavorativa, della distanza dal luogo di lavoro, della retribuzione che deve essere rapportata alla Naspi iniziale. La stessa condizionalità dovrà tenere presente questi criteri per evitare di essere uno strumento punitivo ed incentivare invece i percorsi professionalizzanti;

occorre definire un sistema di accreditamento per i servizi al lavoro privati che si candidano a gestire misure di politica attiva decise e finanziate a livello nazionale.

Mercato del lavoro     Cgil Cisl Uil Piemonte

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