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Giovedì, 13 Luglio 2017 10:53

Istat: la poverà in Italia

Le stime diffuse in questo report si riferiscono a due distinte misure della povertà: assoluta e relativa, elaborate con due diverse definizioni e metodologie, sulla base dei dati dell'indagine sulle spese per consumi delle famiglie.

Nel 2016 si stima siano 1 milione e 619mila le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta, nelle quali vivono 4 milioni e 742mila individui.

Rispetto al 2015 si rileva una sostanziale stabilità della povertà assoluta in termini sia di famiglie sia di individui.

L'incidenza di povertà assoluta per le famiglie è pari al 6,3%, in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Per gli individui, l'incidenza di povertà assoluta si porta al 7,9% con una variazione statisticamente non significativa rispetto al 2015 (quando era 7,6%).

Nel 2016 l'incidenza della povertà assoluta sale al 26,8% dal 18,3% del 2015 tra le famiglie con tre o più figli minori, coinvolgendo nell'ultimo anno 137mila 771 famiglie e 814mila 402 individui; aumenta anche fra i minori, da 10,9% a 12,5% (1 milione e 292mila nel 2016).

L'incidenza della povertà assoluta aumenta al Centro in termini sia di famiglie (5,9% da 4,2% del 2015) sia di individui (7,3% da 5,6%), a causa soprattutto del peggioramento registrato nei comuni fino a 50mila abitanti al di fuori delle aree metropolitane (6,4% da 3,3% dell'anno precedente).

Anche la povertà relativa risulta stabile rispetto al 2015. Nel 2016 riguarda il 10,6% delle famiglie residenti (10,4% nel 2015), per un totale di 2 milioni 734mila, e 8 milioni 465mila individui, il 14,0% dei residenti (13,7% l'anno precedente).

Analogamente a quanto registrato per la povertà assoluta, nel 2016 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (17,1%) o 5 componenti e più (30,9%)

La povertà relativa colpisce di più le famiglie giovani: raggiunge il 14,6% se la persona di riferimento è un under35 mentre scende al 7,9% nel caso di un ultra sessantaquattrenne

L'incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per gli operai e assimilati (18,7%) e per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (31,0%)

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Fondo povertà educativa

Alla povertà economica si aggiunge la povertà educativa: ad oggi, il 25% dei ragazzi di 15 anni non hanno competenze minime in matematica; il 20 % non ha acquisito le competenze minime di lettura e comprensione di un testo; il 48, 6% dei ragazzi tra i 6 e i 18 anni non ha mai letto un libro, oltre ai testi scolastici, il 55,2% non ha mai visitato un museo; il 45,5%  non ha mai svolto un'attività sportiva.

Questi dati rappresentano una situazione allarmante, che necessita di attenzione da parte del nostro Governo, perché, ricordiamo, che il futuro di ogni Paese è rappresentato dall'investimento fatto sui minori e sugli adolescenti; tutti, indistintamente, hanno diritto ad apprendere, a conoscere e ad istruirsi e lo Stato deve rimuovere tutti gli ostacoli che esistono alla libera determinazione di un individuo.

Attualmente la nuova normativa del Jobs Act prevede la creazione di un Fondo dedicato per contrastare la povertà educativa dei minori.

Il nuovo fondo per contrastare la povertà educativa, consiste, in via sperimentale per il triennio 2016/2018, nello stanziamento di 100 milioni di contributo per ciascun anno, alimentato dalle Fondazioni Bancarie.

Il contributo viene riconosciuto alle fondazioni bancarie  sotto forma di credito d'imposta pari al 75% dei versamenti effettuati al Fondo, su un apposito conto corrente postale, per finanziare e sostenere progetti a sostegno dei minori.

In data 5/3/2016 sono state presentate le proposte per la fase di attuazione del Fondo che vede il coinvolgimento di tre soggetti: Governo (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e  delle Finanze e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), Fondazioni Bancarie e Forum del terzo settore.

Successivamente, alla data di presentazione delle linee guida, è stato firmato il protocollo d'intesa tra questi soggetti che ha definito le modalità d'intervento di contrasto alla povertà educativa e ha individuato le caratteristiche dei progetti da finanziare, le modalità di valutazione e selezione e di monitoraggio, al fine di assicurare la trasparenza, il miglior utilizzo delle risorse e l'efficacia degli interventi.

A nostro avviso la misura risulta insufficiente, perché ancora una volta si parla di sperimentazione, e non di messa a sistema, e ancora una volta questo Governo conferma la  mancanza di attenzione a favore di vere politiche ridistributive dei redditi a favore di un investimento nelle nuove generazioni; si poteva pensare di creare un fondo per la lotta alla povertà educativa recuperando gli sprechi, prendendo risorse dalla lotta all'evasione fiscale invece di affidarsi esclusivamente alla benevolenza delle "grandi" fondazioni bancarie, che a questo punto hanno ricevuto la vera attenzione con  questa sostanziosa agevolazione.

Senza considerare la mancanza di coinvolgimento, nella determinazione delle strategie d'intervento del Fondo, del monitoraggio dei progetti, nonché della loro valutazione, del mondo delle rappresentanze sociali del lavoro.

La crescita, l'educazione e la valorizzazione dei nostri bambini e adolescenti è affidata ad una categoria di lavoratori che purtroppo oggi viene poco valorizzata e presa in considerazione.

Altro grande assente è l'Osservatorio Infanzia, sede istituzionale riconosciuta, che ha già elaborato il Piano di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, approvato il 28 luglio 2015, che tra i suoi obiettivi ha proprio il contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie, e che ancora attendiamo venga reso ufficiale tramite pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Nel settembre del 2015 il nostro Paese ha sottoscritto gli obiettivi dell'Agenda di sviluppo sostenibile da  raggiungere entro il 2030; tra gli obiettivi, uno nello specifico, riguarda i minori e i ragazzi.

Infatti ci siamo impegnati a: eliminare la dispersione scolastica, ad oggi pari al 15%; assicurare a tutti i ragazzi di 15 anni un'educazione adeguata che raggiunga livelli minimi; entro il 2020 ridurre la presenza di NEET, in Italia pari a due milioni e mezzo; entro il 2030, assicurare a tutti i bambini della fascia 0/6 anni un'educazione prescolare di qualità.

Per il raggiungimento di questi obbiettivi è necessario un impegno di tutti gli attori che giornalmente si occupano dei bambini e degli adolescenti, in un'ottica sinergica in base alle proprie competenze.

Non possiamo pensare di sconfiggere la povertà, in questo caso educativa, senza riorganizzare, in base alle esigenze attuali, il mondo della scuola e dei lavoratori che se ne occupano, ancora troppo precari, valorizzandoli con formazione obbligatoria adeguata, titoli di studio certi e contratti collettivi nazionali validi su tutto il territorio nazionale, soprattutto per la fascia 0/3, che ad oggi vede la presenza di molteplici contratti, con tutto quello che comporta ai fini della qualità dei servizi, e alla eterogeneità dell'offerta su tutto il territorio nazionale.

E, ancora, ci preme sottolineare che questo Governo parla di investimento a favore del superamento della povertà educativa, con la creazione di questo nuovo Fondo, ma di contro le risorse stanziate  a favore del supporto della rete dei servizi per la prima infanzia è uguale a zero; infatti manca totalmente il rifinanziamento del Piano Nidi, che stanziava 100 milioni di euro proprio a favore dell'incremento dei servizi per la prima infanzia, ancora carenti in Italia .

Infatti, il nostro Paese, ad oggi, ha un deficit di asili nido pari a 1.700 unità, l'offerta è maggiore nel privato (58,1%), rispetto al pubblico (41,9%); a fronte poi di una carenza di personale educativo di 20.000 lavoratori.

Il tasso di accoglienza dei bambini nella fascia 0-2 anni è pari al 17,9% , il dato varia però dal 24,8% dell'Emilia Romagna al 2% della Campania; lontani ancora dall'obiettivo della Strategia di Lisbona, che impegnava tutti gli stati dell'Unione a raggiungere una copertura del 33%, entro il 2010, per i servizi integrativi  per la prima infanzia.

E a margine di quanto affermato dal Ministro Lorenzin, che ha ipotizzato un aumento dell'attuale bonus bebè come antidoto a favore della maternità e della conciliazione, nonché dell'aumento delle nascite, ribadiamo ancora una volta la necessità di una vera attenzione a favore delle politiche di welfare e famiglia con la messa a sistema di azioni efficaci ed efficienti, durevoli nel tempo e non sperimentali, che possano davvero imprimere  una spinta propulsiva al nostro Paese.

I bambini che vivono in condizioni di povertà, anche educativa, e i bambini che dovrebbero nascere per risollevare questo paese troppo "vecchio", meritano e hanno il sacrosanto diritto di essere tutelati e messi nelle condizioni di diventare cittadini liberi, e la libertà non può prescindere dal diritto all'educazione.

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Lunedì, 20 Luglio 2015 09:35

Contrasto alla povertà assoluta

A seguire la circolare, firmata dalla Segretaria confederale Silvana Roseto, relativa al contrasto alla povertà a cura del Servizio Politiche del Sociale e Sostenibilità.

Tra gli allegati sono presenti anche le analisi dell'Ista sulla povertà in Italia, da noi pubblicate la scorsa settimana, e i dati sui consumi delle famiglie, elaborati sempre dall'Istat e le richieste al Governo.

Servizio : Politiche del sociale e sostenibilità
Oggetto: Contrasto alla povertà assoluta.-

L'Istat, con la recente diffusione del report sulla povertà in Italia, ha confermato una sostanziale cronicizzazione del disagio estremo nel nostro Paese. I dati, infatti, risultano complessivamente e tragicamente piuttosto stabili.
La UIL, proprio sul tema della povertà assoluta, ha posto notevole priorità, dando vita peraltro ad un largo cartello sociale cosiddetto "Alleanza contro la Povertà in Italia".


L'Alleanza, nel corso degli ultimi mesi, ha illustrato il proprio contributo - incentrato sull'elaborazione di un piano nazionale mediante lo strumento universalistico del REIS (Reddito di inclusione sociale) - a diversi livelli istituzionali e di governo. Abbiamo incontrato il Ministro Delrio (allora in veste di Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri), su sollecitazione del Sen.Vannino Chiti siamo stati convocati dalla 14ª Commissione permanente (Politiche dell'Unione europea), abbiamo organizzato un convegno alla presenza del Ministro Poletti ed infine siamo stati auditi dalla Commissione lavoro del Senato della Repubblica.

Nella data di ieri, come UIL, siamo stati convocati insieme agli altri soggetti del tavolo di partenariato economico e sociale, dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Poletti, per la definizione di un Piano di lotta alla povertà ed all'esclusione sociale.

Il Ministro ha illustrato le linee guida del piano strategico che si concretizzerà in una proposta dettagliata in vista della prossima Legge di Stabilità. Va ricordato che, nell'ambito della strategia EU2020 con riferimento alla condizionalità ex-ante relativa alla strategia di lotta alla povertà per l'utilizzo dei fondi strutturali, i
programmi operativi sono stati approvati con l'impegno ad adottare un Piano nazionale di lotta alla povertà entro il 2016, essendo l'Italia uno dei pochi Paesi Europei in cui è assente uno strumento di protezione del reddito a garanzia del raggiungimento di uno standard di vita minimo per tutti i cittadini.

La proposta del Governo è incardinata sulla sperimentazione del RIA (Reddito per l'Inclusione Attiva) che assorbirà il SIA (Sostegno per l'Inclusione Attiva) in corso di sperimentazione. Accanto al RIA si fa riferimento al piano di contrasto alla grave emarginazione adulta (persone senza dimora) ed ai lavori
dell'Osservatorio Infanzia e dell'Osservatorio per la condizione delle persone con disabilità.

E' stato un primo incontro interlocutorio, cui ne seguiranno altri con la finalità di riempire di contenuti una proposta ancora prevalentemente generica nel merito.
La UIL è impegnata nelle prossime ore a sviluppare una memoria tecnica approfondita.

Intanto, corre l'obbligo evidenziare sinteticamente i punti che abbiamo accolto con favore e i punti che ci hanno lasciati notevolmente perplessi e su cui incalzeremo il Governo. Abbiamo apprezzato la cornice di insieme del perimetro del bisogno utilizzata dal Ministro, approccio che, per esempio, non è stato adottato nella discussione del Ddl delega sulla riforma del Terzo settore ancora in discussione in Commissione Affari Costituzionali del Senato.


Condividiamo, inoltre, il taglio universalistico del RIA, il richiamo ai livelli essenziali delle prestazioni e la dotazione combinata di erogazione monetaria e servizi.

Non arretreremo, invece, sull'importanza di superare la logica della sperimentazione per avviare, invece, un percorso di riforma strutturale nell'ambito di un 'gradualismo in un orizzonte definito'.

Ci preoccupa l'assenza di risorse nazionali certe nel tempo (il piano è demandato soltanto all'utilizzo di Fondi Europei pari a 1,9 mld di euro fino al 2023) che rischia di vanificare una battaglia di civiltà come il contrasto al disagio estremo.

Riteniamo fondamentale che sia scandita la regìa del ruolo nazionale (in linea con la discussione in corso sulla riforma del Titolo V che sulla base di un emendamento promosso, riassegnerà allo Stato la titolarità delle Politiche Sociali) volta a garantire omogeneità di indirizzo; crediamo, infatti, che la proliferazione di
iniziative regionali di contrasto alla povertà, pur incoraggiante nell'intento, possa sortire il medesimo quadro che si ha nel Sistema Sanitario Nazionale, ossia venti diversi sistemi con le connesse problematiche conseguenti.


Pensiamo, inoltre, che debba essere potenziata l'infrastruttura del welfare locale con il deciso coinvolgimento dei Comuni e la rete dei servizi territoriali a partire dai Centri per l'impiego, in quanto dovranno svolgere un ruolo preminente le politiche attive per l'inserimento lavorativo.
Infine, registriamo profonda debolezza nelle politiche di contrasto alla dispersione scolastica ed al disagio
dei minori.

In definitiva, continuiamo a ritenere la nostra proposta del REIS un testo più esaustivo ed efficace.


Fraterni saluti.
La Segretaria Confederale
Silvana Roseto

 

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Mercoledì, 15 Luglio 2015 11:49

Dati Istat sulla povertà in Italia

Le stime diffuse in questo Report provengono dall'Indagine sulle spese delle famiglie che ha sostituito la precedente Indagine sui consumi. Le modifiche sostanziali introdotte hanno reso necessario ricostruire le serie storiche dei principali indicatori a partire dal 1997; i confronti temporali possono essere effettuati esclusivamente con i dati in serie storica allegati e non con quelli precedentemente pubblicati.

Nel 2014, 1 milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) è in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni 102 mila persone (6,8% della popolazione residente).

Dopo due anni di aumento, l'incidenza della povertà assoluta si mantiene sostanzialmente stabile; considerando l'errore campionario, il calo rispetto al 2013 del numero di famiglie e di individui in condizioni di povertà assoluta (pari al 6,3% e al 7,3% rispettivamente), non è statisticamente significativo (ovvero non può essere considerato diverso da zero).

La povertà assoluta è sostanzialmente stabile anche sul territorio, si attesta al 4,2% al Nord, al 4,8% al Centro e all'8,6% nel Mezzogiorno.

Migliora la situazione delle coppie con figli (tra quelle che ne hanno due l'incidenza di povertà assoluta passa dall'8,6% al 5,9%), e delle famiglie con a capo una persona tra i 45 e i 54 anni (dal 7,4% al 6%); la povertà assoluta diminuisce anche tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 23,7% al 16,2%), a seguito del fatto che più spesso, rispetto al 2013, queste famiglie hanno al proprio interno occupati o ritirati dal lavoro.

Nonostante il calo (dal 12,1 al 9,2%), la povertà assoluta rimane quasi doppia nei piccoli comuni del Mezzogiorno rispetto a quella rilevata nelle aree metropolitane della stessa ripartizione (5,8%). Il contrario accade al Nord, dove la povertà assoluta è più elevata nelle aree metropolitane (7,4%) rispetto ai restanti comuni (3,2% tra i grandi, 3,9% tra i piccoli).

Tra le famiglie con stranieri la povertà assoluta è più diffusa che nelle famiglie composte solamente da italiani: dal 4,3% di queste ultime (in leggero miglioramento rispetto al 5,1% del 2013) al 12,9% per le famiglie miste fino al 23,4% per quelle composte da soli stranieri. Al Nord e al Centro la povertà tra le famiglie di stranieri è di oltre 6 volte superiore a quella delle famiglie di soli italiani, nel Mezzogiorno è circa tripla.

L'incidenza di povertà assoluta scende all'aumentare del titolo di studio: se la persona di riferimento è almeno diplomata, l'incidenza (3,2%) è quasi un terzo di quella rilevata per chi ha la licenza elementare (8,4%). Inoltre, la povertà assoluta riguarda in misura marginale le famiglie con a capo imprenditori, liberi professionisti o dirigenti (l'incidenza è inferiore al 2%), si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di ritirati dal lavoro (4,4%), sale al 9,7% tra le famiglie di operai per raggiungere il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (16,2%).

Come quella assoluta, la povertà relativa risulta stabile e coinvolge, nel 2014, il 10,3% delle famiglie e il 12,9% delle persone residenti, per un totale di 2 milioni 654 mila famiglie e 7 milioni 815 mila persone.

Anche per la povertà relativa si conferma la stabilità, rispetto all'anno precedente, rilevata per la povertà assoluta nelle ripartizioni geografiche e il miglioramento della condizione delle famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (l'incidenza della povertà relativa passa dal 32,3% al 23,9%) o residenti nei piccoli comuni del Mezzogiorno (dal 25,8% al 23,7%); in quest'ultimo caso il miglioramento si contrappone al leggero peggioramento registrato nei grandi comuni rispetto all'anno precedente (dal 16,3% al 19,8%).

Nota. In data 15.07.2015 alle ore 11 le serie storiche sulla povertà assoluta sono state sostituite. Le modifiche riguardano la tavola 2, per l'anno 2014, relativamente al numero di individui poveri nel Mezzogiorno e in Italia (era stato erroneamente inserito il numero di persone residenti).

Link per il calcolo della povertà:

http://www.istat.it/it/prodotti/contenuti-interattivi/calcolatori/soglia-di-poverta

 

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