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Mercoledì, 06 Aprile 2016 15:21

Audizione DL povertà

Disegno di Legge C. 3594  "Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali".

Breve memoria UIL

Gentile Presidente, gentili Parlamentari,

intanto vi rivolgo il doveroso e sincero ringraziamento da parte mia e della mia Organizzazione per aver previsto un momento di confronto che consideriamo molto utile al Paese.

Ci saremmo tuttavia augurati di affrontare la questione di una sorta di reddito di inclusione sociale qualche lustro fa e non oggi, giacché siamo in estremo ritardo risultando peraltro maglia nera d'Europa.

Va riconosciuto al Governo, ad ogni modo, l'apprezzamento per aver inserito esplicitamente in Legge di stabilità una misura di contrasto alla povertà più o meno strutturale, accantonando la formula della sperimentazione. Ciò non ci esime, ugualmente, da una valutazione di merito con molteplici ombre, rammaricati di registrare un impianto ancora abbondantemente inadeguato ai fini del contrasto al disagio sociale diffuso tra la popolazione e accentuato dal peso della crisi.

Come sapete, la UIL aderisce all'Alleanza contro la Povertà, il più grande soggetto di advocacy mai costituito nel nostro Paese in questo ambito.

Con gli amici dell'Alleanza ci siamo ritrovati in un'analisi condivisa rispetto al cosiddetto DDL Povertà.

Risorse insufficienti

Lo stanziamento definito nella Legge di Stabilità è oltremodo residuale e non idoneo a raggiungere la platea di cittadini che versano in povertà assoluta. A ben vedere, non è esaustivo neanche ai fini della copertura delle famiglie "povere" con più minori a carico sulla base del cosiddetto "universalismo selettivo" promosso dal Governo stesso. Così come proposto anche dall'Alleanza, sarà opportuno un incremento graduale di risorse a partire dalla prossima annualità, per scongiurare il rischio che la misura resti di tratto meramente categoriale.

Assenza di risorse per il welfare locale

Nel testo non vi è traccia del rafforzamento delle risorse per i servizi e le infrastrutture degli enti locali necessario alla presa in carico ed all'accompagnamento dei nuclei familiari beneficiari nel percorso di inclusione sociale e di reinserimento socio-lavorativo. Occorre rivedere questo nevralgico passaggio, garantendo inoltre idonea formazione per gli operatori interessati sul territorio nella fase di affiancamento, orientamento ed erogazione di servizi.

Cronoprogramma in ritardo

Le recenti sentenze del Consiglio di Stato sull'Isee obbligano ad una revisione - che fisiologicamente necessita di un percorso di taluni mesi - dell'indicatore il quale è criterio vincolante nell'attribuzione delle prestazioni sociali. A ciò, si aggiunge che il decreto interministeriale volto alla operatività dello stanziamento delle risorse contenute nel testo della Legge di Stabilità non è ancora stato varato.

Rischio di proliferazione misure regionali e differenze territoriali

Dinanzi al grave ritardo nazionale dell'elaborazione di una misura tesa al contrasto al disagio estremo, talune Regioni hanno dato vita ad una serie di autonomi interventi in tale ambito. Il rischio, ora, di una sovrapposizione alla misura nazionale è reale. Inoltre, è concreta la possibilità che le note differenze territoriali possano essere ulteriormente accentuate, creando il medesimo scenario che si verifica in sanità con ventuno diversi sistemi regionali che acuiscono le iniquità territoriali. Occorre sin da subito la previsione di una regia nazionale.

Venendo, invece, al riordino delle prestazioni, corre l'obbligo fissare qualche considerazione.

In primo luogo, esprimiamo grande preoccupazione e decisa contrarietà all'inserimento di prestazioni di natura previdenziale, e in particolare alla previsione di nuovi criteri per l'attribuzione delle pensioni di reversibilità, all'interno di un disegno di legge per il contrasto alla povertà. Le pensioni di reversibilità sono prestazioni previdenziali , pagate con i contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro. Inoltre non è pensabile che a queste prestazioni previdenziali si possa applicare l'Isee, che è un indicatore reddituale che si applica, e si deve applicare, alle sole prestazioni assistenziali. Il contrasto alla povertà è una misura assolutamente necessaria, ma è una misura assistenziale che va finanziata con la fiscalità generale e che non va confusa con prestazioni esistenti di natura previdenziale. Né si può accettare il criterio di dare ai più poveri, togliendo a persone comunque povere. In questo modo, inoltre, viene smentita la garanzia del Governo di non toccare la sfera previdenziale.

Come Uil consideriamo quindi fondamentale che dal testo del disegno di legge sia eliminato ogni riferimento alle pensioni di reversibilità e alle prestazioni di natura previdenziale.

In generale, poi, non cogliamo affatto l'opportunità di legare la nascita di una misura di sostegno all'inclusione con una revisione delle prestazioni assistenziali in essere. E' incomprensibile l'associazione tra questi due ambiti di intervento, laddove è assolutamente irricevibile togliere ad una parte per dare ad un'altra. Consideriamo assolutamente preminente tenere distinti i due terreni, chiedendo l'apertura di un tavolo specifico - con il coinvolgimento dei Patronati sindacali -  sulla materia del riordino delle prestazioni assistenziali, con l'auspicio che sia agganciata ad una prospettiva di riforma complessiva del welfare, che promuova una maggiore integrazione delle politiche sociali con quelle sanitarie e con le politiche attive del lavoro.

In questo contesto, pensiamo sia urgente e non più rinviabile una reale separazione tra spesa assistenziale e spesa previdenziale. In assenza di questa riclassificazione della spesa non si possono realizzare confronti veritieri con gli altri Paesi europei sulla spesa assistenziale e previdenziale e non può essere portato avanti nessun serio ragionamento di riforma del welfare.

Se una rivisitazione delle politiche socio-assistenziali è motivata e sollecitata dall'esigenza di un ammodernamento dell'infrastruttura di welfare, è importante che essa possa essere formulata prevedendo una maggiore disponibilità di risorse e non una razionalizzazione di segno meno, che tradotto vuol dire taglio. Sarebbe un fosco scenario che andrebbe ad aggiungersi ad una notevole compressione del diritto alla salute, ad un inasprimento della tassazione locale e al congelamento o diminuzione dei redditi. Non può essere questa la ricetta per tendere una mano ad una larga fetta di cittadinanza che versa nella sofferenza.

L'aggiornamento delle misure assistenziali non può essere finalizzato alla produzione di risparmio per fare cassa se davvero, come sovente evidenziato, investire in welfare è qualificante per ogni Paese maturo che guarda alla crescita, allo sviluppo, alla produttività ed alla solidarietà.

Infine, è evidente il timore che gli effetti di un riordino delle prestazioni assistenziali basato sull'Isee possano essere decisamente negativi in quanto dal reddito individuale si transiterebbe ad un reddito che in taluni casi, nella sostanza, è inesistente in quanto verrebbe calcolato il cd patrimonio sterile.

Conclusioni

In definitiva, non si nota una volontà politica di intervenire efficacemente sul contrasto alla povertà assoluta da un lato e sul potenziamento dei servizi per i cittadini più vulnerabili dall'altro.

Occorre mettere in campo più risorse, aggredendo in primis sprechi e costi improduttivi e contemporaneamente porre in maggiore sicurezza gli interventi di protezione sociale mediante una espansiva riforma complessiva del welfare.

Respingiamo con assoluta fermezza il percorso normativo che mette insieme povertà, assistenza e previdenza, terreni delicati che devono essere trattati in modo distinto e non alla stregua di casse per riallocare risorse scatenando un'insensata e dannosa "guerra tra poveri".

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