Il Report annuale del Forum PA ha tracciato stamani le stime di quello che si prospetta un consistente ricambio generazionale per una popolazione lavorativa pubblica che è arrivata a un'età media di 50,6 anni e che sempre più soffre dei suoi ranghi ridotti dagli anni del blocco del turn over. Una situazione che solo il massivo e persistente ricorso alla precarietà ha in parte arginato.
Sono dati che non ci suonano come nuovi ma testimoniano, se ce ne fosse bisogno ancora una volta, come è urgente chiudere quella brutta parentesi che ha imperversato nel pubblico impiego con l'abuso delle forme di lavoro flessibile. Questo ricambio che, stando al Forum PA, aprirà le porte a 450 mila/500 mila nuovi lavoratori non può prescindere dalla stabilizzazione di chi per tutti questi anni ha consentito la tenuta di una macchina amministrativa con sempre più scarse risorse economiche e, per l'appunto, umane. Un ricambio che come in più occasioni abbiamo chiesto, necessità di un vero e proprio piano straordinario di assunzioni mirato a colmare i tanti vuoti organici e che sia così teso a garantire la continuità, equità e puntualità dei servizi resi alla comunità.
Il Forum segnala, peraltro, anche una grave carenza di competenze, ovvia conseguenza sia del mancato ingresso di nuovi laureati più vicini e preparati al necessario aggiornamento digitale delle nostre amministrazioni, sia di carenze nella formazione e nell'aggiornamento del personale in forza. E anche per quest'ultimo profilo è fondamentale segnare un cambio di passo che si sostanzi finalmente in investimenti e risorse esigibili per la crescita delle competenze professionali dei lavoratori.
La nostra Pubblica Amministrazione, il suo aggiornamento, la sua tanto agognata efficienza non può che muovere da quello che chiediamo come UIL da anni: nuove assunzioni, stabilizzazioni dei precari storici e aggiornamento delle competenze. La fotografia del forum fa ben sperare sul fronte del turnover e richiede, però, che le sue stime vengano tradotte al più presto in investimenti e bandi di concorso.
Roma, 28.01.2020
Secondo le previsioni di assunzione programmate dagli imprenditori italiani, tra giugno e luglio dovremmo registrare quasi 934 mila nuovi ingressi nel mercato del lavoro 1. Tra questi, 2 su 3 (il 66 per cento) troveranno lavoro in una piccola impresa con meno di 50 dipendenti.
E a grande sorpresa, tra le 4 ripartizioni geografiche presenti nel nostro Paese, il Sud farà segnare il maggior numero di neo assunti: 258.200, pari al 27,6 per cento del totale (vedi Tab.1).
Il 72,5 per cento del totale dei lavoratori in entrata, inoltre, sarà occupato nel settore dei servizi (677.550 addetti), il 20 per cento nell'industria (186.580 unità) e, infine, il rimanente 7,5 per cento nelle costruzioni (69.890 lavoratori) (vedi Tab. 2).
A dirlo è l'Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i risultati emersi dalla periodica indagine condotta sugli imprenditori italiani nelle settimane scorse dall'Unioncamere-ANPAL, Sistema Informativo Excelsior.
Si tratta di nuove assunzioni. Pertanto, non si può parlare di nuova occupazione, perché nell'indagine non sono riportate le cessazioni di lavoro previste nello stesso periodo di tempo.
Ufficio Studi News dell'8 giugno 2019
Dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo:
"Ancora una volta sono le piccole aziende a dare una risposta importante a chi aspira a trovare un posto di lavoro. E nei prossimi mesi lo faranno soprattutto quelle presenti nel Mezzogiorno. In Calabria, ad esempio, l'85,1 per cento dei nuovi ingressi sarà garantito da queste realtà produttive, in Puglia dal 77,6 per cento e in Sicilia e in Campania dal 75,4 per cento. Risultati straordinari che dimostrano che anche nelle regioni maggiormente in difficoltà economica, la stragrande maggioranza dei piccoli imprenditori sono in grado di offrire una chance soprattutto ai giovani".
A livello regionale sarà la Lombardia a assicurare le maggiori opportunità di impiego (165.400). A seguire scorgiamo il Lazio (88.190) e il Veneto (87.950). Tra le province, invece, svetta Milano (70.240) e subito dopo individuiamo Roma (69.590) e Napoli (32.340).
"Come dicevamo più sopra – dichiara il Segretario Renato Mason - il 72,5 per cento dei nuovi assunti troverà lavoro nei servizi e poco più della metà di questi addetti, pari a 345.600 persone, sarà occupata in attività commerciali, ricettive e della ristorazione. Settori, questi ultimi, molto diffusiti nelle realtà ad elevata vocazione turistica. Sebbene nell'indagine non sia riportata la tipologia contrattuale che verrà applicata a questi nuovi assunti, appare evidente, visto che l'arco temporale monitorato riguarda i mesi estivi di giugno e luglio, che una buona parte di questi lavoratori sarà assunta con un contratto a termine. E la possibile introduzione del salario minimo per legge, rischia, nel prossimo futuro, di aumentare enormemente il costo del lavoro soprattutto per le piccolissime imprese con effetti negativi sul fronte occupazionale".
Tornando ai dati dell'indagine, nell'industria, invece, troveranno una nuova occupazione 186.580 addetti (pari al 20 per cento del totale dei nuovi assunti). Le regioni dove l'offerta sarà più elevata sono le Marche (33,2 per cento del totale assunzioni previste), il Friuli Venezia Giulia (29,7 per cento) e il Veneto (28,9 per cento).
A livello provinciale, il 90,9 per cento dei nuovi assunti a Vibo Valentia troverà un'occupazione in una piccola impresa con meno di 50 dipendenti. In nessun altra provincia italiana l'incidenza percentuale sarà così elevata. A Nuoro, che si colloca al secondo posto a livello nazionale, la soglia si attesta all'87,2 per cento e a Cosenza all'86,8 per cento (vedi Tab. 3).
Sempre a livello provinciale, la prima realtà territoriale per nuovi ingressi nel settore dei servizi sarà Sassari (90,1 per cento sul totale assunzioni), seguono Aosta (88,5 per cento), Rimini e Roma (entrambe con l'88,3 per cento). Per quanto concerne le assunzioni nell'industria, le più interessate saranno Pordenone (54, 9 per cento delle assunzioni totali) Prato (54,4 per cento) e Vicenza (47,9 per cento). Per quanto concerne il comparto delle costruzioni, svettano le province del Sud. Al primo posto scorgiamo Caltanisetta (21,1 per cento del totale), di seguito Potenza (17,5 per cento), Enna e L'Aquila (entrambe al 16,8 per cento) (vedi Tab. 4).
La CGIA, infine, segnala che in riferimento agli ultimi dati disponibili 2, in Italia le imprese con meno di 50 addetti sono il 99,4 per cento del totale (quasi 4,3 milioni), ci lavora il 66,3 per cento degli addetti (10,6 milioni di persone), sono occupati il 52,3 per cento dei dipendenti (5,9 milioni), producono il 47,8 per cento del fatturato totale nazionale ed il 50,4 per cento del valore aggiunto del Paese.
In altre parole, le piccole imprese sono la quasi totalità delle attività imprenditoriali, danno lavoro alla maggioranza degli italiani, producono 1.411,8 miliardi di euro di fatturato e 378,5 miliardi di valore aggiunto all'anno. Numeri che, di fatto, parlano da soli e ci Istat, Risultati economici delle imprese (anno 2016), Roma 9 novembre 2018.
delineano un Paese che dal punto di vista economico ed occupazionale è sostenuto dalle realtà produttive di piccola dimensione (vedi Tab. 5).
VEDI TUTTE LE TABELLE SCARICANDO IL FILE IN ALLEGATO
Esonero dal versamento dei contributi previdenziali fino a 350 euro al mese per le cooperative sociali che assumono a tempo indeterminato, dal 1° gennaio 2018 e non oltre il 31 dicembre 2018, donne vittime di violenza di genere inserite in percorsi di protezione, debitamente certificati dai centri di servizi sociali del comune di residenza o dai centri anti violenza o dalle case rifugio. Nessuno sgravio per i premi e contributi INAIL.
È quanto previsto dal Ministero del lavoro e dal Ministero dell'interno con il decreto 11 maggio 2018 (G.U. n.147 del 27-6-2018).
L'esonero è concesso nel limite di spesa di un milione di euro, per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 ed è riconosciuto dall'INPS in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande da parte delle cooperative sociali.
Servizio Politiche Attive e Passive del Lavoro POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO: GLI INCENTIVI NAZIONALI ALL'OCCUPAZIONE - II RAPPORTO UIL
Aggiornato a settembre 2017
Introduzione
Guglielmo Loy – Segretario Confederale UIL
Questo elaborato vuole essere un aggiornamento del precedente Studio UIL sugli "incentivi nazionali all'occupazione" (diffuso a maggio scorso), con gli ultimi monitoraggi sui risultati dei più recenti incentivi quali "l'incentivo occupazione giovani" e "l'incentivo occupazione sud" e, a corredo, una fotografia dello stato della nostra occupazione osservabile attraverso i dati di flusso delle Comunicazioni obbligatorie, e i dati di stock forniti dall'Istat.
La necessità di favorire assunzioni a tempo indeterminato e l'inclusione del maggior numero di giovani nel mercato del lavoro sono ormai da anni tra le priorità delle politiche nazionali. Alcuni incentivi, almeno dal punto di vista quantitativo, hanno funzionato più di altri (come ad esempio l'esonero contributivo 2015 e 2016 e l'incentivo occupazione Sud che potrà essere utilizzato ancora per tutto il 2017 e sul quale, visti i risultati, si sta pensando a un rifinanziamento). È chiaro che queste misure non possono avere una valenza strutturale nel tempo, pena l'ingente carico sulla fiscalità generale, sebbene abbiano contribuito a stimolare occupazione di "qualità".
I numeri parlano di circa 2,2 milioni di attivazioni/trasformazioni a tempo indeterminato con gli esoneri contributivi del biennio 2015 e 2016. Nel 2015 le attivazioni con contratto a tempo indeterminato sono cresciute del 44,5%, a fronte di una diminuzione delle altre forme contrattuali (anche dell'apprendistato per effetto di un esonero più concorrenziale in termini di costo contributivo). Si assiste anche ad una, inevitabile, riduzione del tempo determinato e delle collaborazioni (le quali scontano anche l'entrata in vigore di una normativa rivisitata più stringente).
La diversa modulazione delle caratteristiche dell'esonero del 2016 (non più totale, bensì ridotto al 40%), ci racconta un'ulteriore storia: il contratto di apprendistato diventa un concorrente più forte del tempo indeterminato in termini di contribuzione a carico del datore di lavoro e ciò, conseguentemente, si ripercuote su una flessione dei tempi indeterminati a vantaggio di una crescita dell'apprendistato. Ciò sarà maggiormente visibile dalle tabelle presenti alla fine di questo elaborato. Nei due anni l'incentivo è stato maggiormente utilizzato nel Nord e per assunzioni nella fascia 30-39 anni...
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Non può non allarmare la costante discesa delle assunzioni a tempo indeterminato, ma ancor più preoccupante è che il lavoro a termine non riesce a recuperare neanche parzialmente il "deficit" di assunzioni rispetto al 2015. Certamente, molte aziende hanno anticipato al 2015 le assunzioni previste quest'anno, ma il dato, in generale, sembra segnalare soprattutto molta cautela e prudenza del nostro sistema produttivo.Il continuo crescere dei voucher, inarrestabile e omogeneo in tutto il Paese, deve portare il legislatore a porre paletti più rigidi rispetto al solo obbligo di comunicazione, così come prevede il Governo.
Indubbiamente, la prossima Legge di Stabilità dovrà comunque prevedere un intervento strutturale di riduzione delle tasse sul lavoro sia per dare respiro ai consumi sia per incentivare selettivamente (sud, giovani e occupazione aggiuntiva), le imprese che coraggiosamente, comunque, assumono.
Dall´Inps la conferma: con Pil da zero virgola e sgravi contributivi tagliati, a gennaio, non era inaspettato il calo di tutte le assunzioni. Nessuno può gioire di questo, ma occorre che la Politica e il Governo indichino strade realistiche e non tampone rispetto alla bassa occupazione.Finché il tempo indeterminato aveva un costo pari a 'zero' in termini di contributi, le aziende hanno assunto, oggi che il costo è risalito si assiste alla frenata. Il tutto fa il paio anche con l'impennata di voucher venduti nel 2015 e che continua a registrare alti numeri, anche nel primo mese di quest'anno. Si assume, dunque, se c'è convenienza in termini di costi. E' chiaro che servono politiche che incentivino le assunzioni in termini di costi, ma il Paese spenderebbe di meno se la politica orientasse le sue strategie verso la crescita a cominciare dalla riduzione del carico fiscale sul lavoro, da investimenti pubblici in opere infrastrutturali, dalla valorizzazione del contratto di apprendistato e dal miglioramento delle regole e dei controlli per i voucher.
In allegato i dati dell'Osservatorio Precariato dell'Inps per il emse di gennaio.
Roma, 16 marzo 2016
Se l'occupazione stabile cresce, così come si legge sui quotidiani in questi giorni, parlando di 70 mila nuove assunzioni a tempo indeterminato, i primi a gioirne sono i lavoratori e il sindacato. Ma è bene, prima di esaltare dati parziali, sapere da dove si parte: nel 2014, mediamente, ogni mese, sono state avviate a tempo indeterminato 134.000 persone, quindi le nuove assunzioni (o trasformazioni?), sembrano essere in linea con il numero di attivazione precedenti al nuovo incentivo previsto dalla legge di stabilità.
Non ci avventureremo in giudizi affrettati sull'efficacia dell'esonero in termini di accrescimento della qualità e della quantità di occupazione stabile, fin quando non verranno diffusi i dati delle comunicazioni obbligatorie riferite ai primi mesi del 2015, a partire dal II Trimestre dell'anno in corso (momento della vigenza del combinato disposto esonero contributivo e nuovo sistema dei licenziamenti).
Al momento, sembra chiaro che 70 mila nuovi contratti standard sono ben lontani da ciò che ci si attendeva come effetto dell'esonero. L'obiettivo, per tutti, è, comunque, far crescere la buona occupazione per dare risposte ai milioni di disoccupati italiani.
Roma, 17 Marzo 2015
L'occupazione (dipendente e non) si assesta, secondo le stime Istat intorno ai 22 milioni di persone (22.398.000). Dato, come drammaticamente noto, in calo e che ha provocato la perdita di circa 1 milione di posti di lavoro. Dato in quasi perfetta corrispondenza con la bassa crescita economica del Paese. Ma occorre capire
come si arriva al macro numero: ci aiuta a comprendere il percorso che ha portato a questo risultato la lettura, dinamica, di quanto, come e dove le imprese italiane, nonostante la crisi, avviino al lavoro le persone. Infatti dal 2008 tutte le imprese devono comunicare, al momento dall'inizio di un rapporto di lavoro, chi
e come una persona sta iniziando un lavoro (stessa cosa per il termine del lavoro).
2 numeri innanzitutto: nel2008, anno ancora non completamente investito dalla più grande e lunga crisi economica che ha colpito il paese, per quasi 11 milioni
di volte le aziende hanno avviato al lavoro una persona; nel 2013 ciò è avvenuto in (solo) 9 milioni di occasioni. Non si tratta di singole persone, ma di comunicazioni, poiché uno stesso lavoratore può essere avviato più volte nello stesso anno (in specie con i lavori a termine). Quindi il crollo si misura anche attraverso questi dati.
C'è, ovviamente, anche la questione della qualità degli avviamenti e se il "meno lavoro" che viene richiesto, abbia una intrinseca qualità in termini di stabilita
e continuità (contratti a tempo indeterminato e apprendistato): purtroppo, al contrario, come prevedibile, nel calo generale degli avviamenti cresce, in termini percentuali, l'incidenza del lavoro temporaneo: si passa dal 72,7%del 2008all' 80,9%del 2013.
Il 2014, dato più recente e riguardante il I trimestre, si apre all'insegna della conferma che 4 attivazioni su 5 (tempo determinato, collaborazioni, lavoro
a chiamata) sono temporanee. Rimane altissima la quota dei contratti a termine che sviluppano una quota 66.8%.
Aumenta costantemente negli anni di crisi il numero delle attivazioni rigurdanti la stessa persona: si passa 1.64 (2009) attivazioni a persona a 1.78 (2013)
e ciò indica l'aumento della temporaneità del lavoro che rischiera' di espandersi ulteriormente con l'ennesima innovazione normativa (Decreto Poletti) che "facilità" assunzioni a termine. In sostanza aumentano gli avviamenti atermine ma calano le persone interessate.
Nel 2013 è nel Lazio che si concentra il maggior numero di attivazioni (1,4 mln)e proprio in questo anno avviene il sorpasso sulla Lombardia che con oltre 1,3 mln. di rapporti scende al 2° posto, segue in questa classifica la Pugliacon circa 1 mln. di attivazioni. Ma anche a livello regionale si può sottolineare la "fragilità" di questi rapporti di lavoro; infatti sono ilLazio e la Puglia le Regioni più flessibili e ciò si evince dal numero medio di attivazioni per singolo lavoratore (oltre 2
attivazioni/anno per lavoratore).
Ma una analisi di come si sta manifestando l'effetto della crisi sull'occupazione sarebbe incompleta senza il comprendere il come e quanto cessano i rapporti di lavoro. Nel2013 si sono chiusi 9,8 mln. di rapporti di lavoro con un saldo negativo rispetto alle attivazioni di oltre157.000.
Oltre la metà delle cessazioni ha rigurdato i lavoratori sotto i 44 anni e la cessazione del "termine" è stato il motivo principale della chiousura dei rapporti di lavoro (65%) e 1/3dei rapporti cessati è durato al massimo 1 mese. Le Regioni con il più alto tasso di "fine lavoro" restanoLazio, Lombardia e Puglia a conferma della forte quota di lavoro fragile in queste realtà.
Colpiscono su questo tema 2 dati: il primo che alla faccia di chi sostiene che in Italia è difficile licenziare, il numero di rapporti di lavoro cessati per volontà dalle aziende:927.175. Il secondo è il calo vertiginoso delle dimissioni (- 400.000 in 2 anni) dovuto principalmente al blocco sostanziale dei pensionamenti (legge Fornero) e ad una stretta normativa sulle dimissioni in bianco.
Guglielmo Loy
Segretario Confederale UIL
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In allegato il verbale di accordo che prevede l'inserimento di giovani neo-diplomati con contratto di apprendistato professionalizzante alla Solvay Specilaty Polymers Italy
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